Analisi: e' vero Trump ha perso per colpa del Covid? - 1
Provate a immaginare la scena come se fosse un film catastrofico a basso budget. Wuhan, novembre 2019. In un laboratorio ad alta sicurezza, ...
... dove si studiano gli agenti patogeni più pericolosi del pianeta, un ricercatore con contratto a tempo indeterminato sta mangiando voracemente la sua zuppa, mentre guarda il film Parasite durante l'orario di lavoro. Un colpo di scena lo fa sobbalzare dalla sedia e gli fa cadere dalla scrivania una fiala non etichettata, lasciata lì distrattamente da un suo superiore. Quel ricercatore non può saperlo ma sta per cambiare il corso delle elezioni negli Stati Uniti, della rivolta populista in Occidente e della Storia.
Dal momento che non ci vogliamo occupare di teorie del complotto, sgombriamo subito il campo: è davvero improbabile che le cose siano andate così, quando tutto è iniziato. Ma sappiamo per certo che qualunque cosa sia accaduta in Cina, il diffondersi del virus ha avuto un impatto devastante sulla Casa Bianca, che sperava di giocarsi la campagna elettorale sui benefici per il cittadino medio dell’amministrazione Trump.
Appena qualche settimana prima del voto, un impressionante 56 per cento degli statunitensi dichiarava di stare meglio rispetto a quattro anni prima; una percentuale superiore ai rispondenti alla stessa domanda nel 1984, 1992, 2004 e nel 2012, quando Ronald Reagan, i due George Bush e Barack Obama corsero per la rielezione. Ma è un numero che sarebbe bastato a Trump per riuscirci?
Nello strano mondo dei controfattuali, un modello predittivo basato interamente sulla performance economica ci suggerisce che senza la pandemia Trump sarebbe stato un candidato formidabile. È facile capire perché: sotto l’egida di Trump il reddito mediano delle famiglie è cresciuto nel 2019 più di qualsiasi altro anno (il 6,8 per cento), e ha risparmiato oltre 1.600 dollari grazie al taglio delle tasse; neri e ispanici hanno registrato nel suo quadriennio livelli record di occupazione e di crescita; l’ineguaglianza del paese, seppure persistente, è diminuita; il budget per il Pentagono ha toccato livelli record, ma per lo meno non è stato sperperato in guerre inutili o, quel che è peggio, perdenti.
Certo, molti di questi traguardi sono il frutto del suo predecessore democratico. O frutto dell’aumento del salario minimo in molti Stati, voluto dalle sinistre ma sempre osteggiato dai repubblicani. Ma non sarebbe onesto dire che Trump si è limitato a fare l’amministratore dei meriti altrui: pur conservando un impianto pro-business in continuità con il reaganismo, ha avuto un approccio indubbiamente «allegro» in termini di deficit, coniugando l’abbassamento delle imposte per i ricchi all’idea di mettere il più presto possibile dei soldi in tasca ai commercianti quando è scoppiata la crisi.
segue
 
							 
						 
						