Apr 03, 2019 07:14 CET
  • Fanatismo: falso volto dell’Islam(73): i Talibani

Cari amici anche oggi continueremo a parlare dell’ascesa al potere del gruppo estremista dei Talebani, formatosi nel grembo dell’ideologia salafita dei wahabbiti e ispirato anche dai pensieri di Deobandi.

 Vi abbiamo detto che dopo aver preso il potere a Kandahar e nei suoi dintorni, attraverso una combinazione di vittorie militari e diplomatiche, i talebani attaccarono e infine sconfissero le forze di Ismaʿil Khān (un signore della guerra) nell'ovest dell'Afghanistan, occupando Herat il 5 settembre 1995. Quello stesso inverno i talebani cinsero d'assedio la capitale Kabul, bersagliandola con razzi e bloccando le vie d'accesso. Nel marzo 1996 gli avversari dei talebani, il presidente afgano Burhanuddin Rabbani e Gulbuddin Hekmatyar, smisero di combattersi e formarono una nuova alleanza anti-talebana. Ma il 26 settembre abbandonarono Kabul e si ritirarono a nord, permettendo ai talebani di occupare la sede del governo e di fondare l'Emirato Islamico dell'Afghanistan. Come vi abbiamo già accennato questo stato venne internazionalmente riconosciuto solo da tre governi (Pakistan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita) e non riuscì a controllare l'intero territorio del Paese dato che le regioni settentrionali rimasero nelle mani dell'Alleanza del Nord, un'organizzazione politico-militare fondata dallo Stato Islamico dell'Afghanistan nel 1996.

Il 27 settembre 1996 i talebani compirono l'esecuzione di Mohammad Najibullah, ultimo presidente della Repubblica Democratica dell'Afghanistan, e del fratello Shahpur Ahmadzi; dopo averli prelevati dall'edificio delle Nazioni Unite, dove erano rifugiati dal 1992 e senza incontrare resistenza da parte dei caschi blu, vennero mutilati, torturati e trascinati con una jeep attorno al palazzo presidenziale, Najibullah venne finito con un colpo di pistola alla testa mentre il fratello invece venne strangolato; infine i due cadaveri vennero esposti nei pressi del palazzo dell'ONU a Kabul.

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Il 20 maggio 1997, i due generali fratelli, Abdul Malik Pehlawan e Mohammed Pehlawan, si ribellarono al signore della guerra uzbeko Rashid Dostum e formarono un'alleanza con i talebani. Tre giorni dopo, Dostum abbandonò gran parte del suo esercito e fuggì dalla sua base a Mazar-i Sharif, riparando in Uzbekistan. Il 25 maggio le forze talebane, assieme a quelle dei generali ammutinati, entrarono nella indifesa Mazar-i Sharīf. Lo stesso giorno il Pakistan riconobbe i talebani come rappresentanti del governo dell'Afghanistan, seguito il giorno dopo dall'Arabia Saudita. Il 27 maggio scoppiarono feroci combattimenti di strada tra i talebani e le forze di Abdul Malik Pehlawan. I talebani, non abituati alla guerriglia urbana, vennero sconfitti pesantemente e a migliaia persero la vita in battaglia o nelle esecuzioni di massa che seguirono.

L'8 agosto 1998, i talebani riconquistarono Mazar-i Sharif. Il 20 agosto, gli Stati Uniti lanciarono missili da crociera (Cruise) su quattro siti in Afghanistan, tutti nei pressi di Khost. Questi siti ne comprendevano uno diretto da Osama bin Laden, il capo di al-Qāʿida, che era accusato di aver diretto gli attentati del 7 agosto alle ambasciate statunitensi in Africa (Kenya e Tanzania).

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L'emirato come abbiamo già detto venne riconosciuto da Pakistan, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Esso controllava tutto l'Afghanistan ad eccezione di piccole regioni a nord-est che erano in mano alla cosiddetta Alleanza del Nord. Gran parte del resto del mondo e le Nazioni Unite continuarono a riconoscere Rabbani come legittimo capo di Stato dell'Afghanistan, anche se veniva generalmente riconosciuto che egli non aveva in realtà alcun potere sulla nazione.

I talebani ricevettero aiuto dai wahabbiti dell’Arabia Saudita e dal Pakistan, comprendente supporto logistico ed umanitario, durante la loro ascesa al potere: un impegno che continuò anche nelle fasi successive. Si stima che 2 milioni di dollari annui provennero dalla principale organizzazione di beneficenza saudita, e vennero dedicati al sovvenzionamento di due università e di sei cliniche. Il Re saudita Re Fahd inviò un carico annuale di doni.