La lettera del martire Qassem Soleimani alla figlia Fatima - 2
TEHERAN - “Mia cara, ho chiesto a Dio di riempire tutte le arterie del mio essere e i miei capillari del Suo amore. Che faccia traboccare la mia essenza del suo amore! Non ho scelto questa starda per uccidere le persone, sul campo non sono capace di vedere che nemmeno a una gallina venga tagliata la testa”.
Si legge nella lettera del generale iraniano, il martire Haj Qassem Soleimani,comandante delle Forze di Quds, il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica dell’Iran, a sua figlia Fatima, riguardo al significato della vita, alla guerra sulla via di Dio e al desideriodel martirio in difesa degli oppressi e dei bambini terrorizzati nel mondo.
“Se ho impugnato le armi è stato solo per oppormi a coloro che uccidono le vite umane, non per uccidere.* Sento di essere come un soldato nella casa di ogni musulmano che si trova in pericolo e desidero che Dio mi dia la forza di difendere tutti gli oppressi del mondo. Non che io voglia offrire la mia vita per il caro Islam, che la mia anima nulla è di fronte ad esso, non per gli sciiti oppressi, che di certo sarebbe un onore, no, no... è invece per quel bimbo spaventato che non ha alcuna protezione e appoggio, per quella donna tremante con un lattante attaccato al petto, e per quel profugo in fuga che si è lasciato alle spalle una scia di sangue, che combatto.
Mia cara io appartengo a quelle forze armate che non dormono e non devono dormire, cosicchè gli altri possano dormire tranquilli. Lascia che la mia tranquillità venga sacrificata per la loro e che dormano in pace. Cara figlia mia, voi nella mia casa vivete al sicuro e con dignità e onore. Cosa dovrei fare io per quella bambina senza protezione alcuna che non ha nessuno che le venga in aiuto e quel bimbo in lacrime che niente... niente possiede e che ha perso tutto ciò che aveva? Quindi voi fate voto di donarmi a lui.* Lasciate che io me ne vada, che me ne vada, che me ne vada. Come potrei restare quando tutti i miei compagni di carovana se ne sono andati e sono rimasto solo io.
Figlia mia, sono estremamente stanco. Sono trent’anni che non dormo, ma non ho più voglia di dormire. Io verso nei miei occhi il sale cosicchè le mie palpebre non si permettano di chiudersi, giammai in un momento di mia disattenzione venisse tagliata la gola a quell bimbo che non ha sostegno alcuno. Quando penso che quella bambina spaventata sei tu, è Narjes, è Zeynab, e quel ragazzo e quel giovane disteso in un mattatoio a cui viene tagliata la testa sono il mio Hoseyn o il mio Reza, cosa ti aspetti da me? Che stia a guardare, che non mi interessi, che faccia il commerciante? No io non posso vivere così”.
Wa assalam alaykum wa rahmat allahi
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