Ago 31, 2022 11:08 CET

Cari amici, vi presento un altro appuntamento con l'arte iraniana, dai tempi della grande Persia fino ad oggi. In ogni puntata cercheremo di raccontare ed approfondire allo stesso tempo la storia dell'arte iranica.

L’influenza di cui parla Ghirshman si rivela immediatamente anche a Palmira, centro politico ed economico entrato a far parte del mondo romano dall’inizio dell’era cristiana fino alla sua caduta, nel 272, che agì come ponte tra la civiltà e la cultura arsacide e quella romana. Qui, l’arte arsacide si disvela in particolare nel bassorilievo mentre la statuaria è greco-romana. Nell’arte del bassorilievo e della scultura di Palmira sono utilizzate molto due tecniche che si trovano tipicamente nell’arte partica, cioè la prospettiva frontale e la simmetria “asimmetrica”. A Palmira è stato trovato un mezzobusto di Vologese III che fu probabilmente realizzato da un intagliatore di pietre. La profonda influenza dell’arte partica appare evidente anche nel bassorilievo di tre divinità di Palmira (Kalibul, Baal Shamin e Malik Baal) che, per quanto si sia tentato di donar loro delle fattezze e dei lineamenti greci, hanno abiti, armi, e attributi (come l’aureola) chiaramente iranici. In un bassorilievo dell’anno 191, un drappello di personaggi è ritratto in piedi in posizione frontale, con lunghi abiti di tipo inequivocabilmente arsacide, nell’atto di bruciare dell’incenso sul fuoco; l’immagine è un chiaro tentativo di imitare lo stile achemenide. Osservando i bassorilievi della tomba ipogea di Antatan, edificata nel 220, o un bassorilievo di due soldati conservato al Louvre, si può azzardare l’ipotesi che un’arte in tutto e per tutto arsacide si sia sviluppata al di fuori dei confini del loro territorio. Pieghe, ricami e ornamenti delle vesti, fino addirittura al modo di sedere e appoggiarsi ai cuscini, sono tutti elementi caratteristicamente arsacidi.

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Si ritrovano anche molte statue di donna con velo in testa, belletti e ornamenti iranici, che a dispetto dello sforzo di dar loro un aspetto bizantino, sono arsacidi in tutto e per tutto. Da esse si può dedurre la profonda influenza dei parti e poi dei Sasanidi sull’arte di Bisanzio. Oltre alla scultura di Palmira, sono stati rinvenuti bassorilievi di stile arsacide anche a Hatra (l’odierna al-Hadr), aventi lineamenti e altri particolari ispirati all’arte partica, tanto che si può escludere in essi qualsiasi tipo di influenza bizantina. Le statue dei re e delle principesse di Hatra, financo le immagini delle tre divinità femminili che cavalcano un leone ivi rinvenute, furono realizzate da artisti partici. L’esercito belligerante che è conservato nel museo di Mosul ne è un esempio eccellente: le pieghe dei vestiti, in particolare dei pantaloni, che vanno raccogliendosi dal basso verso l’alto, confermano la loro provenienza partica.

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A Susa è stato trovato un gran numero di statuette di cavalieri arsacidi che oggi sono conservate in parte a Tehran e in parte al Louvre. Esiste inoltre un certo numero di statue di bronzo del periodo arsacide, un po’ più grandi della grandezza naturale, solo alcune delle qualici sono pervenute integre. Questi reperti provengono dalla necropoli di Shami, nella zona di Mal Amir, nel territorio montuoso di Alyamas rimasto per un certo periodo sotto il controllo degli arsacidi. Una di queste statue raffigura un arsacide con spalle ampie e forti, in posizione immobile; indossa abiti iranici e sta in piedi di fronte all’osservatore, le gambe leggermente separate, infilate in stivali di feltro o di pelle, ben piantate per terra, coperte da larghi e comodi pantaloni. Il corpo in pietra del soggetto è proporzionato e il cappotto che indossa è lungo e dotato di pieghe lunghe e dritte che scendono sui fianchi fin sotto le ginocchia, guidando lo sguardo lungo una linea obliqua fino al petto. Una cintura cinge i fianchi possenti. Sembra quasi di poter affermare che gli abiti indossati dai Curdi di oggi abbiano la loro origine in questo tipo di veste arsacide. La testa della statua è stato realizzato separatamente ed è leggermente più piccolo rispetto al corpo. Sembra inoltre che la testa sia stata abbozzata in uno stampo, mentre gli occhi, le sopracciglia, le labbra, i baffi, la corta barba e la frangia siano stati scolpiti in un secondo momento. Dal punto di vista storico, la statua è anteriore rispetto a quella, mutila, a quella di epoca kushana (trovata a Sorkh Katl in Afghanistan), dato che in questa si trova un tratto più morbido e una maggiore perfezione nella raffigurazione frontale, anche rispetto a quelle di Palmira a Hatra. Lo stile innovativo di questa statua non è stato ripetuto nelle altre opere. Per questo, si può attribuirla alla prima metà del II secolo o alla fine del I d. C.