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Europa e il riconoscimento della Palestina: un’azione tardiva o una svolta strategica?
Pars Today – Pochi giorni dopo la dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron sull’intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, anche il governo britannico ha sottolineato che a breve riconoscerà ufficialmente la Palestina.
Secondo Pars Today, il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato che il suo governo intende riconoscere lo Stato palestinese prima della riunione dell’Assemblea Generale dell’ONU nel mese di settembre, a meno che il regime israeliano non compia passi concreti per porre fine alla crisi a Gaza e si impegni nel processo di pace.
Francia e Regno Unito parlano ora del riconoscimento della Palestina nonostante il fatto che oltre 140 Paesi del mondo abbiano già riconosciuto da anni lo Stato palestinese. Tuttavia, gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno evitato di farlo in segno di sostegno a Israele. Questo rifiuto affonda le radici in diversi fattori: dall’influenza delle lobby filo israeliane nelle strutture di potere, alla convergenza strategica con Tel Aviv in ambito di sicurezza, difesa e intelligence.
L’Occidente ha sempre utilizzato un doppio standard nel suo approccio a Israele e alla Palestina: ha ignorato le ripetute violazioni dei diritti umani, le colonizzazioni illegali e le politiche discriminatorie di Israele, mentre ha contrastato anche le minime forme di protesta da parte dei palestinesi etichettandole come “terrorismo” o “violenza”.
Tuttavia, gli sviluppi recenti, soprattutto a partire da ottobre 2023, hanno profondamente modificato molte dinamiche. Gli attacchi su vasta scala da parte dell’esercito sionista contro la Striscia di Gaza, l’assedio totale della regione, il bombardamento di infrastrutture vitali, il massacro di civili e la distruzione di ospedali e scuole hanno chiaramente dimostrato che ciò che sta avvenendo non è un conflitto militare simmetrico, ma una politica di pulizia etnica, mirata a cambiare la composizione demografica del territorio ed eliminare la presenza palestinese.
Ormai da oltre due mesi Israele, con una condotta disumana, ha adottato una politica di genocidio attraverso la fame. I rapporti delle Nazioni Unite, della Croce Rossa e di varie organizzazioni internazionali per i diritti umani descrivono l’attuale situazione umanitaria a Gaza come la peggiore delle ultime decadi: oltre 2 milioni di persone sono sotto assedio totale senza accesso ad acqua, elettricità, cibo o cure mediche, e più della metà della popolazione è stata sfollata.
Le organizzazioni internazionali hanno ora ufficialmente denunciato che a Gaza è in atto un genocidio, con carestia e fame. Molti osservatori ritengono che il silenzio o l’indifferenza di fronte a questi crimini equivalga, di fatto, a una complicità. In questo contesto, l’opinione pubblica mondiale, specialmente nei Paesi occidentali, non accetta più la narrazione unilaterale dei media mainstream.
I social media e le fonti di informazione indipendenti hanno trasmesso immagini dirette della sofferenza del popolo di Gaza al mondo intero. Questo cambiamento nella consapevolezza pubblica ha esercitato una forte pressione sui governi occidentali per spingerli a modificare il loro approccio. Le massicce manifestazioni nelle città europee a sostegno della Palestina, la protesta contro la vendita di armi a Israele e le richieste di porre fine all’occupazione sono tra i fattori che hanno costretto i politici europei a reagire.
D’altra parte, con i cambiamenti geopolitici nella regione e la relativa trasformazione del ruolo degli Stati Uniti da potenza incontrastata, alcuni Paesi europei stanno cercando di dimostrare una maggiore indipendenza nella loro politica estera. In questo contesto, il riconoscimento della Palestina può essere interpretato come parte di una ridefinizione del ruolo dell’Europa nell’ordine internazionale, un ordine che non può più basarsi sulle logiche della Guerra Fredda o su una totale obbedienza a Washington.
La Francia, con una lunga tradizione nel tentativo di svolgere un ruolo indipendente nelle questioni del Medio Oriente, e il Regno Unito, con una storia controversa e contraddittoria nei confronti della questione palestinese sin dall’epoca coloniale, si trovano ora in una posizione in cui possono assumersi parte della loro responsabilità storica con questa decisione strategica.
Sebbene anche il riconoscimento ufficiale della Palestina, da solo, non sia garanzia di pace o di fine dell’occupazione da parte del regime sionista, Israele ha dimostrato più volte di ignorare le leggi internazionali e le risoluzioni dell’ONU, e senza una vera pressione politica ed economica non è disposto a modificare il proprio comportamento, non si può ignorare l’importanza simbolica e psicologica di queste decisioni.
Per il popolo palestinese, che da decenni vive nell’ombra dell’ingiustizia, dell’occupazione, dell’esilio e della discriminazione, il riconoscimento ufficiale dello Stato palestinese da parte dei governi occidentali rappresenta un atto di riconoscimento della loro identità e dignità. Questo gesto può mantenere viva la speranza nella giustizia e facilitare il cammino verso una soluzione reale e duratura. Allo stesso tempo, questo atto invia un chiaro messaggio a Israele: il mondo non è più disposto ad accettare l’occupazione e la violazione sistematica dei diritti umani.
Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia e del Regno Unito, sebbene tardivo e condizionato, rappresenta uno sviluppo significativo nella politica occidentale. Questo gesto potrebbe non solo contribuire alla creazione di un nuovo fronte di sostegno internazionale ai diritti dei palestinesi, ma mostra anche che la continuazione della guerra e dell’occupazione non sono più opzioni difendibili nell’ordine mondiale emergente.
Resta ora da vedere se questo cambiamento diplomatico si tradurrà in azioni concrete e vincolanti, o se finirà per essere dimenticato sotto la pressione politica degli Stati Uniti e delle potenti lobby sioniste.