Il più grande spettacolo d'Europa rischia di crollare
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Pars Today - Il boicottaggio dell'Eurovision da parte di Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia per protestare contro la presenza di Israele rappresenta ora una minaccia diretta al modello di bilancio e di fatturato della competizione; un evento che genera centinaia di milioni di euro di fatturato ogni anno.
(last modified 2025-12-08T08:45:35+00:00 )
Dic 08, 2025 08:58 Europe/Rome
  • Un gruppo che si esibisce all'Eurovision Song Contest
    Un gruppo che si esibisce all'Eurovision Song Contest

Pars Today - Il boicottaggio dell'Eurovision da parte di Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia per protestare contro la presenza di Israele rappresenta ora una minaccia diretta al modello di bilancio e di fatturato della competizione; un evento che genera centinaia di milioni di euro di fatturato ogni anno.

L'Eurovision Song Contest, che per anni è stato considerato il più grande evento televisivo non sportivo in Europa, si trova in uno dei momenti più critici dei suoi settant'anni di storia; una crisi che, nonostante l'aspetto musicale e di intrattenimento del programma, ha radici completamente politiche ed economiche. Secondo Pars Today, citando Fars, la decisione dell'Unione Europea di Radiodiffusione (EBU) di mantenere la presenza di Israele alla luce dei crimini di guerra a Gaza e delle diffuse critiche al comportamento del regime è ora diventata una cortina fumogena per la competizione stessa e ha causato un riassetto finanziario senza precedenti.

L'Eurovision ha un ruolo in Europa che va oltre la semplice competizione canora. Vi partecipano le reti televisive pubbliche degli stati membri dell'Unione Europea di Radiodiffusione (EBU); In altre parole, i "partecipanti" non sono cantanti, ma reti nazionali.

Pagando un certo contributo finanziario, ogni rete svolge un ruolo nella competizione e acquisisce il diritto di trasmettere e partecipare alla selezione del rappresentante del proprio paese. In parole povere, l'Eurovision è un progetto televisivo congiunto tra 40 paesi, i cui costi sono coperti dal bilancio delle reti pubbliche, dalle sponsorizzazioni e dalla vendita dei diritti di trasmissione.

Questa complessa struttura ha causato il ritiro di diversi paesi, soprattutto di quelli più grandi, infliggendo un duro colpo all'equilibrio finanziario del programma; cosa che sta accadendo ora.

La storia è iniziata quando quattro paesi europei - Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia - hanno annunciato giovedì scorso che non avrebbero partecipato al prossimo Eurovision Song Contest a causa del rifiuto dell'Unione Europea di Radiodiffusione (EBU) di escludere Israele.

Questa decisione non è solo uno shock mediatico, ma anche una minaccia diretta al bilancio della competizione, poiché alcuni di questi paesi sono tra i maggiori finanziatori dell'Eurovision.

La sola Spagna contribuisce al concorso con oltre 330.000 euro all'anno, una somma che dovrebbe essere ripartita tra gli altri paesi in caso di ritiro, in un momento in cui molti governi europei sono alle prese con crisi di bilancio e pressioni inflazionistiche.

Gli esperti di media europei hanno avvertito che la riduzione del numero di paesi partecipanti si traduce in un minor pubblico, meno sponsor e un calo del valore pubblicitario del concorso. L'Eurovision ha attirato circa 160 milioni di spettatori negli ultimi anni, ma il ritiro dei paesi principali potrebbe ridurre questo numero di milioni, un calo che minaccerebbe direttamente i ricavi commerciali del concorso.

Ma la crisi non è solo finanziaria; la sua narrazione racconta anche una storia di profonde divisioni politiche. Molte reti televisive europee, in particolare l'Irlanda, hanno chiarito che continueranno a partecipare al concorso mentre "Gaza continua a sacrificarsi".

Alcune reti hanno anche accusato gli organizzatori di essere influenzati da pressioni politiche e lobby israeliane e hanno messo in dubbio la presunta "neutralità" del concorso.

Al contrario, il regime sionista e l'emittente statale "Kan" hanno definito le critiche un "boicottaggio culturale" e sostengono che l'esclusione di Israele sia una politicizzazione del concorso; molti critici, invece, ritengono che la politicizzazione dell'Eurovision sia stata attuata proprio da Israele e dai suoi sostenitori, non dai paesi che protestano.

Ora, si aumentano anche le preoccupazioni del paese che ospiterà prossimamente l'evento, cioè l'Austria. Il direttore dell'emittente ORF ha annunciato che il ritiro di diversi paesi comporterà un "significativo onere finanziario" e renderà la situazione di bilancio del concorso ancora più difficile.