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Perché cresce l’ondata di sostegno alla Palestina in Europa?
Pars Today– Sabato 7 giugno, Roma, capitale d’Italia, è stata teatro di una delle più grandi manifestazioni anti israeliane in Europa. Centinaia di migliaia di persone, tra gruppi civili, partiti di sinistra e attivisti per i diritti umani, hanno preso parte alla protesta.
I manifestanti, mostrando immagini delle tragiche condizioni dei bambini a Gaza, sventolando bandiere palestinesi e intonando slogan contro il genocidio, hanno chiesto l’immediata cessazione degli attacchi israeliani contro la Striscia di Gaza. Questa imponente manifestazione ha riflesso il malcontento generale nei confronti delle politiche del governo guidato da Giorgia Meloni.
Il governo italiano, nonostante il continuo massacro di civili e gli allarmi dell’ONU sul rischio carestia, ha evitato di adottare una posizione chiara e deterrente contro le azioni di Israele.
Diverse figure politiche e sociali di rilievo italiane, intervenendo ai margini della manifestazione, hanno sottolineato la responsabilità morale e storica dell’Europa, chiedendo al governo di fermare l’export di armi verso Israele. Hanno anche invocato un cessate il fuoco immediato per permettere l’invio di aiuti umanitari alla popolazione assediata di Gaza. Anche altre capitali europee, sabato e domenica, sono state teatro di proteste contro Israele e in sostegno del popolo oppresso di Gaza. Da Londra a Berlino, da Parigi a Stoccolma, i cittadini europei sono scesi in piazza per far sentire la loro voce contro la guerra, l’assedio, la fame e il massacro dei palestinesi.
Le manifestazioni, caratterizzate da una forte presenza di giovani, accademici, minoranze migranti e attivisti per i diritti umani, si contrappongono apertamente all’atteggiamento freddo, passivo e complice dei governi europei nei confronti del regime israeliano.
A Londra, migliaia di persone si sono radunate nelle principali piazze, e figure come Jeremy Corbyn, ex leader del Partito Laburista, hanno condannato con durezza le azioni israeliane, definendole crimini di guerra. Anche a Berlino, nonostante le restrizioni di sicurezza e l’intervento della polizia, si sono tenute significative manifestazioni contro Israele.
L’opinione pubblica europea, sensibilizzata grazie ai media indipendenti e ai social network sulle dimensioni spaventose della catastrofe umanitaria a Gaza, chiede con sempre più forza un cambio di rotta nelle politiche estere dei governi europei.
I sondaggi più recenti in Germania mostrano che una netta maggioranza della popolazione ritiene sbagliato l’invio di armi a Israele e crede che il governo debba giocare un ruolo attivo nella cessazione immediata del conflitto. Tuttavia, finora i governi europei si sono limitati a dichiarazioni vaghe, a un sostegno verbale al “diritto di autodifesa” di Israele e a promesse umanitarie prive di impatto reale nel fermare la guerra o alleviare le sofferenze del popolo palestinese.
Nel frattempo, i rapporti che giungono da Gaza spezzano il cuore di ogni persona dotata di umanità, ma i sedicenti difensori dei diritti umani in Occidente si limitano a esprimere rammarico e, al massimo, minacciano Israele con il riconoscimento dello Stato palestinese, una minaccia che non ha avuto alcun effetto tra i sionisti. Le relazioni di organizzazioni internazionali come il Programma Alimentare Mondiale (WFP), l’Ufficio ONU per il coordinamento degli aiuti umanitari (OCHA) e la Croce Rossa Internazionale parlano di una crisi umanitaria senza precedenti nella Striscia di Gaza.
Le cifre parlano di oltre 55.000 morti, in gran parte donne e bambini. Le infrastrutture sanitarie sono state distrutte. La carestia si è diffusa in tutta la regione e i bambini stanno morendo di malnutrizione. In tali circostanze, la continua fornitura di armi, il supporto informativo o il silenzio complice di fronte alle operazioni militari israeliane non possono più essere considerati né neutrali né passivi dal punto di vista del diritto internazionale e della morale universale. Con questa inazione, i governi europei legittimano di fatto la violenza sionista e aggravano la propria responsabilità nella catastrofe umanitaria in atto.
Le posizioni assunte dai governi europei, soprattutto Germania, Francia, Regno Unito e Italia, mostrano una profonda frattura tra i valori dichiarati delle democrazie liberali e le loro azioni concrete sulla scena internazionale. Quando milioni di cittadini scendono in strada per chiedere la fine del genocidio, ma i loro governi non solo evitano di esercitare pressioni su Israele, bensì rafforzano le collaborazioni militari, siamo di fronte a una crisi morale, politica e strutturale dell’Occidente. La legittimità dei sistemi democratici dipende, nel lungo periodo, dalla loro capacità di rispondere alla volontà popolare e di applicare principi di giustizia.
L’indifferenza verso la domanda collettiva su un tema di tale rilevanza umanitaria e giuridica come Gaza mina la credibilità delle democrazie occidentali sia all’interno sia fuori dai propri confini. Oggi l’Europa si trova davanti a una prova storica. Una prova che determinerà non solo il futuro della Palestina, ma anche quello dell’etica politica in Occidente. Se questa crisi continuerà a essere ignorata, una macchia indelebile resterà impressa sul volto della civiltà occidentale negli specchi della storia.