Imam Khomeini e la Rivoluzione Islamica
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Feb 02, 2023 04:50 Europe/Rome
  • Imam Khomeini e la Rivoluzione Islamica

TEHERAN (Pars Today Italian) - Dalle altezze della sua conoscenza irfanica, Ruhollah Khomeini era perfettamente consapevole di tutto questo: ...

egli ben sapeva che Dio è l’Unica Realtà, e che il mondo è effusione della Sua Gloria, sia pur nella sua infinita dissomiglianza, al di là di ogni rapporto estrinseco di causalità; e ben sapeva che è compito dell’uomo aprirsi a questa effusione, conformarvisi nella sua completezza, per esserne un riflesso partecipe dello splendore, e non una scintilla impazzita che vaghi nelle tenebre o in esse si vada dissolvendo.

Apprendiamo dalle biografie dell’Imam Khomeini che la sua vita presenta una netta cesura: ad una prima parte in cui la pratica alacre della gnosi aveva distillato dagli inchiostri della sua penna i frutti esteriori del suo sapere sotto forma di scritti di filosofia, di teologia, di simbolica, di mistica spazianti senza soluzione di continuità, ma secondo l’armonica compiutezza dei gradi successivi di una concatenazione gerarchica, dal livello della ragion dialettica sino al dominio più propriamente metafisico ed esoterico; a questa prima parte della sua vita e della sua opera fa seguito, come dice egli stesso nei suoi scritti, una seconda età in cui, dopo che l’inchiostro della penna gli si era disseccato tra le mani, Dio lo aveva chiamato al passaggio negli “statuti della molteplicità”. L’Imam Khomeini obbedì senza esitare alla chiamata divina.

Quel che ci sembra a questo punto opportuno e doveroso premettere alle considerazioni che seguiranno, è che a nostro avviso questo passaggio agli “statuti della molteplicità” presenta un’analogia a dir poco sconcertante con quella che taluni autori hanno designato come “realizzazione metafisica discendente”. Non vorremmo apparire troppo audaci, ma è come se l’anima umana, nella sua ascesa alla prossimità divina, finisca col dovere apparentemente invertire il verso di questo atto e moto, allontanandosi apparentemente da Dio, ma non facendo altro con ciò se non conseguire una stazione ancor più elevata della sua intimità, della sua Walayat, conformandosi a questa stregua anche a quella processione discendente che, procedendo dai misteri ineffabili del Sé, riconduce ad una più compiuta conformità a quell’essenza semplicemente riflessa nei due domini della Sua Gloria, in quello dei Nomi ed in quello degli Atti.

Ruhollah Khomeini venne provvidenzialmente chiamato a questa presenza in un frangente dei più tragici ed oscuri per un’Umma Islamica del tutto prostrata dalle debolezza interne, dalla discordia, e dall’oppressione impostale dai poteri mondani dell’empietà e della miscredenza. Occorreva dare inizio a tutta un’opera di ricostruzione che, procedendo dall’interiorità dei Credenti, fosse in grado d’imporsi e di dar forma anche agli aspetti più esteriori ed effettuali del mondo umano, senza nessuna soluzione di continuità, in un’articolazione armonica che, pur rispettando l’ordine di preminenza dei singoli livelli, escludesse ogni rinunzia, ogni rinvio, ogni attesa. L’esteriore è e deve essere, nell’uomo e nel mondo, il riflesso e il segno dell’interiore, per quella che è la conformazione ontologica del nostro livello d’esistenza.

Un’interiorità priva di riscontro esteriore si riduce a vano intimismo incapacitante, a dispetto di tutte le pretese di superiorità e distacco, che dissimulano la propria tracotanza boriosa sotto i panni di un’umiltà affatto speciosa e funzionale alla miscredenza, e pretendono di fatto di negare a Dio stesso la Sua Signoria sulle cose di questo mondo.

Ora, nell’ambito esteriore, quello che è l’obiettivo più ambito delle mire della miscredenza, è il dominio politico e sociale. E’ su di esso che tali forze si adoperano per stabilire incondizionatamente il proprio empio potere. L’interiorità umana venga pur lasciata a sé stessa, o alle cure di sedicenti pastori d’anime, del tutto incapaci di assurgere al rango di vere guide spirituali, se non persino complici interessati dei poteri mondani nel conseguimento dei loro fini perversi. Il fatto è che l’uomo comune, privo com’è di sapienza superinfusa, ha bisogno di cause occasionali sensibili per risvegliare e ravvivare in sé il suo impulso divino, pietra angolare della sua natura propria. Sicché questa stessa esteriorità dovrà essere conformata, ordinata ed orientata in modo tale da dare adito non più solo virtualmente, ma effettivamente, alle potenzialità superiori dell’essenza umana in quanto ricettacolo dell’effusione della grazia divina. Stando così le cose, si rende assolutamente necessario lo stabilirsi di un potere politico che tragga la sua consacrazione da una dimensione genuinamente spirituale. Ogni autorità legittima viene dall’alto, ed è questa una questione di vita o di morte per la sopravvivenza stessa del nostro mondo.

 

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