Chi è Fumio Kishida, il prossimo premier del Giappone
Il Giappone ha il suo centesimo primo ministro dell’era moderna, cominciata nel 1885. Fumio Kishida, 64 anni, un patrizio della politica, un uomo dell’establishment liberaldemocratico che ha governato il Paese quasi ininterrottamente negli ultimi 66 anni. Ha vinto oggi il ballottaggio per la nomina alla guida del partito, battendo l’avversario Taro Kono, più popolare grazie alla campagna di vaccinazione nazionale che ha guidato con successo.
La nomina di Kishida è una scelta di continuità, senza strappi o ringiovanimenti: l’unica novità è stata la presenza di due donne nella corsa al potere, ma le due signore non erano accreditate di alcuna possibilità di successo in un Parlamento che ha poco più del 10 per cento di componente femminile (tra l’altro, Kishida si è espresso contro l’idea di aprire alle principesse la successione al Trono imperiale, nonostante la cronica carenza di eredi maschi). Fumio Kishida è stato dal 2012 al 2017 ministro degli Esteri di Shinzo Abe, che si era ritirato nell’agosto del 2020 per motivi di salute dopo essere stato il premier più longevo del Sol Levante. Nel settembre del 2020 Kishida aveva perso la sfida per il potere con Yoshihide Suga, che si è a sua volta dimesso un anno dopo, fiaccato dalla crisi innescata dalla pandemia. Kono ha aspettato il suo turno che oggi è arrivato grazie al sostegno dei maggiorenti liberaldemocratici. Ora, per diventare primo ministro manca solo il passaggio formale della nomina da parte del Parlamento di Tokyo, che arriverà il 4 ottobre. Insomma, non sembra proprio un uomo del grande cambiamento quello chiamato a guidare la terza economia del mondo. Kishida, che ha fatto le scuole elementari a New York e ha lavorato in banca prima di darsi alla politica, è stato eletto più volte alla Dieta nella circoscrizione di Hiroshima, ereditando il seggio dal padre e dal nonno. E a Hiroshima ha vissuto il suo maggior successo politico, quando nel 2016 ci portò Barak Obama, primo presidente americano a visitare la città dove nell’agosto 1945 fu sganciata la bomba atomica. Kishida come i suoi predecessori è a favore di una forte alleanza con gli Stati Uniti e ha promesso di opporsi all’espansionismo cinese, osservando che Pechino sta cercando di esportare l'autoritarismo in Asia; ha citato la necessità di proteggere Taiwan. Ha detto che Tokyo ha bisogno di una capacità missilistica contro nemici potenziali, citando ancora la Cina e la Nord Corea. La Costituzione pacifista introdotta nel dopoguerra vieta al Giappone l’opzione dell’attacco, ma non quella della difesa, naturalmente. E nel clima di reinterpretazione costituzionale adattata ai nuovi pericoli, Kishida sostiene che il Giappone ha il diritto di colpire le basi missilistiche nemiche per reagire a uno «strike» e nel caso che si temano ulteriori lanci di ordigni. «Possiamo proteggere le vite della nostra popolazione stando silenziosamente a guardare mentre il Giappone viene colpito? O abbiamo bisogno della capacità di fermare il potenziale distruttivo dell’altra parte? Questo è il punto», ha detto in una recente intervista al Wall Street Jorunal. «Non possiamo fare a meno di considerare che la tecnologia degli avversari avanza ogni giorno e anche se i nostri sistemi di difesa bloccassero un primo attacco, avere una capacità di attaccare a nostra volta le basi nemiche servirebbe da deterrente, proteggendo le vite dei nostri cittadini». La questione della forza missilistica giapponese è tutt’altro che scontata e sarà al centro del dibattito politico nei prossimi mesi. In questo, Kishida è in linea con la politica di Abe che si era battuto per modificare la Costituzione pacifista per dare la possibilità al Giappone di battersi al fianco degli Stati Uniti nel Pacifico, non solo di fornire basi agli americani e affidarsi alla loro protezione. Sul fronte economico Kishida si presenta con una correzione di rotta verso sinistra. È un conservatore in linea con l’atteggiamento pro-business dei liberaldemocratici quando propone di spendere miliardi statali per far uscire l’economia dalle sabbie mobili della pandemia. Ma ha cominciato a parlare anche di «un nuovo stile di capitalismo giapponese» che dovrebbe ridistribuire meglio la ricchezza e ridurre la distanza tra ricchi e poveri, aggravata dalla crisi del coronavirus. Il terzo punto del programma riguarda l’obiettivo giapponese di raggiungere «la neutralità nelle emissioni di gas serra» entro il 2050. Kishida promette di seguire la rotta indicata da Suga con «una valutazione realistica sulle centrali nucleari». Un tema particolarmente sentito dopo il disastro di Fukushima. La prima sfida del nuovo premier sarà di conservare la maggioranza del partito liberaldemocratico nelle elezioni generali di novembre. I sondaggi sono dalla sua parte. È stato contrario invece il primo «voto» del mercato: la Borsa di Tokyo che aveva segnato un balzo record dopo l’addio del consumato Suga, oggi ha perso, forse delusa dalla continuità annunciata.