Apr 27, 2023 05:05 Europe/Rome
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PECHINO (Pars Today Italian) - Per anni, Washington ha monopolizzato le sanzioni come strumento di politica estera.

Ancora oggi, gli Stati Uniti rimangono il principale Stato promotore di sanzioni al mondo. Secondo l'esperto Manu Karuka della Columbia University, entro il 2021, 2/3 delle sanzioni imposte a livello mondiale dal 1990 sono state autorizzate da Washington. Dal 2017, le restrizioni statunitensi hanno iniziato ad essere applicate alla Cina. In risposta, Pechino si è attivata per sviluppare un quadro giuridico per la propria strategia di sanzioni.

In precedenza, aveva già praticato misure come regolamenti tariffari, negazione del credito, aumento delle ispezioni e persino embarghi. Tuttavia, nel marzo 2019, il Ministero del Commercio cinese ha annunciato la creazione di un elenco di entità non affidabili, quasi replicando uno strumento simile del Dipartimento del Commercio statunitense. L'esperto di sanzioni statunitense Richard Nefew confida nella volontà e soprattutto nella capacità della Cina di rafforzare ulteriormente il proprio kit di sanzioni.

Le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono ormai ai minimi storici. La situazione in bilico ha interrotto il processo di dialogo iniziato a novembre. Il recente incontro tra il Segretario di Stato Anthony Blinken e Wang Yi a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco ha dimostrato che le parti non sono pronte a scendere a compromessi, almeno per ora. Allo stesso tempo, per la prima volta vediamo entrambi i Paesi imporre sanzioni quasi contemporaneamente. Gli Stati Uniti e la Cina stanno quindi entrando in un nuovo livello di lotta giurisdizionale.

‘Giocare’ con le sanzioni contro la Cina come viene fatto contro la Russia non sarà molto facile, né tantomeno indolore. Se gli effetti delle sanzioni contro Mosca fanno molto più male ai vassalli europei, la risposta di Pechino rischia di colpire forte il cuore dell’impero.

Già lo scorso settembre nella fase di discussione preliminare su come esercitare pressioni economiche sulla Cina, la fattibilità del progetto veniva considerata discutibile, poiché si tratta di "sanzioni contro la seconda economia del mondo e uno dei maggiori anelli della catena di approvvigionamento globale".

"L'eventuale imposizione di sanzioni alla Cina è molto più impegnativa delle sanzioni alla Russia, data la stretta associazione degli Stati Uniti e dei suoi alleati con l'economia cinese", spiegava in un'intervista all'agenzia Reuters, Nazak Nikahtar, ex alto funzionario del Dipartimento del Commercio statunitense.

La risposta cinese rischia di far male il cuore dell’impero, il complesso militare-industriale. La produzione aeronautica di Lockheed Martin si basa su contratti con la parte cinese per l'acquisto di metalli delle terre rare. Senza le forniture cinesi, l'azienda statunitense si troverà ad affrontare grandissime difficoltà nelle sue operazioni, e questo nella difficile situazione politico-militare mondiale.

Bisogna tener presente che Lockheed Martin progetta, produce e manutiene l'F-35 Lightning II Joint Strike Fighter, il C-130 Hercules, l'F-16 Fighting Falcon, l'F-22 Raptor, gli elicotteri Sikorsky, numerosi sistemi missilistici, missili e sistemi di guida.

Raytheon produce missili AGM-88 HARM, AIM-120 AMRAAM e altri, radar e sistemi radar di vario tipo, SeaRAM, MIM-23 Hawk, sistemi missilistici antiaerei MIM-104 Patriot e altre armi.

Le sanzioni imposte da Pechino saranno quindi un duro colpo per l'industria militare statunitense. In un momento dove tutta l’industria bellica dell’Occidente è sotto forte pressione a causa delle ingenti forniture militari al regime di Kiev impegnato in una guerra per procura contro la Russia.

 

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