Nagorno-Karabak, nè guerra nè pace
Nessun accordo. I separatisti della regione del Nagorno Karabakh, e l’Armenia che li appoggia, respingono il cessate-il-fuoco unilaterale annunciato dall’Azerbaigian perché i combattimenti, riesplosi sabato con grande intensità, continuano sulla linea del fronte.
Il motivo sarebbe motivato dal fatto che non c‘è stato alcun segnale che le ostilità fossero effettivamente cessate. I ribelli considerano semplicemente la dichiarazione dell’Azerbaigian una trappola. Non ci credono. Il presidente azero rilancia: “Noi non abbandoneremo le nostre posizioni, ma allo stesso tempo osserveremo il cessate il fuoco e cercheremo di risolvere il conflitto pacificamente, pur rinforzando le nostre forze armate”. Il cessate il fuoco secondo il governo era stato deciso in seguito ai molti appelli a mettere fine alle violenze. Nei combattimenti di sabato Baku ha riconosciuto di aver perso 12 soldati, un elicottero ed un carro armato, mentre l’Armenia ha stilato un bilancio di 18 morti e 35 feriti nelle sue file. Ci sarebbero state anche vittime tra i civili. Dal presidente armeno però, non giungono parole di pace: “Questo è il peggiore scontro con i nostri vicini dal 1994”, ha detto. Tra il 1992 e il 1994 Armenia e Azerbaijan combatterono una guerra in cui rimasero uccise circa 30mila persone e che fece milioni di profughi. La guerra terminò con una tregua piuttosto precaria.