Set 11, 2021 09:44 CET
  • Iran, scoprire la storia dell'arte - 17

Cari amici, vi presento un altro appuntamento con l'arte iraniana, dai tempi della grande Persia fino ad oggi. In ogni puntata cercheremo di raccontare ed approfondire allo stesso tempo la storia dell'arte iranica.

Pur non avendo intenzione di basarci sulla storia mitologica dell’Iran, è necessario ricordare che nessun mito emerge senza rapporti con la realtà del suo tempo. Gilgamesh e la sua saga sono un buon esempio di questo fatto. Gilgamesh era un re o un principe sumero di Uruk che assunse successivamente dapprima il carattere di eroe nazionale e poi di semidio in cerca dell’eternità. Il Gilgamesh che attraversa il mondo in cerca dell’eternità è in realtà lo stesso Gilgamesh, principe di Uruk, che nel corso della sua vita non mise piede fuori da Uruk, da alcune città vicine come Eridu e Vavar, o al massimo Kish. Molti archeologi, nel tentativo di scoprire l’origine dei miti di alcuni popoli, si sono imbattuti nelle loro realtà storiche.

I pochi scavi che sono stati effettuati in questo ampio territorio non sono in genere stati condotti in modo completo e sono stati spesso abbandonati a metà lavoro. Gli scavi ancora incompleti effettuati recentemente nell’Iran centrale – Robat-e Karim, Cheshme Ali e Tepe Qeitarieh – mostrano che in questa terra, da qualche millennio prima di Cristo e addirittura prima che in Mesopotamia, o in generale nella mezzaluna fertile, apparissero i primi villaggi neolitici, nell’altopiano esistevano comunità rurali che conducevano una vita fiorente.

Per quanto riguarda i popoli e le etnie che vivevano nell’Iran occidentale e centrale, gli orientalisti hanno opinioni diverse, tutte spiegabili in relazione alla Mesopotamia. Quello che però emerge in modo inequivocabile è che i diversi governi iranici – Guti, Lullubi o Cassiti – non avevano un grande interesse nella scrittura o nella registrazione dei documenti. Financo gli Elamiti non furono immuni da questa tendenza. Questi stati tramandavano la successione degli eventi oralmente, ed è così che è nata la storia mitologica d’Iran.

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Allorché l’Iran sud-occidentale, cioè Susa e l’Elam, cominciò a urbanizzarsi e a svilupparsi di pari passo con i Sumeri e i Babilonesi, nell’Iran occidentale e centrale emersero alcuni stati monarchici che grazie alla parentela etnica si astennero sempre dall’attaccare l’Elam. Si tratta dei Cassiti, dei Lullubi, dei Guti, dei Mannei, cui si aggiunsero più tardi Medi e Persiani. Su questi stati non abbiamo documenti scritti e pertanto dobbiamo ricostruire la loro civiltà sulla base dei reperti artistici giunti fino a noi.

I Cassiti, il più importante tra questi popoli, emersero nel secondo millennio distinguendosi come uno stato potente e guerriero; una volta misero a disposizione degli Elamiti, che fronteggiavano i Babilonesi, sedicimila arcieri. Essi si erano gradualmente uniti alle popolazioni ariane che nel passato si erano stabilite nell’altopiano e grazie a questa mescolanza si svilupparono rapidamente e facilmente.

Il più antico reperto che abbiamo risale al sesto-settimo millennio; si tratta di una donna seduta con le gambe distese. Non c’è testa, ma un lungo collo. Questa statuetta, assai realistica, è stata rinvenuta a Tepe Sarab. Tra gli altri ritrovamenti di questo periodo, ci sono delle ceramiche molto raffinate, decorate con disegni di elementi naturali e animali locali o di montagna. I Cassiti in questo periodo possedevano una particolare abilità nella ceramica e nella sua decorazione, e per circa tremila anni le loro ceramiche decorate vennero esportate dappertutto. A Cheshme Ali sono state trovate ceramiche risalenti al quinto-quarto millennio simili a quelle degli Zagros, che mostrano i rapporti tra gli abitanti di questa catena montuosa e quelli di Tepe Siyalk. D’altra parte, una comparazione tra i disegni a tema animale sulle ceramiche ritrovate a Tepe Hesar (Damghan) e quelli di Siyalk, degli Zagros e addirittura di Susa ci suggeriscono che si tratta di opere realizzate da un solo popolo che aveva un’unica origine pur essendo disperso in aree diverse.

La raffigurazione di un camoscio con corna enormi, complesse e asimmetriche è forse il punto di collegamento di quest’arte. Man mano che ci si avvicina al quarto millennio, i disegni diventano più realistici, perdendo la schematicità geometrica, fino al cuore del quarto millennio, in cui lasciano il posto a ceramiche più grezze, meno decorate e meno raffinate.

Le più belle ceramiche disegnate dell’altopiano, se non consideriamo Susa, sono state rinvenute nel Fars e nelle vicinanze di Persepoli; si tratta soprattutto di terrine, brocche e vasi, decorati a volte all’interno e altre all’esterno.

Gli abitanti di queste regioni, che furono precursori nelle arti della tessitura, della fusione dei metalli e della ceramica, sembra siano stati i primi a scoprire il vetro e a introdurre i sigilli di vetro e lo smalto vitreo. Grazie alla diffusione del mito di Gilgamesh, che oltrepassò i confini della dominazione sumerica, molte raffigurazioni sul bronzo, in particolare sui sigilli prodotti nella regione, erano influenzate dalla saga dell’eroe sumerico. Le spille erano un altro manufatto che veniva per lo più fatto in bronzo e proveniva dal Luristan.

Verso la fine del secondo millennio e fino alla prima metà del primo, nel Luristan si utilizzava anche il ferro, sebbene solo in piccola quantità e solo in lega di acciaio per le lame di asce, pugnali e spade, le decorazioni essendo effettuate solo su bronzo. Oggetti di ferro venivano prodotti in Luristan soprattutto nel nono secolo a. C.