Italia: Nuovi poveri, giovani e senza futuro
Secondo un rapporto dell’Istat nel 2016, quasi 5 milioni di persone hanno vissuto in stato di povertà assoluta.
Il dato, in linea con quello degli anni precedenti, presenta un aspetto di inquietante novità: i nuovi poveri sono sempre più giovani e senza la prospettiva di un futuro. Per avere dei dati un po’ più confortanti bisogna andare sulla fascia over 65.
Ciò che impietosamente emerge è quindi una realtà in cui un giovane o una giovane famiglia non può accedere ad un insieme di beni e servizi essenziali. Dando un’occhiata ai grafici questo trend pare avere un punto d’origine ben preciso: l’Anno Domini 2012, anno in cui il governo Monti traghettò, assieme alla sua ciurma di ministri tecnici, l’Italia verso le mefitiche coste dell’austerity.
In pratica, più bassa è l’età del soggetto, più è probabile che il soggetto o la famiglia di cui è a capo versi in condizioni di povertà assoluta, sprofondando nella categoria dei nuovi poveri. La fascia “incriminata” è quella 18–34 anni, età nella quale speranze, prospettive e progettualità debbono confrontarsi con una realtà fatta di stenti e privazioni.
Tra i maggiormente colpiti, infatti, ci sono coloro che vengono definiti “popolo delle Partite Iva”, ossia quei giovani professionisti che hanno deciso di affrontare il mondo del lavoro assumendosi il rischio d’impresa, in un periodo storico, quello dal 2008 ad oggi, in cui più che d’impresa sarebbe d’uopo discorrere di eroico salto nel buio. Un salto senza il conforto di nessun paracadute ovvero nessuna misura di sostegno al reddito per quel 26% della categoria (uno su quattro in pratica), che non ce la fa proprio a superare quella maledetta soglia e ad intravedere l’uscita da un tunnel che pare infinito.
Se poi si scende al Sud, la situazione si aggrava sensibilmente: le percentuali di crescita del fenomeno nel Mezzogiorno è del 74% in quattro anni. L’Istat tiene a precisare che si tratta di situazioni episodiche ossia non derivanti da processi irreversibili, ma da contestualizzare in un quadro più ampio che comprende precarietà dei rapporti lavorativi, l’instabilità degli equilibri socio-familiari e l’insufficienza del sistema del welfare. Una precisazione che dovrebbe tranquillizzare, ma non fa altro che gettare ulteriori ombre sul panorama desolante nel quale si trovano a doversi districare i giovani e le loro famiglie, troppo spesso destinati a impinguare i ranghi già folti dei nuovi poveri.
Si, perché le recenti politiche sul lavoro hanno dimostrato ampiamente l’inadeguatezza di una classe politica inetta e presuntuosa. Le riforme più apprezzabili in materia hanno evidenziato infatti una lodevole preoccupazione del legislatore per meccanismi di cessazione del rapporto di lavoro, non parimenti bilanciati da nuovi ed efficaci meccanismi di instaurazione del rapporto o di ingresso nel mondo del lavoro.
E così i figli di queste politiche si ritrovano ad affollare le mense della Caritas, a dormire in auto, ad aspettare una pensione che non arriverà mai o un futuro che pare restio ad ogni parvenza d’ottimismo; nuovi poveri per una società che li considera inevitabili scorie.
La povertà è quella condizione nella quale non si può venire derubati di nulla, se non della dignità. E di dignità sono pieni quei giovani che restano in Italia e decidono di combattere stoicamente contro un sistema che pare condannarli fin dalla loro uscita da scuola o università. La stessa dignità di coloro che decidono di mettersi in gioco espatriando, inventandosi un lavoro o diventando delle eccellenze in quello per cui in Italia erano considerati poco più che degli scarti. Di dignità traboccano anche coloro che in età prossima alla pensione si trovano fuori del mondo del lavoro, per una crisi che, malgrado i periodici e propagandistici proclami di risoluzione da parte del governante di turno, non cessa di mietere vittime.
I nuovi poveri vengono definiti un “esercito” in una guerra che avrebbero evitato volentieri d’intraprendere, perché il nemico è forte e dotato di poteri che si concentrano sull’accumulo famelico e sconsiderato da parte di pochi e sulla oramai cronica incapacità di intermediazione da parte di una classe politica corrotta e connivente.
di Massimo Caruso
Fonte: Il Faro Sul Mondo