Pars Today, notizie dall'Iran e dal Mondo;
Fino a quando gli Stati Uniti rimarranno fedeli alla cooperazione internazionale?
-
Casa Bianca
Pars Today - Mentre il numero di morti per fame a Gaza batte ogni giorno i record, la comunità internazionale è impantanata in imposizioni politiche invece di denunciare ufficialmente una "carestia" in questa zona.
Moncef Khane ha recentemente scritto in una nota sul sito web di Al Jazeera English: In un mondo in cui assistiamo quotidianamente a notevoli progressi nella sicurezza alimentare, l'immagine della madre palestinese Alaa al-Najjar che piange sul corpo senza vita del figlio di tre mesi Yahya, morto di fame, sfida la coscienza dell'umanità. Secondo Pars Today, Alaa al-Najjar è solo una delle centinaia di madri palestinesi che attualmente piangono i figli vittime di deliberate politiche di fame nella Striscia di Gaza assediata.
Il 9 luglio 2024, almeno 11 esperti, sotto l'egida del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, hanno lanciato un allarme urgente sulla carestia a Gaza. La loro dichiarazione recita: "Dichiariamo che la campagna deliberata e mirata di Israele per affamare il popolo palestinese costituisce una forma di violenza genocida e ha portato alla carestia in tutta Gaza. Invitiamo la comunità internazionale a dare priorità alla distribuzione di aiuti umanitari via terra con ogni mezzo necessario, a porre fine al blocco di Gaza e a stabilire un cessate il fuoco".
Tra gli esperti figuravano Michael Fakhri, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto al cibo, Pedro Arroyo-Agudo, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui servizi igienico-sanitari e l'acqua potabile, e Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.
Definizione di "carestia" e criteri per dichiararla
Nel 2004, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) ha definito il sistema di Classificazione Integrata della Sicurezza Alimentare (IPC), una scala quantitativa a cinque livelli per valutare l'insicurezza alimentare di una popolazione. L'obiettivo è stimolare un'azione collettiva quando viene identificata un'insicurezza alimentare e impedire che raggiunga il livello 5 (carestia). La FAO, il Programma Alimentare Mondiale (WFP) e i loro partner utilizzano l'IPC come strumento scientifico e basato sui dati da 20 anni.
Criteri quantitativi dell'IPC per dichiarare la carestia
- Il 20% o più delle famiglie in un'area si trovano ad affrontare gravi carenze alimentari e una capacità limitata di far fronte alla situazione.
- La malnutrizione acuta nei bambini supera il 30%.
- Il tasso di mortalità supera le 2 persone ogni 10.000 persone al giorno.
Una "carestia" dovrebbe essere dichiarata quando questi tre criteri sono soddisfatti. Sebbene la dichiarazione non crei obblighi legali, rappresenta un importante segnale politico per sollecitare un'azione umanitaria internazionale.
Se gli esperti hanno concluso all'unanimità più di un anno fa che esisteva una carestia nella Striscia di Gaza assediata, ora sorge la domanda: perché gli organi competenti delle Nazioni Unite non sono giunti a questa conclusione prima di luglio di quest'anno (dopo quattro mesi di blocco)?
Nell'era dell'informazione istantanea, la realtà della fame mortale a Gaza è chiara e innegabile. Immagini di corpi emaciati che ricordano i campi di concentramento nazisti dipingono un quadro orribile di Gaza sotto l'occupazione israeliana. Eppure, nonostante gli avvertimenti dell'Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l'Occupazione dei Rifugiati Palestinesi (UNRWA) del 20 luglio, secondo cui un milione di bambini a Gaza rischiano di morire di fame, non è ancora stata dichiarata una "carestia".
Le considerazioni politiche prevalgono sui doveri professionali
Nell'attuale cultura delle Nazioni Unite, influenzata dal governo statunitense, le considerazioni politiche prevalgono sul senso del dovere e sugli obblighi professionali. I funzionari sanno cosa è giusto (o sperano di saperlo) e cosa potrebbe danneggiare la loro reputazione e la loro carriera. Gli attacchi personali del governo statunitense a Karim Ahmed Khan (Procuratore Generale della Corte Penale Internazionale) e Francesca Albanese (Relatrice Speciale delle Nazioni Unite) dimostrano che queste responsabilità non sono prive di rischi. Albanese non riceve nemmeno uno stipendio e il suo lavoro è interamente volontario, il che rende la sua perseveranza e il suo coraggio ancora più ammirevoli. Anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres si trova ad affrontare calcoli più complessi, tra cui le minacce di tagli al bilancio da parte di alcune potenze. Ma ora che il Congresso degli Stati Uniti ha approvato una legge senza precedenti per tagliare il bilancio delle Nazioni Unite, la scusa di non fare la cosa giusta per evitare l'ira di Washington non è più accettabile.
L'assedio di Gaza e i crimini di guerra
Secondo lo Statuto della Corte Penale Internazionale, la fame dei civili nei conflitti armati internazionali costituisce un crimine di guerra. Il blocco totale di Gaza dal 2 marzo, che ha portato alla fame di civili (soprattutto neonati e bambini), rientra pienamente nell'ambito di applicazione dell'Articolo 8 dello Statuto, soprattutto perché è il risultato di una politica deliberata e dichiarata volta a impedire gli aiuti umanitari per mesi.
In questa carestia provocata dall'uomo, i palestinesi muoiono nel silenzio globale, mentre tonnellate di cibo si deteriorano al confine egiziano. I militari del regime israeliano e mercenari stranieri impiegati dal Fondo Umanitario di Gaza hanno ucciso più di 900 palestinesi nei punti di distribuzione degli aiuti. Secondo il Programma Alimentare Mondiale, circa 90.000 bambini e donne palestinesi a Gaza necessitano di cure urgenti per malnutrizione. Il Ministero della Salute palestinese ha riferito che 19 persone sono morte di fame solo il 20 luglio e la situazione è destinata a peggiorare.
Oltre le statistiche
Dietro ogni numero e statistica di questo rapporto c'è una storia umana, come quella di Yahya, il neonato palestinese di tre mesi a Gaza che non ha mai conosciuto una vita normale. La comunità internazionale si trova oggi di fronte a una scelta difficile: rimanere in silenzio di fronte a questa catastrofe umanitaria o agire con decisione per porre fine a questo assedio disumano.