Maxi riarmo Usa nell’agenda di Trump
WASHINGTON- È un colossale riarmo Usa quello che sta prendendo forma nel piano per il bilancio dell’Amministrazione Trump;
almeno 54 Mld di dollari d’aumento di spese federali, ufficialmente per mantenere le promesse fatte in campagna elettorale (memorabile il delirante discorso tenuto a Philadelphia il 6 settembre del 2016), nei fatti per la felicità del comparto della Difesa a Stelle e Strisce.
A ostacolare questa valanga di denaro non ci saranno più i limiti del Budget Control Act (la cosiddetta “sequestration” che ha più volte frenato Obama), saltati con la nuova Amministrazione; ma che si aprano praterie illimitate per il riarmo Usa è testimoniato soprattutto dal fatto che il senatore John McCain, potentissimo capo della Commissione Difesa del Senato (e riferimento obbligato di lobbisti e industrie del settore), ha pubblicato un documento con cui propone un aumento semplicemente mostruoso per gli anni fiscali 2018-2022.
McCain ipotizza un riarmo Usa che mette sulla bilancia 430 Mld di dollari aggiuntivi per il quinquennio 2018-2022, partendo da un bilancio “base” per il 2018 previsto per 640 Mld. Un’enorme massa di denaro destinata a finanziare sia un’infinità di programmi militari, che un consistente aumento degli organici delle Forze Armate statunitensi, di gran lunga superiore di quanto già in programma.
Secondo McCain, i Marines dovrebbero passare da 182mila a 200mila; l’Us Army da 475mila dovrebbe superare i 500mila, e molto di più nel medio termine, con un drastico aumento della forza combattente che dovrebbe tradursi in un incremento delle Brigate Combat Team, attualmente 30, che secondo alcuni dovrebbero giungere fino a 50(!). E non è finita: secondo il piano di riarmo Usa previsto dal Senatore, l’Usaf avrebbe 20mila uomini e 400 aerei in più e l’Us Navy dovrebbe salire dalle attuali 272 unità combattenti a 355.
Un programma che vede in primo piano anche un poderoso rafforzamento della triade nucleare (missili, sottomarini e bombardieri), che peraltro aveva già preso il via sotto Obama e che è stato platealmente rilanciato da Trump.
Ma attenzione: malgrado le roboanti dichiarazioni, è quanto meno improbabile che questi progetti possano essere realizzati per come presentati: a parte la difficoltà di stanziare tanti soldi per un riarmo Usa di tali dimensioni, francamente troppi anche per gli Stati Uniti a meno di crisi improvvise che mettano in secondo piano ogni altro interesse, c’è il fatto che quel denaro, anche se stanziato, non può servire dall’oggi al domani per quella smisurata lista della spesa; aerei, navi missili e quant’altro non s’acquistano in un supermarket e servono anni per impostare cantieri e linee di montaggio a non parlare di nuovi progetti.
Anche reclutare gli uomini in più non sarà semplice, in un Paese che vede la carriera militare come un ripiego economicamente poco allettante dove si rifugia chi non trova di meglio o ha fallito altrove; e comunque, a parte un prevedibile ed ulteriore decadimento della qualità dei reparti per la scarsa qualità delle reclute (già più che evidente e lamentata dai Comandi), ci vorrà tempo, e parecchio, per formare quegli uomini.
Lasciando da parte lo scarso realismo delle proposte che circolano, resta il fatto che è al via un riarmo Usa di enormi proporzioni, causato dalla coincidenza di una Presidenza Trump, che sulla demagogia della sicurezza e la riaffermazione della potenza americana ha basato larga parte della propria campagna elettorale, con gli interessi dell’industria della Difesa a Stelle e Strisce, che dal neoprotezionismo della nuova Amministrazione è posta al sicuro da ogni concorrenza, ed è certa di cogliere ogni dollaro del fiume di denaro che sta arrivando.
Ma dietro il riarmo Usa non ci sono solo gli affari di un comparto da sempre ricchissimo e potente; in attesa di una nuova dottrina strategica, è già chiaro che l’establishment di Washington sta pensando nuovamente a proiettare massicciamente il proprio imperialismo per il mondo: non si pensa a un radicale incremento delle Brigate Combat Team se non si ha in programma di mettere gli “scarponi sul campo”.
A parte la contrapposizione con la Russia (che malgrado le personali visioni e concreti interessi di Trump resta un avversario strategico dell’establishment), grazie alla quale Washington mantiene la presa sull’Europa e non solo, è la Cina il primario obiettivo del riarmo Usa. Una prospettiva resa doppiamente preoccupante dalla totale incapacità politica e diplomatica della nuova Amministrazione da un canto, e dalla delicatezza della situazione interna in Cina, malgrado le apparenze un colosso dai piedi d’argilla, la cui dirigenza non può permettersi né umiliazioni, né battute d’arresto, pena la propria fine.
Come che sia, il riarmo Usa è un fatto ormai assodato; per le premesse e gli obiettivi, sarà necessariamente di lunga durata, abbracciando almeno due mandati presidenziali; d’altronde, per la strutturazione delle leggi federali Usa (e soprattutto per i colossali interessi che sta già muovendo) è assai improbabile che anche un’Amministrazione diversa, ammesso che lo voglia, possa fermarlo.
Resta il fatto che una Presidenza impreparata, demagogica, irresponsabile e guidata da interessi inconfessabili quanto sbandierati, col pieno appoggio del Congresso manovrato dalle lobby, sta per inaugurare una stagione di avventurismo iniziando una corsa al riarmo Usa dagli esiti imprevedibili per il mondo intero.
Salvo Ardizzone
Il Faro Sul Mondo