Lo scontro Trump e Cina
- Il ciclone Donald Trump si abbatte su Pechino, con le durissime accuse del tycoon che scuotono il Palazzo di Vetro di New York dove a distanza di pochi minuti è andato in scena un vero e proprio duello con il presidente cinese Xi Jinping.
In un discorso-lampo che per la brevissima durata ha sorpreso un po' tutti, Trump ha usato parole di fuoco e invitato l'Onu a “ritenere responsabile” il gigante asiatico per la diffusione della pandemia, per quella piaga, quel “nemico invisibile” che ha infettato il mondo intero e che il tycoon è tornato a chiamare “China virus”. Una definizione sprezzante usata per la prima volta non durante un comizio elettorale, ma di fronte a una platea mondiale. Questo nel giorno in cui l'America piange oltre 200mila morti a causa del Covid-19.
Pechino non ci sta. “Accuse infondate”, è stata la replica del leader cinese, che a sua volta ha sferzato il presidente americano accusandolo di voler “politicizzare” l'emergenza sanitaria esclusivamente in chiave elettorale, a quaranta giorni dall'Election Day: “Un tentativo che deve essere stigmatizzato e respinto”, ha affermato Xi, invitando la comunità internazionale a “rifiutare ogni sorta di unilateralismo e protezionismo” e ad affrontare invece la pandemia “uniti e seguendo la scienza”, con l'Organizzazione mondiale della sanità (accusata da Trump di essere un burattino nelle mani di Pechino) che deve continuare a svolgere un ruolo guida.
Insomma, parole dall'una e dall'atra parte che non stemperano le crescenti tensioni, col segretario generale dell'Onu Antonio Guterres che ha lanciato il drammatico appello ad evitare “una nuova Guerra Fredda” tra le due potenze mondiali, i due Paesi che sono i principali finanziatori delle Nazioni Unite. Se si verificasse la “Grande Frattura”, come l'ha definita Guterres, a rischio sarebbe la stessa esistenza dell'organizzazione che per 75 anni ha garantito la pace nel mondo. “Nessuna guerra calda o fredda, e nessuna intenzione di innescare uno scontro di civiltà”, ha assicurato Xi, che come Trump e gli altri leader è intervenuto con un video preregistrato. Alle sue spalle un quadro raffigurante la Grande Muraglia, mentre sullo sfondo del tycoon la Casa Bianca.
Quest'ultimo in appena sette minuti ha nominato la Cina per ben 11 volte, accusandola tra l'altro di inquinare il mondo: “Coloro che attaccano l'America sulle politiche ambientali ignorano il crescente inquinamento causato dalla Cina. Gettano plastica negli Oceani, sfruttano in maniera eccessiva la pesca ed emettono più mercurio tossico di ogni altro Paese”, ha tuonato il presidente statunitense. “Invece - ha aggiunto - vogliono punire solo l'America. Ma non lo permetterò”.
Intanto i vertici dell'Onu tirano un sospiro di sollievo: temevano un affondo durissimo da parte del tycoon dopo le dure prese di posizione della Casa Bianca contro l'Organizzazione Mondiale della sanità, l'Organizzazione mondiale per il commercio, l'Unesco ed altre agenzie delle Nazioni Unite a cui gli Usa hanno minacciato di tagliare i fondi. Invece Trump si è limitato a invitare l'Onu a “concentrarsi sui reali problemi del mondo”. E, a parte un accenno all'uscita degli Usa dall'accordo sul nucleare iraniano, nessuna parola di Trump sullo scontro con Teheran, il giorno dopo l'annuncio delle nuove sanzioni Usa.
Qualche ora prima il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif aveva affermato che il suo è pronto a uno scambio di tutti i prigionieri con gli Usa. “Per il mondo è il momento di opporsi al bullismo, la nazione iraniana non si arrenderà”, ha invece dichiarato il leader di Teheran Hassan Rohani, definendo le sanzioni Usa una violazione della Carta dell'Onu. Mentre il presidente francese Emanuel Macron ha ribadito che proprio sulle sanzioni Usa l'Europa non è disposta a scendere a compromessi ed è più che mai intenzionata a lavorare per la piena attuazione dell'accordo sul nucleare iraniano del 2015.
E nel giorno degli uomini forti sono intervenuti nel corso dell'Assemblea generale dell'Onu anche lo zar del Cremlino Vladimir Putin (non accadeva dal 2015), il rais turco Recep Tayiip Erdogan, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, il leader filippino Manuel Duterte, detto il Trump dei Tropici. “Il populismo e il nazionalismo hanno fallito”, il monito che gli ha dedicato Guterres, che ha invitato tutti a non ignorare il campanello d'allarme della pandemia
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