Turchia: Erdogan si schiera con Qatar nella crisi del Golfo Persico
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ANKARA- Nello scontro fra il Qatar e il fronte saudita che ha per obiettivo ultimo l’Iran, Erdogan si è schierato con Doha e Teheran.
(last modified 2024-11-17T06:24:12+00:00 )
Giu 13, 2017 10:36 Europe/Rome
  • Turchia: Erdogan si schiera con Qatar nella crisi del Golfo Persico

ANKARA- Nello scontro fra il Qatar e il fronte saudita che ha per obiettivo ultimo l’Iran, Erdogan si è schierato con Doha e Teheran.

Le motivazioni profonde della scelta vanno assai al di là del sostegno alla Fratellanza Musulmana (appoggiata dal Qatar) o di una convergenza tattica con l’Iran nelle vicende in Siria ed Iraq; per Erdogan si tratta di un imperativo strategico dettato dall’evoluzione delle relazioni fra Riyadh e Washington.

Nei giorni scorsi, il Parlamento turco ha ratificato due accordi che prevedevano l’apertura di una base militare in Qatar e il dispiegamento di 5mila uomini nell’emirato; la base, la prima della Turchia nell’area del Golfo, secondo precedenti protocolli sarebbe entrata in funzione nel 2018. L’accelerazione improvvisa nell’applicazione degli accordi, insieme ai cospicui rifornimenti alimentari inviati a Doha isolata dal blocco saudita, costituiscono una netta scelta di campo notificata a tutta la regione.

Nello schierarsi immediatamente con il Qatar, e dietro esso con l’Iran, Erdogan mostra di aver compreso cosa c’è dietro il progetto di re Salman, appoggiato in pieno da Trump, di ridurre a un satellite Doha.

Il Presidente turco, nel precedente incontro con il Presidente Usa pensava di aver messo sul piatto un’offerta interessante: fine dell’appoggio Usa al Pkk/Pyd in cambio dell’impegno di Ankara a contenere l’Iran. Per Erdogan sarebbe stato un doppio successo: togliere la protezione dello Zio Sam ai Curdi e bloccare l’espansione dell’influenza iraniana nel Siraq.

Il fatto è che il progetto avviato da Trump con il suo viaggio in Arabia Saudita ed Israele è ormai emerso: distruggere i due veri Stati rimasti in Medio Oriente, ovvero Iran e Turchia, per consegnare una sterminata area destabilizzata a Riyadh e Tel Aviv, con i Curdi a fare da ruota di scorta; in un simile scenario, collaborare contro l’Iran per Erdogan equivarrebbe a scavarsi la fossa, perché subito dopo toccherebbe a lui. Un progetto di cui il Presidente turco ha avuto sentore già nel deludente viaggio a Washington del 16 maggio, ed è per questo che pare sia da allora che chieda a Teheran di cooperare contro il Pkk/Pyd.

Inizialmente l’Iran ha diffidato dell’improvvisa buona volontà di Erdogan, ma l’offensiva contro il Qatar e gli attacchi terroristici a Teheran gli hanno fatto comprendere la situazione, ed accogliendo l’ennesimo appello del Presidente turco, il ministro degli Esteri Zarif è volato ad Ankara.

Per la Turchia non sarà semplice restare al fianco del Qatar e, peggio ancora, dell’Iran, soprattutto nel breve periodo: i rapporti economici e politici che Ankara intrattiene col fronte capeggiato da Riyadh sono assai più corposi di quelli, pur notevoli, con Doha; e già l’Arabia Saudita sta incitando al boicottaggio dei prodotti turchi.

Inoltre Washington o meglio ancora lo Stato Profondo Usa (Pentagono, Intelligence, Dipartimento di Stato) dispone di un potente strumento di pressione per “ammorbidire” Erdogan: i Curdi. I comandi Usa hanno cominciato pochi giorni fa massicce consegne di armi al Pkk/Pyd, armi che non sono affatto destinate ad essere usate contro l’Isis, né tanto meno a Raqqa, dove è in corso un tacito accordo stipulato da chi manovra Curdi e Daesh (che poi sono gli stessi soggetti o comunque adesso strettamente alleati), per dare campo libero ai primi e spostare indisturbati i secondi contro l’Esercito siriano e i suoi alleati a Deir Ezzor e altrove. Quelle armi saranno usate contro la Turchia. Punto.

Come già detto più volte in altri articoli, l’evolversi della guerra in Siria ed Iraq verso la vittoria dell’Asse della Resistenza ha impresso una vorticosa accelerazione alle dinamiche geopolitiche dell’area, che tendono ora verso l’epilogo finale.

Se è vero, e lo è, che Turchia ed Iran hanno nell’immediato interessi contrastanti nel Siraq, è ancor più vero che nel medio-lungo periodo hanno in comune nemici che li vogliono distruggere: gli Stati Uniti e il Golfo. Quella che può unite Ankara all’Asse della Resistenza non può essere un’alleanza basata su comunanza di scopi e di vedute, semplicemente non c’è, ma una necessaria coincidenza d’interessi si, finché essa dura.

di Salvo Ardizzone

Il Faro Sul Mondo