L'arma delle difesa dei 'diritti umani' in mano dell'Occidente
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La recente espulsione del rappresentante speciale dell’Unione Europea dal Venezuela, è stata una risposta da parte del governo di Nicolas Maduro alla nuova tornata delle sanzioni esercitate in modo illegittimo ed illegale da Bruxelles nei confronti di 19 alti funzionari di Caracas.
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Feb 27, 2021 06:57 Europe/Rome
  • L'arma delle difesa dei 'diritti umani' in mano dell'Occidente

La recente espulsione del rappresentante speciale dell’Unione Europea dal Venezuela, è stata una risposta da parte del governo di Nicolas Maduro alla nuova tornata delle sanzioni esercitate in modo illegittimo ed illegale da Bruxelles nei confronti di 19 alti funzionari di Caracas.

Secondo Bruxelles i destinatari dei provvedimenti sanzionatori avrebbero “collaborato ad atti e decisioni che scuotono dalle fondamenta lo Stato di Diritto e come risultato di Violazioni dei diritti umani).

La questione dei diritti umani è ormai divenuta la farsa con la quale l’impero in decadenza, figlio di Abu Ghraid e di Guantanamo, motiva la sua ansia di colpire gli avversari politici. Per quanto attiene alla UE, che non esprime una posizione ma solo un atteggiamento, la motivazione - come la decisione - è ad alto tasso di ipocrisia colonialista.

Le fondamenta dello Stato di Diritto, in Venezuela come in ogni altro Paese del mondo, vengono consolidate dall’accesso dei cittadini alle urne e dalla libera espressione del voto. In Venezuela governa il partito che ha vinto le elezioni.

La UE rifiutò l’osservazione elettorale del 2020 in Venezuela, dicendo sin da prima del voto che si trattava di elezioni “poco credibili e trasparenti”, come se fosse la UE a poter decidere quali elezioni sono libere e quali no, a stabilire i parametri adatti alla democrazia. Magari mentre si inginocchia davanti ai monarchi europei ed omaggia i regimi fascisti di Ungheria e Polonia.

Ma il piano USA e UE non filò liscio. Nelle elezioni del 2020, i partiti dell’opposizione - AD, Copei, CMC, Avanzada Progresista e El cambio - disobbedirono alle indicazioni di Washingron e Bruxelles che non volevano la partecipazione al voto per poi poter definirlo “una farsa” e si presentarono, rivendicando la loro autonomia nel decidere il loro ruolo politico ed istituzionale. Ottennero circa il 20% dei voti, il che complicò parecchio i piani coloniali.

Perché nonostante le minacce e pure in presenza di una forte astensione, risultato della stanchezza di un paese assediato, le elezioni si erano tenute ed avevano segnato diversi punti a favore dei bolivariani: la partecipazione al voto, pur non la più elevata storicamente, era stata sufficiente in ossequio alla Costituzione; la percentuale guadagnata dall’opposizione assicurava legittimità elettorale e credibilità politica al voto; la nuova Assemblea esautorava Juan Guaidò dall’unica carica mai ottenuta (illegittimamente, peraltro) di Presidente dell’Assemblea e lasciava USA e UE con un nulla di fatto nelle mani. Guaidò era stato defenestrato dalla stessa opposizione che ha ora un suo rappresentante alla guida del Parlamento.

Se dunque il suo riconoscerlo come presidente ad interim si era rivelato un fiasco totale (57 Paesi su 193 rappresentati alle Nazioni Unite), adesso quegli stessi 57 avrebbero abbandonato il finto presidente al suo destino. Ed infatti diversi paesi, tra cui la Germania e persino Panama, hanno già dato il benservito a Guaidò.

Il fracasso statunitense ed europeo è così giunto al capolinea ed è qui che l’irritazione coloniale guidata dai monarchici spagnoli, che possono contare con il sostegno di quei campioni di democrazia di Ungheria e Polonia, ha perso ogni ragione.