May 23, 2024 06:52 Europe/Rome
  • Rapporto Istat 2024: un’Italia di salari bassi e giovani senza opportunità

ROMA (Pars Today Italian) - Il rapporto annuale dell’Istat per il 2024, dimostra che l’Italia è precario, funestato dalle disuguaglianze, quasi punitivo per i giovani che studiano.

I dati raccolti parlano dell’Italia sotto vari aspetti, ma ce ne sono alcuni che saltano all’occhio e che fa bene riassumere per mostrare dove ci ha portato l’incapacità della classe dirigente. A partire da ciò che il governo si guarda bene dal dire sull’occupazione e sulle retribuzioni.

Neanche due settimane fa la Meloni si fregiava del tasso di occupazione in aumento e dei disoccupati in diminuzione. Per quanto riguarda il primo (numero di persone occupate sulla popolazione tra i 15 e i 64 anni), l’Istat certifica un aumento del 2,4% rispetto al 2019, raggiungendo il 61,5%.

Quello che Palazzo Chigi non dice è che l’Italia rimane di gran lunga dietro la Spagna, la Francia e la Germania. Se si considera la popolazione tra i 20 e i 64 anni, a marzo venivano diffusi dati che davano il nostro paese al 66,3%, lontano quasi dieci punti dalla media europea e fanalino di coda della UE.

Per quanto riguarda i disoccupati in diminuzione, è di nuovo l’Istat a dirci che allo stesso tempo il tasso di inattività per coloro tra i 15 e i 64 anni è il più alto della UE (33,3%). Come vari analisti ricordano da anni, in Italia il problema è che in pochi lavorano, e in tanti hanno persino rinunciato a cercarlo.

E non perché le paghe di chi lavora siano così ricche da permettere di rimanere a casa. Tra il 2013 e il 2023 le retribuzioni medie annue sono aumentate del 16% in termini monetari, ma allo stesso tempo il potere d’acquisto delle retribuzioni lorde è diminuito del 4,5%.

Tra gennaio 2021 e dicembre 2023 i prezzi al consumo sono aumentati del 17,3%, e le retribuzioni contrattuali solo del 4,7%. Solo nell’ultimo trimestre del 2023 e nel primo del 2024 si comincia a segnalare un’inversione di tendenza, ancora lontana da un recupero completo di quello che i lavoratori hanno perso.

In una delle schede di presentazione del rapporto si può leggere infatti: “La riduzione della capacità produttiva nella manifattura e la persistente debolezza della domanda interna hanno contribuito a deprimere gli investimenti fissi lordi e, di riflesso, la produttività del lavoro”.

Gli imprenditori non investono, e non investono perché la domanda interna è stata compressa da decenni di austerità, precarizzazione e compressione salariale. Il paradigma mercantilistico che hanno ripetuto in continuazione, a Bruxelles e a Roma, dovrebbe essere ribaltato.

Il primo giugno la manifestazione nazionale è sì contro il governo, ma sarà anche la piazza che rappresenterà una reale alternativa a questa Italia che hanno costruito sullo sfruttamento e, troppo spesso, anche sul sangue dei lavoratori.

 

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