Colombia e Venezuela: un confine poroso
di Irene Masala
La zona di confine tra Colombia e Venezuela è da sempre un’area problematica. Negli ultimi mesi il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha decretato diverse volte la chiusura della frontiera con la Colombia, lunga 2.219 chilometri, per motivi economici e politici. La principale ragione ha a che vedere con il contrabbando di merci di vario genere, e con i pericoli che questo commercio illegale, gestito da bande criminale, comportano per la popolazione civile.
L’inflazione alle stelle costringe migliaia di venezuelani a recarsi ogni giorno in varie zone lungo il confine tra i due Stati, in particolare nella regione di Santander, dove si trova il ponte internazionale Simon Bolivar, o nel nord, verso la costa Atlantica, per acquistare ogni tipo di generi alimentari e di prima necessità a un prezzo ragionevole. La maggior parte dei traffici riguardano però benzina, sigarette, droga e alcol, oltre ai banchi dei cambia valuta che approfittano della svalutazione monetaria del Bolivar, moneta ufficiale del Venezuela, per incrementare gli affari degli speculatori.
Secondo il presidente Maduro, questo continuo traffico illegale non solo alimenta le reti criminali e mafiose ma danneggia enormemente l’economia del Venezuela, già in seria difficoltà. Per questa ragione, oltre alla chiusura dei confini, era stato proposto all’inizio dell’anno anche il ritiro delle banconote da 100 Bolivar, il taglio più comunemente usato dai contrabbandieri.
Colombia – Venezuela: commercio transfrontaliero e la presenza dei gruppi paramilitari
La polizia locale controlla e monitorizza questi traffici, come dimostra l’imponente presenza militare da parte dell’esercito colombiano, con mezzi blindati e pattuglie della Policia Nacional. Molte delle zone di frontiera, e in particolare quella nei dintorni di Santander, sono però ancora nelle mani delle milizie dell’Eln e dalle Bacrim, gruppi di paramilitari con stretti legami con il mondo del narcotraffico. La presenza dei paramilitari colombiani in territorio venezuelano è un tassello importante per capire le crisi che intercorrono regolarmente tra Colombia e Venezuela.
Attualmente le reti paramilitari colombiane, usate in passato dalla destra venezuelana in chiave anti Chávez, tengono le fila del traffico illegale, sopratutto per quanto riguarda la benzina. Questa viene infatti rivenduta in Colombia a prezzi esponenziali rispetto al Venezuela, ma comunque al di sotto del prezzo di mercato. Per questa ragione è usuale vedere intere strade circondate dai venditori di “pimpina”, taniche o bottiglie di vario genere e misura piene di benzina.
Questa situazione non fa che aumentare la tensione tra i due Stati sudamericani, che vedono diverse postazioni militari schierate lungo i confini. Tensione che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non fa che incentivare con l’invito, rivolto al presidente colombiano Juan Manuel Santos, a intraprendere un’azione di deterrenza militare contro il Venezuela.
La Colombia, nella visione dell’amministrazione Trump e, più in generale, nella politica estera Usa, è uno stato strategico per la gestione e il contenimento del Venezuela. Importanza che aumenta sopratutto dopo il voto di domenica scorsa, con il quale è stata eletta la nuova Assemblea Costituente, organo che sostituirà l’Assemblea Nazionale, controllata dalle forze dell’opposizione.