Strage Las Vegas, America vittima delle armi made-in Usa
(last modified Wed, 04 Oct 2017 05:32:48 GMT )
Ott 04, 2017 07:32 Europe/Rome
  •  Strage Las Vegas, America vittima delle armi made-in Usa

Le pagine dei quotidiani statunitensi in questi giorni sono dedicate alla sparatoria di massa avvenuta a Las Vegas la sera del primo ottobre, come la maggior parte delle prime pagine internazionali.

Il titolo del New York Times dice «Cecchino causa “caos totale” a Las Vegas; la polizia cerca un movente mentre il conto dei morti arriva a 59», quello del Washington Post «59 morti nell’attentato di Las Vegas». Molti altri quotidiani hanno deciso di citare il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha definito la sparatoria un «act of pure evil», cioè «un atto di pura malvagità».

Stephen Paddock, ha detto il presidente americano, era "un uomo pazzo. Molti problemi, immagino". Trump ha parlato così rispondendo ai reporter che gli chiedevano se per la strage di Las Vegas si possa parlare di "terrorismo domestico". Quanto all'ipotesi di rivedere le normative sul porto d'armi in Paese, già in precedenza la portavoce della Casa Bianca aveva dichiarato che non è tempo di dibattiti politici sul tema.

La contabilità della morte è un compito ingrato dello storico e del giornalista: per il tema, per il rischio di errori ma anche per il rischio che la ripetitività dell’evento si traduca in quella del commento. Con meno scrupoli, si potrebbe riciclare senza troppi problemi quanto detto per un qualunque massacro precedente.

Se Steve Paddock, 64 anni, bianco, apparentemente benestante, ha stabilito un triste primato assoluto, negli Stati Uniti le sparatorie di massa (con più di quattro vittime, secondo la definizione usata dell’FBI) sono un dramma frequente. Le quattro maggiori sono avvenute nell’ultimo decennio: oltre Las Vegas, la discoteca  di Orlando (12 gennaio 2016, 49 morti e 58 feriti), il Virginia Tech (16 aprile 2007, 32 morti) e la scuola di Sandy Hook (14 dicembre 2012, 26 morti, in gran parte bambini).

 

Ma questo non significa che 59 morti e oltre 500 feriti possano passare sotto silenzio. Si tratta di dimensioni che, al di fuori del terrorismo politico, il resto del mondo non conosce e che gli Stati Uniti sembrano invece accettare quasi fossero un disastro naturale paragonabile a Harvey, Sandy, Katrina e agli altri uragani che li flagellano periodicamente. Al contrario, la diffusione di armi letali non ha nulla di naturale. Si tratta di un fenomeno politico, che negli ultimi decenni ha subìto una mutazione genetica rispetto alle sue origini.

La realtà è purtroppo molto più semplice e amara. Un americano su quattro è stato minacciato con un’arma da fuoco e quattro su dieci conoscono qualcuno che è stato colpito (anche accidentalmente) da un’arma da fuoco.