Italia e l'immigrazione: Iran un modello da seguire
L'immigrazione è una tematica complessa ed articolata, che ha riflessi sociali, economici, e forse, prima di tutto, politici.
L'Italia si è trovata ad affrontare negli ultimi anni un afflusso massiccio di persone straniere verso il proprio territorio nazionale, flusso che l'Italia non è stata in grado di controllare e gestire non per mancanza di mezzi ma, invece, per una precisa volontà di determinare l'effetto, per l'opinione pubblica, di una situazione non controllata e non governata.
I flussi migratori si controllano con norme e regole che soddisfino almeno due requisiti: siano certe e all'avanguardia, cioè costruite in prospettiva di un mondo sempre più dinamico ed aperto e non frutto del “correre dietro alle emergenze”.
Orbene, il pilastro fondante dell'impianto normativo in tema di diritto dell'immigrazione è dato dal decreto legislativo n. 286 del 1998.
Tale norma è stata integrata nel tempo da diversi interventi normativi i quali se, da un lato, hanno lasciato inalterato la struttura fondante dell'originario impianto normativo, dall'altro, hanno introdotto via via restrizioni e limitazioni ai diritti dei cittadini stranieri.
Vi è da chiedersi, pertanto, come sia possibile che nel 2020 il fenomeno dell'immigrazione possa ancora essere normato da un testo legislativo che nella sua struttura fondamentale risale al 1998, quando il mondo era completamente diverso e distante da quello che noi oggi conosciamo.
La risposta a questo interrogativo sta nella volontà di non cambiamento unita all'esigenza di coartare ed imporre ai cittadini stranieri un sistema di sfruttamento e vessazione teso al profitto ed al vantaggio in favore dei nuovi e vecchi padroni.
Eppure l'Italia, membro fondatore dell'Unione Europea, membro del G7 e del G20, eletta 7 volte nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU come membro non permanente (1959-1960, 1971-1972, 1975-1976, 1987-1988, 1995-1996, 2007-2008, 2017), membro per due mandati del Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU (2007 – 2009, 2011 – 2014) solo apparentemente dimostra di rispettare quei “diritti umani” di cui tante volte ha ritenuto di ergersi a tutela.
In questo l'Italia risente dell'influenza negativa della cultura anche giuridica degli Stati Uniti, paese nel quale un appartenente ad una minoranza etnica, per il solo fatto di appartenere ad essa, può correre il rischio di essere ucciso dalla polizia.
E' arrivato il momento di uno slancio, di una proiezione “oltre” quello che sono stati i “blocchi” che hanno sembrato dividere il mondo fino ad oggi.
L'Italia deve avere il coraggio e l'umiltà di apprendere e confrontarsi con contesti nuovi rispetto a quelli conosciuti fino ad ora, in modo da approvvigionarsi a visioni alternative si da trarne una sintesi rispetto alle dinamicità proprie del mondo di oggi.
Uno sguardo all'Iran potrebbe fornire dei validi spunti di riflessione, ove si consideri – ad esempio - come l'UNHCR abbia riportato che l'Iran “è stato per decenni uno dei Paesi leader su scala mondiale nell’assicurare accoglienza ai rifugiati e attualmente ospita un milione di rifugiati registrati provenienti dall’Afghanistan” che l'Iran “costituisce un esempio per quanto concerne l’inclusione dei rifugiati nei servizi nazionali”.
Ecco perchè è necessario un percorso che conduca ad una riforma seria della normativa in materia d'immigrazione e, in particolare, verso un Codice di Diritto dell'Immigrazione.
Un Codice che sia di respiro internazionale e che, facendo proprie le positive esperienze come quella citata, si proietti verso il futuro.
Avv. Fabio Loscerbo