Il gas del Mediterraneo dietro gli scontri nel Levante
Dietro lo scontro geopolitico in atto nel Levante ci sono le recenti scoperte di gas nel Mediterraneo; si tratta di giacimenti immensi, il cui sfruttamento è in grado di orientare, o quantomeno influenzare, le politiche delle potenze rivierasche e dei tanti attori interessati a quelle enormi risorse.
È una realtà di cui si parla assai poco e che i media evitano di mettere sotto i riflettori, ma, piaccia o no, sono interessi immensi capaci di pesare sulle scelte dei Governi con le montagne di denaro mosse dalle Mayor che possono controllare quel gas, e l’indiscusso interesse di ogni Stato a utilizzare quelle risorse energetiche.
Negli ultimi anni c’è stato un continuo crescendo di scoperte di gas nel Mediterraneo: nelle acque egiziane il giacimento Zohr, il più grande; dinanzi a Israele il Tamar e il Leviathan; a Cipro l’Afrodite, ma, a detta degli esperti, i fondali del Levante promettono nuove scoperte. Al momento il bacino conta riserve provate di 3.500 miliardi di metri cubi (bcm) e stimate di 10mila bcm; una massa enorme capace di stravolgere i mercati e tutte le attuali politiche energetiche non solo nel bacino del Mediterraneo ma nell’intero quadrante, Ue, Africa e vasta parte dell’Asia incluse.
Ma il gas, a differenza del petrolio, ha bisogno d’infrastrutture per arrivare ai mercati e di investimenti enormi che lo interconnettano alle reti esistenti; di qui la necessità di accordi di lungo periodo fra gli Stati e la definizione di strategie complesse, il cui fallimento può costare carissimo.
Come detto, l’Egitto può contare sul più grande giacimento di gas nel Mediterraneo scoperto dall’Eni, un’enorme risorsa che in futuro può garantirgli l’autosufficienza energetica oltre che la possibilità di ottenere valuta pregiata dalla sua vendita e peso politico scambiandolo.
L’Eni, saggiamente, cosciente della debolezza politica dell’Italia, ha dato spazio ai russi cedendo a un prezzo generoso parte dei diritti sul giacimento; tuttavia mantiene comunque una posizione centrale che in qualche modo tiene anche Roma nel grande risiko che è in corso su quelle risorse (e detto per inciso, nello sciagurato “affaire Regeni” non è estranea la mano di chi voleva tagliarla fuori dai giochi).
Per Israele e Cipro la questione è più complessa, e la soluzione più interessante passa per la Turchia con tutto ciò che comporta in termini politici. In realtà le soluzioni sul tappeto sono tre; la connessione ai terminali egiziani e da lì a quelli italiani ed europei è l’opzione più immediata e fattibile che punta a sfruttare le infrastrutture egiziane di liquefazione del gas, e non a caso entrambi i Paesi hanno già stretto accordi con il Cairo.
Tuttavia, questa prima soluzione, necessariamente parziale e subordinata all’Egitto, non ne preclude altre due: la connessione con la Turchia attraverso un gasdotto di 600 Km su fondali poco profondi e la connessione con l’Italia attraverso una pipeline di 1900 km di cui 1300 sottomarini. Malgrado uno studio di pre-fattibilità in corso da parte del consorzio Poseidon (con Edison in primo piano), è evidente che sia la prima di queste opzioni quella più credibile anche perché permetterebbe al flusso di gas di interconnettersi alla rete di gasdotti già esistenti ed in progetto che farà della Turchia un hub gasiero strategico per l’Europa.
Ed è questo il punto, il fatto che la Ue, o per meglio dire l’Europa nel suo complesso, è il mercato di riferimento con i suoi 350 bmc/anno di importazioni che possono rapidamente salire oltre i 400 non solo per l’attenuarsi della crisi, ma anche per il progressivo esaurimento della produzione di Norvegia, Regno Unito e Olanda, determinando una domanda addizionale valutata fra i 40 e i 60 bcm/anno.
Il gas nel Mediterraneo, con il suo sostanzioso apporto, renderebbe inutile il raddoppio del North Steam 2, diminuendo il potere contrattuale energetico della Russia ed incrementando il peso di Israele in tutta l’area. Per questo Mosca è entrata pesantemente in quell’area ipotecando il controllo di molti giacimenti, e per la medesima ragione è più che mai interessata alla realizzazione e gestione della rete di pipeline in Turchia; per la Russia importa relativamente se il gas che vi passa verso l’Europa provenga dalla Siberia o dal Mediterraneo purché sia in qualche modo proprio.
Tuttavia, tutti i progetti che riguardano il gas nel Mediterraneo, necessariamente di lungo periodo e assai costosi, scontano il problema dell’attuale instabilità della regione e più che mai l’incognita delle relazioni con la Turchia, alle prese con una serie di crisi interne ed esterne che potrebbero sfociare in improvvisi voltafaccia, come già più volte accaduto.
Sia come sia, attorno al gas nel Mediterraneo si sta giocando una partita di portata colossale destinata a incidere profondamente sugli equilibri futuri della regione e sugli orientamenti politici; una partita che, come sempre, vede l’Europa non pervenuta e l’Italia, che assai più di altri potrebbe esserne protagonista, semplicemente assente. O più semplicemente a rimorchio degli altri a discapito dei propri interessi.
di Salvo Ardizzone
Il Faro Sul Mondo