Nicaragua torna alle urne dopo tentato golpe 2018
La Paz - Il 7 novembre, il Nicaragua tornerà alle urne. Sarebbe insufficiente spiegare l'appuntamento con ...
le urne come fosse solo un'elezione, perché non lo è. Certo, certifica il grado di consonanza politica con il Sandinismo, al potere da 14 anni, ma non è solo una celebrazione del rito fondamentale della democrazia, l'appuntamento ricorrente con la verifica popolare del governo e dei partiti. No, non è un'elezione come le altre. Il prossimo 7 novembre in Nicaragua è una data in cui si certifica molto più di un bilancio, è un voto che acquista un valore contestuale e prospettico: è, senza alcuna enfasi, una data con la storia.
Giovan Battista Vico aveva ragione, la storia è fatta di corsi e ricorsi. Anche da questa parte dei tropici la storia continua a ripetersi, proponendo ciclicamente l'inconciliabilità tra indipendenza e annessionismo, sottolineando l'insormontabile distanza tra ricette e progetti opposti: tra la guerra alla povertà o la guerra ai poveri, tra la riduzione o l'allargamento del divario sociale, tra l'universalizzazione dei diritti per tutti o l'affermazione dei privilegi di pochi, tra cittadini o consumatori, tra sviluppo orizzontale o arricchimento riservato alle élite.
Questa divisione, chiara e visibile in qualsiasi momento, è stata il cuore pulsante della politica nicaraguense. Più di prima, gli anni successivi alle ultime elezioni sono stati caratterizzati dall'esistenza di due opzioni politiche opposte, non solo diverse, nel paese. Da un lato quella sandinista, prodotto della guerra di liberazione dalla dittatura di Somoza e del processo rivoluzionario degli anni '80, poi ripreso con maggiore forza nella sua seconda fase di attuazione, iniziata nel 2007. È un modello socio-politico ancorato alla premessa dell'indipendenza e della sovranità nazionale, e che vede nel sistema multipartitico, nell'economia mista e nel modello socialista di distribuzione della ricchezza, il quadro ideologico su cui basarsi. E vede la solidarietà come uno strumento per livellare le disuguaglianze e non come un atto caritatevole estemporaneo.
Dall'altra parte, c'è il liberalismo, che ha nel turbocapitalismo il suo legame socio-culturale, che tiene insieme il latifondo, le gerarchie ecclesiastiche e i golpisti. È una dottrina inestricabilmente legata a una concezione di classe dell'organizzazione sociale e politica dello Stato e della società, alla visione di un paese con un destino coloniale manifesto. Convinti che ogni forma di dignità pubblica sia una minaccia per l'establishment, credono religiosamente in un modello che vede la sua ricetta di sopravvivenza nella struttura di dipendenza economica e politica e nella sottomissione militare e culturale al gigante del Nord. Praticamente una versione endogena della Dottrina Monroe.
Polemiche fuorvianti e infondate hanno accompagnato l'indagine della giustizia nicaraguense su un'organizzazione criminale che ricicla denaro e organizza un nuovo tentativo di colpo di stato in risposta all'inevitabile vittoria del FSLN. I proprietari terrieri rimasti e gli improbabili leader improvvisati, che sono stati sandinisti per dieci anni e anti-sandinisti per il resto della loro vita, hanno aggiunto la vergogna alla loro sconfitta personale e politica. Sono stati abbandonati dagli uomini d'affari che, dopo il conflitto armato, si sono resi conto della loro inconsistenza politica e sono stati respinti da tutte le alleanze elettorali, che ne hanno capito la loro natura divisiva e quindi non hanno mai proposto unità o collaborazione, respingendone le ambizioni .
Così i terroristi hanno convenientemente scelto di ritirarsi dalla competizione elettorale. Il magro due per cento attribuitogli sarebbe stato difficile da conciliare con la storia degli "insorti del popolo". E, inoltre, chiedere alla comunità internazionale di non riconoscere il risultato elettorale presentando solo il due per cento dei consensi, avrebbe trasformato la narrazione dei presunti brogli in un momento di ilarità generale. Quindi i terroristi non saranno tra i candidati e non ci saranno candidati tra i terroristi. Una buona premessa per un voto democratico.
Per la prima volta si torna alle urne dopo il tentato golpe dell'aprile 2018, quando il Nicaragua venne scosso da una violenza feroce e inconcepibile che tenne il paese nel terrore per tre mesi. Furono mesi di orrore, con l'impresa privata che cercò di divorare il paese e la gerarchia ecclesiastica che fece da spalla ai criminali, guidandoli, proteggendoli e aiutandoli mentre fingeva di mediare nel conflitto. Il bilancio fu tragico: 1800 milioni di dollari di danni all'economia, più di sessanta morti tra le file del FSLN assassinati in imboscate, più di 20 poliziotti uccisi, torture e violenze sessuali, assalti alle case dove vivevano i sandinisti; ambulanze, centri sanitari, case private e sedi istituzionali date alle fiamme in un'esplosione di luddismo drogato.
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Fonte: https://www.altrenotizie.org/
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