Yemen: i sauditi lasciano la guerra a mercenari sudamericani
(last modified Sun, 28 Jan 2018 07:33:13 GMT )
Gen 28, 2018 08:33 Europe/Rome
  • Yemen: i sauditi lasciano la guerra a mercenari sudamericani

In quasi tre anni d’aggressione contro lo Yemen, l’Arabia Saudita ha tentato di tutto per piegare la Resistenza Houthi:,..

bombardamenti, blocco aeronavale, tentativi di destabilizzazione politica e massicci attacchi da terra.

Ma l’aggressione non ha avuto successo, al contrario, l’Ansarullah, il movimento rivoluzionario yemenita, forte di un accresciuto consenso popolare, ha ribattuto colpo su colpo giungendo a minacciare Riyadh coi missili di propria produzione, costringendo i sauditi a cercare una via d’uscita quel pantano sanguinoso.

Un recente rapporto della statunitense Msnbc ha documentato che l’Arabia Saudita sta perdendo la guerra in Yemen e che il suo Esercito ha subito rovesci clamorosi, passati sotto silenzio dai media.

Secondo il rapporto, Riyadh nasconde le sue perdite in battaglia che stando a varie fonti riservate ammontano da 10 a 20 caduti al giorno con molti più feriti o mutilati. A queste vanno aggiunte le ingenti perdite di materiali: carri, blindati, elicotteri, aerei e numerose unità navali.

Le pesanti perdite che continuano a subire inutilmente in Yemen, unite a un crescente peso sulle casse dello Stato, hanno reso chiaro alle autorità saudite che non possono continuare su questa via, pena il disastro. Per questo Riyadh avrebbe deciso di ritirare il grosso delle proprie truppe sul campo e sostituirle con forze mercenarie reclutate fra militari in pensione sudamericani.

In realtà, i sauditi hanno utilizzato fin dall’inizio combattenti mercenari reclutati fra gli Eserciti di Paesi vicini (come il Senegal o il Sudan), fra le milizie del Corno d’Africa e dello stesso Yemen, disposte a tutto per una manciata di dollari, e perfino fra i contractors dell’Academi, l’ex Blackwater; ma si trattava di supporti ai propri reparti.

 

Adesso l’Arabia Saudita intende costruire un intero esercito mercenario a cui affidare la guerra in Yemen, reclutandolo fra ex militari sudamericani, pagando fra i 4mila e i 5mila dollari al mese elementi che al momento ricevono circa 250 dollari dai propri Paesi.

Secondo il rapporto di Msnbc, Riyadh intende reclutare almeno 10mila mercenari che sostituiscano le proprie truppe; in pratica un ritiro non dichiarato dallo Yemen, un teatro rivelatosi troppo duro per le impreparate forze saudite.

Secondo il concorde giudizio degli analisti, i tentativi di “privatizzare” la guerra segnalano la crescente precarietà della posizione di Ryadh in Yemen; essa viene in particolare minata dalle divisioni emerse con gli Emirati Arabi Uniti, non più ritenuti un alleato affidabile.

Dopo aver iniziato la guerra insieme, le loro posizioni si sono ampiamente divaricate: Abu Dhabi ha proprie mire sulla regione e sul vicino Corno d’Africa, programmi che collidono o quantomeno si distaccano fortemente da quelli di Riyadh, e non ha alcuna intenzione di seguirla nella sua avventura, preferendo perseguire i propri interessi, che puntano ad una spartizione dello Yemen, al limite lasciando il Nord agli Houthi.

 

Per questo gli Emirati si sono opposti al ritorno ad Aden di Maunsour Hadi, l’ex Presidente fuggitivo, fantoccio dei sauditi. Le organizzazioni separatiste del Sud sostenute da Abu Dhabi, riunitesi nella città portuale, con la scusa della lotta alla corruzione hanno giurato di rovesciare il Governo di Hadi, costringendo l’ex Presidente a rimanere in Arabia Saudita.

Alla luce di quanto detto, gli sviluppi indicano una netta sconfitta militare, politica e persino finanziaria dell’Arabia Saudita nel conflitto yemenita. Se a questo si aggiungono le crescenti minacce portate dalla Resistenza Ansarullah ben dentro i confini sauditi e la frattura con gli Emirati, il bilancio è catastrofico.

Il quadro descritto costringe Riyadh a cercare una via d’uscita onorevole dallo Yemen e i 10mila mercenari sudamericani sarebbero lo strumento per permettere suo il ritiro dai fronti di guerra. Essi permetterebbero di ridurre drasticamente le perdite di militari sauditi e stornerebbero la responsabilità della sconfitta che si delinea dall’Esercito e dai suoi vertici.

È ovvio che l’operazione non è che un tentativo per coprire il disastro di un’avventura criminale, e l’Arabia Saudita ne uscirebbe comunque sconfitta e drasticamente ridimensionata politicamente.

Restano le immani sofferenze inflitte a un Popolo che non si è voluto piegare all’aggressione, ma resta anche il successo (e l’esempio) della Resistenza yemenita, che ha saputo stringere attorno a sé un Paese, combattendo per la sua libertà.

di Salvo Ardizzone

Il Faro Sul Mondo