Terremoto: Charlie Hebdo fa infuriare l’Italia
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Il settimanale satirico francese pubblica una vignetta che scatena l’ira degli italiani (e il biasimo di altri europei) sui social network.
(last modified 2024-11-17T06:24:12+00:00 )
Set 02, 2016 20:15 Europe/Rome
  • Terremoto: Charlie Hebdo fa infuriare l’Italia

Il settimanale satirico francese pubblica una vignetta che scatena l’ira degli italiani (e il biasimo di altri europei) sui social network.

«Sisma all’italiana: penne al pomodoro, penne gratinate, lasagne». Dove le prime sono un uomo cosparso di sangue, le seconde una donna coperta di sangue e detriti e la terza strati di macerie «ripiene» di corpi e sangue. È la vignetta sul terremoto di Amatrice uscita il 31 agosto nelle pagine interne di Charlie Hebdo, il settimanale satirico francese che nel gennaio 2015 fu l’obiettivo di un attacco terroristico islamico, costato la vita a 12 persone (8 delle quali redattori e disegnatori del giornale). Come è noto, l’attacco fu una vendetta per alcune vignette che satireggiavano il profeta Maometto e l’Islam. Un moto estesissimo di solidarietà raggiunse la redazione, e l’hashtag #JeSuisCharlie divenne uno dei più popolari della storia di Twitter, facendosi simbolo del diritto alla libertà assoluta di satira. Oggi, a scorrere i social - dove è in testa nei trending topics #CharlieHebdo - sono molte meno le persone disposte ad affermare di essere Charlie. Il trend è di condanna totale: i più moderati si limitano a dire che la redazione ha passato il segno, e che irridere 290 morti non è satira; qualcuno (parlando a vanvera) arriva a sperare che l’Isis torni a far visita alla redazione. La vignetta trova anche dei difensori. O meglio: se chi la apprezza si conta sulla punta delle dita, non sono invece pochi coloro che sottolineano il valzer di chi prima era Charlie e ora non lo è più perché punto in prima persona dalla vespa della satira. Tra tutti spicca Selvaggia Lucarelli, con un tweet mordace: Il punto non è quindi la vignetta, ma la convenienza dell’essere o meno Charlie. Come al solito, in questi casi viene in mente quel motto tradizionalmente attribuito a Voltaire, declamato a gran voce da chi si dice paladino del diritto alla libertà di pensiero: «Non condivido ciò che dici, ma darei la vita affinché tu possa continuare a dirlo». Ma quando il buon gusto e l’empatia finiscono sotto le macerie, essere voltairiani è più complicato.