Australia esorta gli Usa: basta con caccia all’uomo per Assange
(last modified 2022-12-01T08:08:51+00:00 )
Dic 01, 2022 09:08 Europe/Rome
  • Australia esorta gli Usa: basta con caccia all’uomo per Assange

CANBERRA - Il governo australiano ha chiesto agli Usa di porre fine alla sua ricerca dell’attivista e fondatore di WikiLeaks Julian Assange.

Il primo ministro Anthony Albanese, alla guida dell’Australia da appena un mese, ha detto in parlamento di aver premuto personalmente sul governo americano perché metta fine al perseguimento di Assange e si è impegnato a continuare a intercedere in suo favore.

Sono stati necessari dieci anni ad alcuni dei principali giornali “ufficiali” europei e americani per prendere una posizione pubblica netta a favore di Assange nel procedimento di estradizione verso gli Stati Uniti a carico del fondatore di WikiLeaks. Con un ritardo ingiustificabile, il New York Times, l'inglese Guardian, il francese Le Monde, il tedesco Der Spiegel e lo spagnolo El País hanno indirizzato lunedì una lettera aperta all’amministrazione Biden per invitare il presidente democratico a lasciar cadere tutte le accuse contro il giornalista australiano, riconoscendo finalmente le implicazioni democratiche e per la libertà di informazione del caso all’attenzione della giustizia d'Inghilterra.

I cinque giornali avevano collaborato a partire dal 2010 con WikiLeaks nella pubblicazione dei documenti riservati del dipartimento di Stato USA ottenuti dall’organizzazione di Assange. Nella lettera viene ricordato come quest’ultimo venne arrestato nell’aprile del 2019 dentro l’ambasciata dell’Ecuador a Londra su richiesta di Washington, per essere poi rinchiuso nei successivi tre anni e mezzo nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, “solitamente utilizzato per terroristi e membri del crimine organizzato”. Se consegnato alla giustizia americana, Assange rischia una condanna massima di 175 anni, come previsto dall’ultra-reazionario Espionage Act del 1917.

Il punto centrale della presa di posizione del New York Times e delle altre testate è la criminalizzazione del lavoro di giornalista che Assange si è limitato a esercitare con WikiLeaks, rendendo pubblici documenti segreti di vitale importanza per l’opinione pubblica mondiale. La lettera afferma che l’eventuale estradizione e condanna di Assange stabilirebbero “un pericoloso precedente” e minaccerebbero di “compromettere il Primo Emendamento [della Costituzione americana] e la libertà di stampa”. “Acquisire e rivelare informazioni sensibili nell’interesse pubblico”, continua il testo, “è un elemento cruciale del lavoro dei giornalisti”. Per questa ragione, “se questo lavoro sarà criminalizzato, le nostre democrazie verranno significativamente indebolite”. È dunque arrivato il momento per il governo americano di “mettere fine all’incriminazione di Julian Assange per la pubblicazione di [documenti] segreti”.

Implicito nella lettera dei cinque giornali è il fatto che la vergognosa campagna di persecuzione contro Assange serve agli Stati Uniti come esempio per scoraggiare altri giornalisti dal rivelare crimini e macchinazioni segrete come quelle smascherate da WikiLeaks negli ultimi anni. La sostanziale nettissima denuncia degli ultimi tre governi americani è opportuna e auspicabilmente utile alla risoluzione della vicenda giudiziara in corso. Rimangono tuttavia invariate le gravissime responsabilità di questi stessi giornali che solo oggi o, comunque, solo di recente hanno riconosciuto in maniera inequivocabile il ruolo di giornalista di Julian Assange, rendendo oggettivamente inaccettabile l’incriminazione del dipartimento di Giustizia USA.

Il silenzio mantenuto per anni sulla sua sorte e, anzi, gli attacchi frequenti contro il fondatore di WikiLeaks, che si sono letti sulle pagine del Times o del Guardian, hanno contribuito non solo a tenere a lungo lontana dal dibattito pubblico la vicenda, ma anche a favorire le manovre pseudo-legali degli Stati Uniti, così come dei governi di Regno Unito, Ecuador, Svezia e Australia. Proprio il caso montato ad arte dalla giustizia e dagli ambienti politici filo-americani svedesi contro Assange, accusato di stupro ai danni di due donne con cui aveva intrattenuto invece rapporti consensuali, benché inconsistente era servito come strumento decisivo per incastrare il giornalista australiano.

 

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