Irlanda del Nord: Sinn Fein spinto al successo dalla Brexit
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DUBLINO- Nelle 18 circoscrizioni dell’Irlanda del Nord, il Sinn Fein ha raccolto il 27,9% dei voti conquistando 27 seggi, mentre il Democrat Unionist Party (Dup) è riuscito a mantenere per un soffio il primo posto con il 28,1% e 28 seggi.
(last modified 2024-11-17T06:24:12+00:00 )
Mar 07, 2017 09:10 Europe/Rome
  • Irlanda del Nord: Sinn Fein spinto al successo dalla Brexit

DUBLINO- Nelle 18 circoscrizioni dell’Irlanda del Nord, il Sinn Fein ha raccolto il 27,9% dei voti conquistando 27 seggi, mentre il Democrat Unionist Party (Dup) è riuscito a mantenere per un soffio il primo posto con il 28,1% e 28 seggi.

A caratterizzare la tornata elettorale è stata l’affluenza record alle urne, il 64,7%, la più alta dagli accordi del Venerdì Santo del 1998 che posero fine ai “Troubles” che hanno insanguinato il Nord Irlanda per trent’anni.

I risultati elettorali permettono al Dup di mantenere il Primo Ministro del Governo regionale, ma segnano una sconfitta bruciante per gli Unionisti che pagano gli scandali e la pessima conduzione di Arlene Foster, già premier del passato Governo e del Dup, di cui il partito chiede già le dimissioni. Con la perdita di 9 seggi rispetto alle precedenti votazioni, gli Unionisti, uniti a partiti minori a loro vicini, possono contate su 40 seggi, mentre il fronte degli Indipendentisti del Sinn Fein e dei suoi alleati ne conta 39, con 11 seggi aggiudicati a un blocco non allineato.

In base agli accordi per la divisione dei poteri, il Nord Irlanda deve essere retto da una coalizione fra cattolici e protestanti, ma Michelle O’Neill vorrà far pesare la vittoria morale e Arlene Foster (o il suo successore) non potrà fare concessioni dopo il pessimo risultato elettorale. Adesso gli eletti hanno tre settimane per formare un nuovo Governo, dopo di che Londra avrà due alternative: indire nuove elezioni o imporre il “direct rule”, ovvero tornare a governare il Nord Irlanda direttamente, un’ipotesi fatta apposta per aumentare i consensi al Sinn Fein e riaccendere i “Troubles”.

Ad aggravare di molto la situazione c’è la Brexit, che ha contribuito parecchio allo storico successo degli Indipendentisti. Nel passato referendum il 56% dei nordirlandesi ha votato per la permanenza nella Ue, e lo ha fatto per un’ottima ragione: la Brexit farà risorgere una frontiera che era ormai caduta sancendo di fatto la riunificazione dell’Irlanda.

Non a caso Gerry Adams, presidente del Sinn Fein, ha dichiarato che il risorgere di confini metterebbe in discussione gli Accordi del Venerdì Santo, che hanno garantito vent’anni di sostanziale pace. Il fatto è che si tratta di una pace relativa, perché a Belfast, come a Londonderry e in tutto il resto del Nord Irlanda, assai poco è stato fatto per rimuovere le radici di un conflitto che è tutt’altro che semplicemente confessionale, e cattolici e protestanti sono ancora irriducibilmente divisi.

È vero che Michelle O’Neill è la prima leader del Sinn Fein a non aver sopportato le conseguenze della guerra: non è mai stata in prigione, come il padre lo è stato a lungo, né è stata coinvolta in violenze, come il cugino, ucciso in uno scontro a fuoco ai tempi dei “Troubles”; e come lei ci sono diversi nuovi dirigenti che non hanno le ferite dei vecchi leader; ma malgrado gli anni siano trascorsi, i motivi della contrapposizione rimangono e, sotto la cenere, sono pronti a riproporsi ancora: nell’ultimo mese ci sono stati due azzoppamenti a Londonderry e una bomba è stata disinnescata in tempo dalla polizia.

 

Intendiamoci: è rimasto assai poco dell’Ira e delle altre organizzazioni paramilitari unioniste, più che altro folclore, ma sotto la spinta del disagio sociale che permane e della terribile eredità di sangue, è più che possibile il riaccendersi di una grave crisi dagli sviluppi imprevedibili.

A Dublino come a Belfast molti chiedono uno statuto speciale per tutta l’Isola, che preservi l’unità di fatto raggiunta nei vent’anni di pace; se non fosse possibile, il Sinn Fein chiederà un referendum in tutta l’Irlanda per la riunificazione del Paese. Un referendum dall’esito scontato che si sommerebbe al nuovo già in gestazione in Scozia, che metterebbe a grave rischio il Regno Unito, in serio pericolo d’essere ridotto a 2 Nazioni delle 4 che ora lo compongono.

La storica affermazione del Sinn Fein è una nuova campana che suona per chi continua a illudersi di governare senza curarsi dei Popoli, delle loro Storie e dei loro valori profondi, prestando orecchio solo agli egoismi e al tornaconto immediato. Un’eterna lezione della Storia, sempre difficile da imparare per politicanti d’accatto e sedicenti “elites”.

di Salvo Ardizzone

Il Faro Sul Mondo