Set 03, 2022 10:44 CET

Cari amici, vi presento un altro appuntamento con l'arte iraniana, dai tempi della grande Persia fino ad oggi. In ogni puntata cercheremo di raccontare ed approfondire la storia dell'arte iranica.

In questo programma parleremo dell'arte sasanide

All’epoca in cui il padre era il custode del tempio di Anahita ad Estakhr e governava il Fars, Ardashir fu nominato governatore dell’attuale Firuzabad. Per prima cosa, egli fece erigere una solida fortezza sopra una sporgenza rocciosa, nella quale elesse residenza. Oggi la rocca si chiama Qaleh-ye Dokhtar  e dopo di essa costruì una città che chiamò all’inizio Ghur-e Ardashir, nome che cambiò in Shokuh-e Ardashir (‘Splendore di Ardashir’) dopo la vittoria su Artabano. La città si sviluppò su un modello arsacide, cioè a forma circolare. Fuori dalla città, nei pressi di una fonte, Ardashir fece costruire un palazzo di stile arsacide ma con reminiscenze di Persepoli. Il palazzo è costruito con mattoni di pietra non tagliata e malta di calce, rivestiti di gesso. Questo tipo di tecnica costruttiva, ancora oggi utilizzata nel Fars, ha origini locali. Probabilmente, l’uso di mattoni di pietra grezza al posto della pietra tagliata fu dovuto alla scarsità di mezzi materiali di Ardashir, all’epoca semplice governatore per conto di suo padre Babak, che era satrapo del Fars, e privo dei mezzi finanziari per pagare gli scalpellini e le altre maestranze. D’altra parte, Firuzabad è una regione arida con estati molto calde, e la calce serve a mantenere fresco l’interno degli edifici, ragione per cui si tratta di una soluzione ancora oggi in uso nelle aree calde del paese. Formalmente, il palazzo, pur essendo esternamente arsacide, presenta degli elementi consapevolmente achemenidi. In particolare, vi si trovano riuniti due elementi dell’arte achemenide:  l’apadana di Persepoli, i cui portici perimetrali sono trasformati qui in iwan arsacidi, con una cupola che si erge sopra il salone quadrangolare; e  la residenza vera e propria di Ardashir, che comprende delle stanze attorno a un cortile centrale, posto dietro all’apadana. L’iwan di ingresso è molto profondo e sui due lati conduce a quattro sale a pianta rettangolare coperte da volte a botte. Dietro alle sale e all’iwan si aprono tre ambienti a pianta quadrata, il cui lato è lungo quanto la lunghezza dell’iwan, coperte da tre cupole. La sala centrale termina con un iwan più piccolo che si apre su un cortile all’aperto; nell’ala alla destra dell’ iwan è situata una piccola stanza collegata al secondo piano e al tetto da una scalinata. Di fronte all’iwan se ne trova un altro della stessa lunghezza, ma più profondo; intorno al cortile, da entrambe le parti dell’ iwan, si aprono delle stanze rettangolari, con un lato lungo circa il doppio dell’altro. La grandezza della pianta dell’edificio è complessivamente di 55 metri per 104, mentre i muri hanno uno spessore che raggiunge in alcuni punti i 4 metri. La monotonia della superficie dei muri esterni è interrotta da contrafforti quadrangolari che sprofondano nel muro; lo stesso effetto è ottenuto all’interno grazie a delle nicchie di forme diverse che sia aprono sui muri. L’altezza dell’ iwan d’entrata, delle stanze laterali e della sala a cupola era ragguardevole, e probabilmente raggiungeva quella delle residenze a due piani. Le nicchie interne, alcune delle quali culminavano in un arco, erano decorate con un frontale simile ai cornicioni che sovrastavano le finestre del palazzo di Persepoli. Le decorazioni erano di stucco, e alcune sono rimaste fino a oggi  Questo palazzo divenne un modello per quelli sasanidi successivi, edificati a Sarvestan, Bishapur, Madain in altre città. Pur con le modifiche richieste dal passare delle epoche e dalle esigenze dei diversi luoghi, il principio dell’iwan d’ingresso e dell’apadana rimase invariato.

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Bishapur è una città fondata da Shapur I nelle vicinanze di Kazerun – un luogo il cui panorama ricorda quello di Firuzabad – nel Fars, dopo la vittoria su Valeriano, sovrano dell’impero romano d’oriente. La pianta di Bishapur, a differenza di quella di Firuzabad, non è circolare, ma rettangolare come quella delle città greco-romane. Da un lato la città era protetta da bastioni fortificati e fossati, e terminava sulle pendici della montagna, difesa da altre piccole fortezze e da un sistema di mura fortificate e baluardi, mentre sull’altro lato scorreva un fiume. Bishapur significa ‘la bella città di Shapur’, ed era realmente una cittadella imperiale che comprendeva palazzi, templi del fuoco ed edifici politici, amministrativi e militari. Il palazzo di Shapur nella città era costituito da un salone composto da pietre legate con calce, secondo tecniche e procedure che sono tipiche dell’architettura iranica. Le pertinenze del palazzo sono un edificio più piccolo, un tempio del fuoco reale e una sala laterale a base rettangolare. Uno spazio quadrato dal lato di 22 metri forma il supporto per una cupola dall’altezza di 25 metri, attorno alla quale si aprono quattro iwan a tre stanze. Lo spazio al di sotto della cupola è grosso modo cruciforme, e presenta 64 archi ornamentali rivestiti in calce e elementi decorativi vegetali in stucco, colorati in rosso vivo, verde e nero, che riempiono tutto lo spazio tra gli archi. È possibile che maestranze romane e bizantine abbiano contribuito alla costruzione, e soprattutto alla decorazione, del palazzo, poiché come sappiamo, Shapur condusse in patria come prigionieri Valeriano insieme a un gran numero di romani (si dice 70.000). Alcuni dei prigionieri rimasero in Iran, e tra loro c’erano senz’altro artisti, architetti e ceramisti. È altresì possibile che alcuni di questi artisti siano emigrati spontaneamente in Persia per trovare condizioni migliori di lavoro o di retribuzione. Nella parte orientale del salone si aprono tre iwan con annesso un ampio cortile, pavimentato con lastre di pietra, che aveva i margini decorati a mosaico: questo stile forse riproduceva i disegni dei tappeti del periodo e i mosaici rappresentano scene di banchetti. Le donne della corte sono appoggiate morbidamente ai cuscini oppure in piedi con vesti lunghe, corone e mazzi di fiori in mano, altre sono impegnate a confezionare corone e ghirlande. Gli abiti sono greco-romani, così come fondamentalmente lo è il genere del mosaico; nell’arte iranica è raro che sia rappresentata la donna, soprattutto da quando il credo zoroastriano era divenuto religione ufficiale dell’impero.

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