Gen 14, 2020 10:41 CET
  •  Il progresso scientifico dell’Iran (15)

L’Iran, l’erede dell’antica Persia, e’ sicuramente una delle culle della civilta’ e della scienza mondiale. La nazione e’ entrata in realta’ in un periodo buio e di inconsistenza nel settore della scienza dalla fine del 18esimo secolo ma e’ improvvisamente rinata sotto questo aspetto con la rivoluzione islamica del 1979, quando la popolazione iraniana ha deciso di riavviare la sua lunga traduzione di scoperte, di ricerca e di studio.

Nel 2015, l’Iran si e’ confermato come il piu’ progredito dei paesi islamici nella ricerca scientifica, aggiudicandosi l’1,53% della produzione scientifica mondiale; l’Iran eccelle soprattutto nella sezione della medicina, dell’ingegneria e dell’agricoltura.

In questo programma cercheremo di esaminare, al passo coi tempi, alcune delle piu’ importanti innovazioni e conquiste scientifiche dell’Iran degli ultimi mesi. Con l’augurio che cio’ possa dare un contributo alla conoscienza dell’Iran di oggi e possa favorire maggiori collaborazioni tra Teheran e Roma.

 

 In Iran la formazione dei giovani ha un passo sempre più internazionale. Secondo la National Science Foundation, per esempio, l’Iran vanta il maggior numero di giovani che si formano nelle università degli Stati Uniti, dopo Cina e India, ma prima di Corea del Sud, Arabia Saudita e Taiwan. Ebbene, 80 ragazzi iraniani su 100 che frequentano un’università americana seguono corsi di laurea in scienza e ingegneria (S&E). Tra questi 80, la maggior parte segue corsi di ingegneria.

Pure in patria i corsi di scienza e ingegneria sono seguiti. Anche dalle ragazze: il 30% dei laureati in ingegneria in Iran sono donne. Una percentuale non molto distante da quelle vantate della Corea del Sud e dalla Malaysia (31%) e superiore a quella di Taiwan (28%), Finlandia (28%) e India (27%).
La performance dell’Iran nel campo della R&S non è casuale, ma è frutto di tre processi – uno politico, l’altro economico – peraltro non indipendenti tra loro [Pargoo, 2016]. Il primo è stata la decisione dell’ Ayatollah Ali Khamenei, la Guida Spirituale dell’Iran, di puntare per lo sviluppo del paese non solo sullo sfruttamento delle materie prime (petrolio) ma anche sull’economia della conoscenza e, di conseguenza, su alcune industrie hi-tech. In pratica, il governo di Teheran ha applicato una coerente politica sia di esenzione fiscale sia di incentivi finanziari per le imprese che investono in R&S. Ciò ha consentito la creazione a tutto il 2014, di 36 parchi scientifici e tecnologici che ospitano 3.650 diverse aziende e danno lavoro a 24.000 persone.

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Il secondo motivo è direttamente legato alle sanzioni cui l’Iran è stato sottoposto dalla comunità internazionale (soprattutto occidentale) nell’ambito della controversa questione del nucleare. Lo sviluppo scientifico e tecnologico dell’Iran è (anche) effetto di quelle sanzioni. In pratica il paese si è dovuto adattare a un regime di isolamento tecnologico in un momento in cui la domanda interna di tecnologia tendeva a crescere. In più, non potendo contare sull’esportazione di petrolio secondo tutte le potenzialità del paese, l’economia iraniana ha cercato altre direzioni di crescita. Tutto ciò ha favorito la nascita e/o lo sviluppo di industrie hi-tech locali, che hanno fatto dell’Iran il paese produttore di petrolio con i maggiori introiti da esportazione di beni diversi dal petrolio.

La fine del regime delle sanzioni, in seguito agli accordi internazionali raggiunti sul tema dello sviluppo nucleare, offre all’Iran grandi opportunità, ma lo sottopone anche a qualche rischio in termini di economia della conoscenza. Le principali opportunità sono evidenti: il paese potrà beneficiare di un interscambio hi-tech molto più intenso, il che potrà favorire sia lo sviluppo della domanda interna sia l’export e, dunque, una maggiore specializzazione produttiva nell’ambito di beni e servizi ad alto tasso di conoscenza aggiunto. I rischi sono pressoché speculari: senza un forte sviluppo dell’industria e dei servizi hi-tech interni, lo squilibrio della bilancia tecnologica dei pagamenti potrebbe peggiorare. Ma forse il rischio più serio è la “fuga dei cervelli”. Se già prima delle sanzioni, il numero di giovani iraniani che si formavano negli Stati Uniti e, in generale, in occidente era elevato, ora, con la progressiva abolizione del regime di sanzioni, il flusso in uscita potrebbe aumentare. In sé l’internazionalizzazione è un fatto positivo. A meno che – il caso italiano insegna – non ci siano sufficienti incentivi a tornare, una volta formati, e non ci sia una sufficiente capacità di attrazione di giovani stranieri.

Per massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi, l’Iran può contare sulla sua straordinaria tradizione culturale. Che è fatta di capacità creativa endogena, ma anche di una fitta rete di scambi culturali. Non è un caso che la nuova società della conoscenza (Cina, India, Iran, Turchia) stia emergendo proprio lungo quella “via della seta” che, in passato, ha consentito i contatti e la contaminazione culturale tra il Mediterraneo e l’Estremo Oriente.

 

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