Lug 27, 2021 07:10 Europe/Rome
  • Chiarimenti sull’Unità Islamica- 2a P.

L’Unità Islamica è stata un argomento di discussione tra sapienti ed intellettuali musulmani; questo però non significa che le scuole islamiche debbano ignorare i loro principi di fede e di azione per amore dell’Unità, adottare le caratteristiche comuni a tutte le scuole e mettere da parte le peculiarità di ognuna.

Come può esser fatto ciò, quando non è né logico né pratico. Come si può chiedere ai seguaci delle varie scuole di ignorare – per preservare l’Unità dell’Islam e dei musulmani – uno dei loro principi dottrinali o di prassi, da essi ritenuto parte della struttura fondamentale dell’Islam? E’ come se chiedessimo di trascurare una parte dell’Islam in nome dell’Islam.

Ci sono altri modi per persuadere la gente ad attenersi ad un principio religioso o a rinunciarvi. Il più naturale è convincere gli altri attraverso argomentazioni logiche. Implorando e pregando una persona in nome del bene comune non si può convincere un popolo ad accettare un principio, né a rimuovere la fede in esso.

Noi stessi siamo Sciiti e siamo orgogliosi di seguire la Famiglia del Santo Profeta. Non accettiamo alcun compromesso neanche su un piccolo atto meritorio (mustahab) o leggermente sconsigliato (makruh), e a questo proposito non siamo disposti a soddisfare le aspettative di nessuno, né ci aspettiamo che gli altri rinuncino ai loro principi in nome dell’interesse o per amore dell’Unità Islamica. Tutto ciò che ci aspettiamo e vogliamo è la creazione di un’atmosfera di comprensione, in modo che noi che abbiamo i nostri principi e rami, la nostra giurisprudenza, tradizioni, teologia, filosofia, esegesi e letteratura, possiamo offrire i nostri beni nel modo migliore, così che gli Sciiti non siano più isolati e che gli importanti mercati sapienziali del mondo islamico non rimangano chiusi agli eccellenti prodotti della conoscenza sciita.

Tra le personalità più eminenti che, nei nostri tempi*, hanno prospettato la nobile idea dell’Unità Islamica, annoveriamo lo scomparso Ayatullah Burujardi tra gli Sciiti e Allamah Shaykh Abdul Majid Salim e Allamah Shaykh Mahmud Shaltut tra i Sunniti. Ma essi non hanno mai avuto simile punto di vista sull’Unità Islamica nella loro mente (di abbandonare le rispettive peculiarità e caratteristiche, N.d.t.). Tutto ciò che questi sapienti difendevano era che le varie scuole islamiche, nonostante le loro differenze teologiche, giuridiche e di altro tipo, sulla base delle numerose caratteristiche comuni esistenti tra loro, dovrebbero formare un fronte comune contro i pericolosi nemici dell’Islam. Questi sapienti non hanno mai proposto, in nome dell’Unità Islamica, un’unità religiosa che non è fattibile.

Infatti vi è una differenza tecnica tra un partito unito e un fronte unito. Un partito unito richiede che tutti i membri debbano avere una dottrina comune e un comune modo di pensare in tutte le questioni, ad eccezione di quelle personali, mentre un fronte comune significa che vari partiti e gruppi, nonostante le loro differenze dottrinarie, debbano – tramite le comuni caratteristiche esistenti tra loro – formare un fronte comune contro il medesimo nemico.

La formazione di un unico fronte contro il nemico comune non è contraria al fatto di insistere nella difesa della propria dottrina, di criticare le scuole dei nostri fratelli e di invitarli a seguire la nostra dottrina. La principale idea dello scomparso Ayatullah Burujardi era quella di preparare il terreno per la diffusione della conoscenza della Famiglia del Profeta tra i fratelli sunniti.

Egli credeva che questo non fosse possibile senza promuovere una buona comprensione. Il successo che egli ebbe nel pubblicare alcuni testi teologici della Shi’a in Egitto da parte degli stessi egiziani, usufruendo della creazione di questa comprensione, era uno dei più importanti successi dei sapienti sciiti. Possa Iddio ricompensarlo per il servizio che ha reso alla causa dell’Islam e dei musulmani!

Comunque la difesa della tesi dell’Unità Islamica non comporta reticenza riguardo la verità. Ciò che deve essere evitato sono le cose che feriscono i sentimenti e creano rancore nell’altra parte, poiché una discussione scientifica attiene al dominio della logica e della ragione, non a quella dei sentimenti e delle emozioni.

Per fortuna, nel nostro tempo, sono apparsi un buon numero di sapienti sciiti che hanno seguito questa sana politica; tra questi i preminenti sono l’Ayatullah Sayyid Sharafuddin Amili, l’Ayatullah Kashiful Ghita e l’Ayatullah Shaykh Abdul Husayn Amini, l’autore dell’eminente opera “Al-Ghadir”.

La condotta, dimenticata e trascurata, dell’Imam ‘Ali, che emerge dalla sua vita, costituisce il miglior esempio al riguardo.

L’Imam ‘Ali non si astenne dal menzionare i suoi diritti e dal rivendicarli, né esitò a protestare contro coloro che li avevano usurpati. La sua attenzione verso l’Unità Islamica non gli impedì di parlare francamente; i suoi numerosi sermoni nel Nahjul Balaghah sono una testimonianza di questa condotta. Le sue lamentele non gli fecero però abbandonare i ranghi dei musulmani nella lotta contro i nemici esterni. Egli prendeva parte alle Preghiere del Venerdì e alle altre preghiere congregazionali. Accettò di prendere la sua parte dal bottino di guerra. Diede sempre sinceri consigli ai Califfi e venne annoverato come uno dei loro consiglieri.

Durante la guerra dei musulmani contro gli iraniani il Califfo intendeva prendere parte personalmente ai combattimenti. L’Imam ‘Ali gli disse: “Non andare al fronte, perché finché rimarrai a Medina, il nemico penserà che anche se l’intero esercito islamico venisse spazzato via, dalla base arriveranno rinforzi. Ma se ti rechi personalmente sul campo di battaglia, essi diranno: “Adha aslul-arab (Qui vi è il pilastro degli arabi)”. E allora essi concentreranno tutte le loro forze per ucciderti, e se ti uccideranno, essi combatteranno i musulmani con un morale superiore.” (cfr. Nahjul Balaghah, Sermone 146)

‘Ali stesso seguiva questo metodo. Da una parte, personalmente non accettava alcun incarico dai Califfi, né di essere comandante militare, né governatore di una regione, né l’Amir dell’Hajj (Pellegrinaggio); non accettò alcun altra designazione, perché la sua accettazione avrebbe significato la rinuncia al suo diritto assoluto. In altre parole, l’accettazione di un incarico ufficiale sarebbe stata qualcosa di più che una semplice cooperazione e preservazione dell’Unità Islamica. Sebbene egli non accettò alcun incarico, questo non impedì però ai suoi parenti ed amici di ricoprire simili posizioni, perché questo non equivaleva all’approvazione del Califfato, ma era solo una collaborazione.

Il comportamento dell’Imam ‘Ali a questo riguardo è stato molto preciso e fu un segno della sua dedizione agli obiettivi islamici. Mentre gli altri dividevano, egli univa; mentre gli altri ‘strappavano’, egli ricuciva.

Abu Sufyan cercò di approfittare dal malcontento dell’Imam ‘Ali e di vendicarsi contro il Profeta utilizzando il ‘rispetto’ e la ‘benevolenza’ verso l’erede del Profeta (l’Imam ‘Ali, N.d.t.), ma il cuore di ‘Ali era ben accorto degli intrighi delle persone come Abu Sufyan.

Egli rifiutò l’offerta e allontanò Abu Sufyan. (Cfr. Nahjul Balagha, Sermone 5)

Gli Abu Sufyan e Hayy ibn Akhtab sono sempre impegnati nei loro piani diabolici. Le impronte di Hayy ibn Akhtab possono essere rinvenute in molti avvenimenti. E’ dovere dei musulmani, specialmente degli Sciiti, mantenere vivo l’insegnamento dell’Imam ‘Ali, senza lasciarsi ingannare dagli Abu Sufyan e Hayy ibn Akhtab.

Queste erano le obiezioni di coloro che si oppongono alla trattazione di questi argomenti e questa è la nostra replica e opinione.

Quello che è sorprendente è che alcune persone sollevano obiezioni totalmente contrarie; essi vorrebbero trasformare la questione del Califfato e dell’Imamato in un trastullo. Vorrebbero che tale questione venisse sollevata ogni volta ma mai realmente trattata, e ripetuta come uno slogan, così da non esser mai discussa in maniera scientifica e documentata. Vogliono mantenere taglienti i sentimenti ma non vogliono appagare l’intelletto. E questo è quello che vuole il nemico. Altrimenti, se la questione venisse discussa in modo serio, non potrebbe diventare un trastullo continuo.

* Ricordiamo che il testo è stato scritto nel 1970, diversi anni quindi prima della vittoria della Rivoluzione Islamica. L’idea dell’Unità Islamica, grazie a Dio, è oggi sostenuta da tutti i grandi Marja Taqlid e autorevoli ulamà sciiti.

Tratto da: “Emamat va rahbari” , M.Motahhari.

Fonte: https://islamshia.org/chiarimenti-sullunita-islamica-ayatullah-motahhari/

 

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