Trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, un evento grottesco
(last modified Tue, 12 Jun 2018 09:26:09 GMT )
Giu 12, 2018 11:26 Europe/Rome
  • Trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme, un evento grottesco

Ivanka Trump, Jared Kushner e altri esponenti della destra trampista si sono riuniti in Israele per celebrare il trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme,

un gesto ampiamente visto come uno schiaffo in faccia ai palestinesi che credono che Gerusalemme (Al Quda), sia la loro futura capitale.

L’evento è stato grottesco. È stata una consumazione della cinica alleanza tra i falchi ebrei e gli evangelici sionisti che credono che il ritorno degli ebrei in Israele inaugurerà l’apocalisse e il ritorno di Cristo, dopo di che gli ebrei che non si convertiranno bruceranno per sempre.

Questo spettacolo, orientato verso la base cristiano-americana di Donald Trump, è coinciso con un massacro a circa 40 miglia di distanza. Dal 30 marzo si sono svolte proteste di massa contro il muro di separazione tra Gaza e Israele. I palestinesi di Gaza, di fronte a una crisi umanitaria sempre più grave, dovuta in gran parte al blocco israeliano, chiedono il diritto di tornare alle loro case in Israele, da cui le loro famiglie sono state costrette a partire dalla fondazione dello stato ebraico. I manifestanti sono stati per lo più, ma non del tutto, pacifici; hanno gettato pietre contro i soldati israeliani e hanno cercato di far volare aquiloni fiammeggianti in Israele. I militari israeliani hanno risposto con spari a ripetizione, proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Negli scontri di lunedì, secondo il ministero della Sanità di Gaza, almeno 58 palestinesi sono stati uccisi e migliaia feriti.

 La giusta opposizione di immagini dei palestinesi morti e feriti e quella di Ivanka Trump che sorride a Gerusalemme, ci racconta molto del rapporto dell’America con Israele in questo momento. Esso non è mai stato più vicino, ma all’interno di quella vicinanza ci sono semi di potenziale allontanamento.

I difensori delle azioni di Israele a Gaza sosterranno che nessun paese permetterebbe a una folla di caricare il suo confine. Diranno che anche se Hamas non ha organizzato le proteste, le ha sostenute. “La responsabilità di queste tragiche morti è di Hamas”, ha detto lunedì un portavoce della Casa Bianca, Raj Shah.

Ma anche se si rifiuta completamente il diritto al ritorno dei palestinesi – cosa che trovo più difficile fare ora che la dirigenza israeliana ha quasi abbandonato la possibilità di uno Stato palestinese – non si scusa certo con la violenza sproporzionata dell’esercito israeliano. “Quello che stiamo vedendo è che Israele ha usato, ancora una volta, una forza eccessiva e letale contro i manifestanti che non rappresentano una minaccia imminente”, mi ha detto telefonicamente Magdalena Mughrabi, vice direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa.

Gran parte del mondo ha condannato le uccisioni di Gaza. Eppure gli Stati Uniti, il più importante patrono di Israele, gli hanno dato la mano libera per fare ciò che vogliono con i palestinesi. Infatti, trasferendo l’ambasciata a Gerusalemme, Trump ha inviato il messaggio implicito che il governo americano ha rinunciato a qualsiasi pretesa di neutralità.

I resoconti della gratitudine di Israele a Trump abbondano. Una piazza vicino all’ambasciata è stata ribattezzata in suo onore. Beitar Jerusalem, una squadra di calcio i cui tifosi sono noti per il loro razzismo, d’ora in poi si chiamerà Beitar “Trump” Jerusalem. Ma se gli israeliani amano Trump, molti americani – e certamente la maggior parte degli ebrei americani – non lo amano. Più il trumpismo e Israele si intrecciano, più gli americani di sinistra si allontaneranno dal sionismo.

Anche prima di Trump, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha contribuito ad aprire una divisione partigiana su Israele nella politica americana, dove in precedenza c’era stata un’unanimità strenua. “Fino a questi ultimi anni, non avevi mai sentito la parola ‘occupazione’ o ‘insediamenti’ o parlare di Gaza”, ha detto dei politici americani Jeremy Ben-Ami, presidente del gruppo liberale filo-israeliano J Street. Ma Ben-Ami mi ha detto che dal 2015, quando Netanyahu ha tentato di colpire ai fianchi il presidente Barack Obama con un discorso controverso al Congresso contro l’accordo con Iran, i democratici si sono sentiti più coraggiosi. “Questo ha cambiato le carte in tavola per sempre”, mi ha detto.

Gli eventi di lunedì possono aver cambiato ulteriormente la situazione che potrebbe peggiorare ancora. Martedì è il giorno della Nakba, quando i palestinesi commemorano la loro espropriazione, e le proteste alla recinzione dovrebbero essere ancora più ampie. “Le persone non si sentono come se potessero rimanere a casa dopo che i loro cari e vicini sono stati uccisi per aver protestato pacificamente per i loro diritti”, mi ha detto via email Abdulrahman Abunahel, un attivista del BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni),  con base a Gaza.

Trump ha rafforzatociò la parte peggiore di Israele, e fintanto che sarà presidente, Israele potrà uccidere i palestinesi, demolire le loro case e appropriarsi della loro terra impunemente. Ma un giorno, Trump se ne dovrà andar e. Con la speranza che la soluzione dei due Stati sia quasi morta, le tendenze attuali suggeriscono che una minoranza ebraica arriverà a governare su una maggioranza musulmana largamente priva di diritti in tutte le terre sotto il controllo di Israele. Una generazione emergente di americani potrà vedere uno stato di apartheid con una piazza dedicata a Trump nella sua capitale e chiedersi per quiale ragione quello stato sia nostro amico.

Trduzione di Diego Siragusa/Articolo pubblicato da New York Times di Michelle Goldberg

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