Viaggio Erdogan nel Golfo Persico su investimenti, difesa, energia e comunicazioni
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ANKARA (Pars Today Italian) - Il president turco, Recep Tayyip Erdogan, è arrivato ieri negli Emirati Arabi Uniti, ...
(last modified 2025-01-30T11:02:59+00:00 )
Lug 20, 2023 06:20 Europe/Rome
  • Viaggio Erdogan nel Golfo Persico su investimenti, difesa, energia e comunicazioni

ANKARA (Pars Today Italian) - Il president turco, Recep Tayyip Erdogan, è arrivato ieri negli Emirati Arabi Uniti, ...

la tappa conclusiva del suo tour nei Paesi del Golfo Persico che lo ha portato nei giorni scorsi a visitare l'Arabia Saudita e il Qatar. A Riyadh Erdogan è stato ricevuto dall’erede al trono e primo ministro saudita, Mohammed bin Salman.

La Turchia di Erdogan fino a una paio di anni fa era un Paese ostile all’Arabia Saudita, a cui intendeva contendere la leadership del mondo musulmano. La repubblica turca intende da sempre essere centro di gravità per i musulmani, creandosi un ruolo alternativo al protettore dei luoghi sacri, il regno Saudita.

Nonostante queste distanze siderali siano tutte ancora sul tavolo, e dopo averle sfogate in dossier complessi come la crisi militare in Libia, Ankara e Riad (e Abu Dhabi) hanno intrapreso una fase di détente. La distensione ha senso puramente tattico ed è frutto di una generale consapevolezza: meglio cercare punti in comune che tentare di esacerbare le divisioni e combattersi. Anche perché l’Arabia Saudita ha compreso di non essere, almeno per ora, una potenza in grado di esercitare una deterrenza strategica; mentre la Turchia vive una fase economica pessima.

L’una ha in qualche modo bisogno dell’altra, entrambe sono interessate a sfruttare le nuove opportunità che questa stagione orientata verso la multipolarità può offrire. Nutro “grandi speranze” per gli investimenti e la finanza ha detto Erdogan quando è partito, per un viaggio in cui dopo l’Arabia Saudita passerà anche per Qatar, storico alleati ideologico, ed Emirati Arabi Uniti. Questi ultimi sono ex nemici giurati con cui ha ricucito gli strappi più superficiali. Il presidente turco sa che il suo Paese deve cercare di alleviare le tensioni di bilancio, l’inflazione cronica e l’indebolimento della valuta. Per questo accetta compromessi.

Il mese scorso, il vicepresidente turco Cevdet Yilmaz e il ministro delle Finanze Mehmet Simsek si sono recati negli Emirati Arabi Uniti per discutere di “opportunità di cooperazione economica” con le controparti e hanno incontrato il presidente emiratino, Mohammed bin Zayed, che a sua volta aveva ospitato Erdogan lo scorso anno.

Vale la pena sottolineare che Erdogan ha nominato Yilmaz e Simsek dopo le elezioni, in parte per eseguire un’inversione di rotta dopo anni di politica economica non ortodossa che ha portato l’inflazione alle stelle e le riserve estere nette a un minimo storico a maggio. Il deficit di bilancio della Turchia è salito a 8,37 miliardi di dollari nel mese di giugno, sette volte il deficit dell’anno precedente. L’inflazione annuale ha sfiorato il 40% a giugno, mentre la lira si è indebolita di quasi il 29% quest’anno.

In questo clima gli investimenti dal Golfo Persico sono più che benvenuti. La regione d’altronde sta vivendo una fase economica particolarmente rosea dopo lo scombussolamento del mercato energetico prodotto dal conflitto tra la Rissia ed l’Ucraina. E con il veicolo economico-finanziario-commerciale, Paesi come l’Arabia Saudita o gli Emirati riescono in qualche modo a comprare un rinnovato allineamento turco, ossia di un Paese che ha capacità strategica e volontà di proiezione internazionale.

 

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