Ciad: la morte di Déby, l'uomo di Parigi
N'Djamena - La morte improvvisa e inaspettata del presidente del Ciad, Idriss Déby, nella giornata di martedì rappresenta un evento di estremo rilievo.
Un decesso potenzialmente in grado di destabilizzare ancora di più una regione già messa in crisi dall’intervento militare delle potenze straniere che avevano orchestrato il caos in Libia, a cominciare dalla Francia, dei cui interessi strategici Déby è stato per tre decenni il fidatissimo protettore.
Le circostanze della morte di Déby restano oscure. La versione ufficiale è stata data da un portavoce dei militari ciadiani in diretta televisiva. Il presidente sarebbe finito vittima di uno scontro a fuoco tra le forze governative e i ribelli del cosiddetto Fronte per l’Alternanza e la Concordia (FACT) che da qualche giorno stavano cercando di condurre un’offensiva in direzione della capitale in concomitanza con le elezioni presidenziali.
Fonti vicine alla leadership del FACT hanno spiegato che Déby si trovava da domenica in una zona di combattimenti a poco meno di 300 chilometri a nord di N’Djamena e, dopo essere stato ferito, sarebbe deceduto una volta tornato nella capitale. I dettagli dell’incidente non sono però stati divulgati. Anche se Déby era solito mostrarsi assieme ai militari ciadiani impegnati in questi anni in varie operazioni belliche nella regione, più che altro per consolidare la sua immagine di combattente e ricavarne legittimità politica, non è chiaro il motivo della sua presenza al fronte, né è del tutto certo, secondo alcuni, che si trovasse effettivamente nella zona di guerra.
Soltanto il giorno prima della notizia della morte, le autorità elettorali ciadiane avevano ratificato il suo successo nelle elezioni presidenziali con quasi l’80% dei consensi. Per Déby si sarebbe trattato del sesto mandato consecutivo alla presidenza. Come in passato, il voto era stato fortemente contestato e caratterizzato da boicottaggi, proteste e repressione.
Le operazioni di voto, come già anticipato, erano state accompagnate anche da segnali di instabilità nel paese africano. I guerriglieri del FACT avevano oltrepassato il confine settentrionale con la Libia per puntare sulla capitale. Le preoccupazioni per l’avanzata si erano rapidamente diffuse, con il dispiegamento di carri armati nelle strade di N’Djamena e la fuga di civili nel vicino Camerun. Il governo aveva allora cercato di gettare acqua sul fuoco e tranquillizzare la popolazione. Lunedì, i vertici delle forze armate avevano parlato di una “grande vittoria” contro i ribelli, tra i quali avrebbero fatto circa 300 vittime. Le ambasciate di Stati Uniti e Regno Unito avevano tuttavia ordinato al proprio personale non essenziale di lasciare il Ciad in previsione di possibili violenze nella capitale.
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Tratto da https://www.altrenotizie.org/
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