L'Occidente censura i media russi. Come si scrive la censura?
WASHINGTON - Il primo atto delle sanzioni occidentali contro Mosca come risposta all’inizio dell’operazione militare speciale in Ucraina, ...
è entrato in vigore dal 3 Marzo 2022, quando i media russi, come Russia Today e Sputnik, sono stati bloccati in tutto il territorio dell’Unione Europea oltre che negli USA. Una evidente connessione sentimentale con il governo di Kiev, che anche senza guerra aveva chiuso 11 partiti, due televisioni e una radio per “sospette simpatie russe” e proibito l’uso del russo come lingua ufficiale (in un paese dove una buona quota della popolazione è russofona).
I media russi, attraverso la sede di Russia Today in Francia, avevano deciso di ricorrere al Tribunale europeo contro la decisione che viola il principio europeo della libera circolazione delle idee e che applica una censura contraria a tutte le norme che regolano internazionalmente il libero accesso alle informazioni.
Da parte russa non c’era nessuna illusione circa l’esito del ricorso, ma dal punto di vista politico l’idea di provocare una reazione imbarazzata e imbarazzante che racconta l’ipocrisia europea è stata vista come occasione da cogliere.
E infatti così è stato. Il Tribunale della UE ha stabilito che questo “divieto temporaneo” “non mette in discussione la libertà di espressione in quanto tale” contrariamente a quanto sancito dai media russi. Nella sua decisione, il tribunale Ue ha sostenuto in particolare che tali misure, “purché temporanee e reversibili, non ledano in modo sproporzionato il contenuto essenziale della libertà di impresa di RT France”.
Il tribunale ritiene altresì che “le restrizioni di RT France alla libertà di espressione sono proporzionate, in quanto appropriate e necessarie agli obiettivi perseguiti”, vale a dire impedire la “propaganda” a sostegno della “aggressione militare dell’Ucraina da parte della Federazione Russa” durante “le trasmissioni trasmesse in televisione e su Internet da un mezzo interamente finanziato dallo Stato russo”.
Questo dell’assetto proprietario è un elemento insistente nelle motivazioni, ma la proprietà governativa non può in nessun caso rappresentare un surplus di colpa per i media sanzionati e sarebbe il caso di ricordare che tutte le catene radio-televisive più importanti d’Europa sono di proprietà dei rispettivi governi. Dunque si accusa la Russia di fare ciò che fa l’Europa, ovvero mantenere i propri media pubblici.
Quanto alla propaganda, è evidente come il termine sia usato solo per gli avversari e faccia parte della guerra terminologica con la quale gli avvoltoi si presentano come passeri. Dalla codificazione di una terminologia corrispondente ai messaggi che apertamente o in forma subliminale si intende veicolare, comincia il bombardamento mediatico destinato a rivoltare il reale con la versione artefatta dello stesso.
La verità occidentale filtra del resto da ogni rigo. Insomma, i media europei fanno informazione, mentre in Russia fanno propaganda. Gli europei sono imprenditori e i russi oligarchi. Le monarchie europee sono democratiche mentre la democrazia russa è autarchia. I limiti di parola nella UE sono misura garantista, mentre in Russia sono censura. Le stesse misure per la UE sono sicurezza, per la Russia sono repressione. E, da aggiungere, il teatro dei russi è la guerra, quello degli ucraini è la resistenza, e i russi non si ritirano, vengono respinti.
Come si vede la sentenza è una dichiarazione di campo, nulla ha a che vedere con l’interpretazione e l’applicazione del Diritto. Anzi a leggerne il significato sembra volersi confermare l’assunto secondo cui la legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta. La decisione del Tribunale UE è infatti un atto politico, un modo per tentare di sostenere con le vesti del Diritto le scelte ideologiche di Bruxelles, che sono prodotto di una guerra ideologica, militare, commerciale e politica dell’atlantismo contro i paesi che non fanno parte della NATO.
Che il diritto alla censura sia rivendicato politicamente e giuridicamente da chi fuori dalla UE si erge a paladino della libertà di stampa negli altri paesi, fa parte dei paradossi dell’impianto ideologico atlantista. Il Parlamento europeo, amena conventicola di nullo spessore, emette condanne alla censura di tutti mentre esso stesso censura e questo spiega l’assenza di ogni decenza giuridica, sacrificata sull’altare dell’obbedienza dovuta alla NATO.
Si potrà obiettare che è comunque una sentenza di una autorità giurisdizionale, però non si può certo dire di essere di fronte ad una fonte autorevole del Diritto internazionale. Il Tribunale, infatti, insieme alla Corte di Giustizia è uno dei due organi che compongono il sistema giurisdizionale dell'Unione Europea, ossia la sua Corte di Giustizia. Ma la sua autorevolezza sul piano del Diritto esibisce dei limiti piuttosto evidenti, vista la subordinazione de facto alle decisioni politiche dell’Unione Europea.
Non per caso le sue sentenze sono sempre in linea con le decisioni politiche della Commissione Europea come delle altre istituzioni facenti capo alla UE. E non potrebbe essere altrimenti, a meno di non voler indicare le decisioni di Bruxelles e Strasburgo come contrarie al Diritto Internazionale. Non a caso, anche quando lo sono, come nel caso delle sanzioni che colpiscono 30 Paesi o delle misure restrittive unilaterali, illegittime ed illegali, che riguardano Cuba, Nicaragua e Venezuela, il Tribunale tace e acconsente.
Eppure sono sanzioni e restrizioni che violano norme del Diritto Internazionale e la Carta delle Nazioni Unite; contravvengono i regolamenti del WTO e gli accordi internazionali a tutela degli investimenti che la stessa UE ha sottoscritto e ispirato. Va da sé, quindi, che questa interpretazione utilitaristica e strumentale del Diritto non può essere confusa con il Diritto Internazionale in quanto tale, che vive di luce propria, indifferente ai calcoli politici ed è frutto di un orientamento giuridico non sottoponibile alla volontà politica di nessuna istituzione politica, nazionale o internazionale che sia.
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