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Dove né la donna è donna, né l’uomo è uomo
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Disordine di genere
Pars Today – L’Occidente, con la pretesa di affermare l’uguaglianza tra donna e uomo, ha spinto la società fino al limite del disordine di genere e persino del capovolgimento dei ruoli femminili e maschili.
Secondo quanto riferisce Pars Today, negli ultimi anni è stata più volte avanzata l’idea che la cultura occidentale sia diventata eccessivamente «femminile»; un’idea che attribuisce l’indebolimento degli uomini, la crisi della famiglia e le ipersensibilità sociali estreme all’aumento dell’influenza della femminilità. Tuttavia, un’analisi pubblicata nella rivista The Federalist propone una prospettiva diversa: il problema principale non è la femminilizzazione della cultura, bensì la «disintegrazione della vera femminilità» e «l’indebolimento della mascolinità». La società non sta acquisendo caratteristiche più femminili, sta invece perdendo entrambi i poli, sia femminile sia maschile, e questo porta a una forma di inversione e confusione dei ruoli.
Il primo segnale di questa disintegrazione è la crisi diffusa della natalità. Le statistiche citate nell’articolo mostrano che una parte significativa delle giovani donne americane non ha alcun desiderio di avere figli. Se la cultura fosse davvero diventata femminile, questo impulso naturale alla maternità e alla continuità generazionale non potrebbe essersi indebolito a tal punto. La femminilità, nel suo senso naturale e storico, è sempre stata associata all’educazione e alla maternità. Quando questo impulso scompare o si capovolge su larga scala, non si può affermare che la società sia diventata più femminile; bisogna piuttosto riconoscere che la «femminilità è stata rimossa dal centro della cultura».
Anche nella cultura popolare si osserva un’immagine della donna che, in realtà, non ha alcuna relazione con la femminilità classica. Un esempio evidente è il comportamento di alcune donne famose e delle sostenitrici di Trump che, durante le elezioni, hanno dato vita a una sorta di gara nell’indossare abiti stretti, attillati e vistosi per attirare l’attenzione dei media. Queste esibizioni, riportate sia dalle riviste liberali sia da quelle conservatrici, anziché esprimere femminilità, sono segno di mercificazione e della trasformazione del corpo femminile in uno strumento di visibilità. In un simile contesto, i criteri tradizionali di decoro, pudore e riservatezza, parti integranti della femminilità, vengono spinti ai margini e sostituiti da esibizionismo e clamore mediatico.
Secondo l’autore dell’articolo, questa tendenza non riguarda solo le celebrità; perfino le famiglie americane che difendono i ruoli di genere tradizionali e si considerano legate a valori classici, spesso si piegano inconsapevolmente alla cultura dominante dimenticando il senso del pudore. Anche le adolescenti di queste famiglie appaiono con abiti molto corti o attillati, senza che si rifletta sulla contraddizione tra ciò che si afferma e ciò che si pratica. Questa situazione mostra che la cultura dominante proietta la propria ombra persino sulle famiglie più conservatrici.
Un altro aspetto rilevante nell’analisi di The Federalist è l’indifferenza della società nei confronti dei bambini. Nella cultura attuale, i bambini, invece di essere al centro della famiglia e delle politiche sociali, vengono spesso percepiti come un ostacolo alla libertà individuale. Questa visione è totalmente in contrasto con la femminilità naturale, fondata sulla cura, sulla protezione e sulla centralità del bambino. Una cultura che trascina i bambini ai margini della vita, cultura che svaluta inevitabilmente anche la femminilità, poiché una parte fondamentale dell’identità femminile è definita dalla maternità.
In questo contesto, la radice della crisi diventa evidente: «i ruoli si sono capovolti». Le donne vengono incoraggiate a comportarsi come gli uomini: competitive, egocentriche e irresponsabili agli impegni a lungo termine; mentre gli uomini vengono indirizzati verso modalità di comportamento in cui stabilità, direzione e senso di responsabilità maschile risultano indeboliti. Questa situazione, invece di rendere la società più femminile, provoca la disgregazione di entrambi i sessi. L’analisi di The Federalist definisce questo fenomeno «disordine di genere»: una cultura che non è né maschile né femminile, ma sospesa in mezzo, svuotata di entrambe le identità.
In definitiva, il problema non è un eccesso di femminilità, ma piuttosto una «carente femminilità e una carente mascolinità». Le donne di oggi sono meno legate rispetto al passato alla loro femminilità naturale e gli uomini sono meno dotati della solidità maschile di un tempo. Il risultato di questa doppia mancanza è una generazione di uomini disorientati e donne ansiose; una generazione in cui le famiglie sono fragili, le relazioni instabili e le identità confuse.
Comprendere che la società occidentale non è diventata più femminile, ma è stata svuotata di femminilità, è la chiave per reinterpretare molte delle attuali crisi culturali.