Gen 08, 2023 07:08 CET

Amici, oggi vi presenteremo un’altra parte di un programma a puntate dedicato allo slogan di quest’anno, scelto e proclamato dalla Guida Suprema della rivoluzione islamica, Ayatllah seyyed Alì khamanei, la produzione, la ricerca e l’occupazione.

Il fatto è che negli ultimi decenni una parte considerevole delle materie prime e delle tecnologie utilizzate nei settori industriali del Paese è stata importata da altri paesi, e in questi anni abbiamo dovuto affrontare non pochi problemi di approvvigionamento e di aggiornamento nel settore tecnologico e scientifico . Molte fabbriche negli ultimi anni, per le difficoltà che incontrano nell'allestimento e nel completamento della propria linea di produzione o per le carenze che devono affrontare nel campo dell'approvvigionamento delle materie prime di cui hanno bisogno, sono completamente chiusi o non producono a pieno regime. Non ci sono statistiche accurate sulla chiusura di fabbriche e centri industriali nel Paese ma si parla già della cifra allarmante di 16 mila unità industriali. Tuttavia, secondo le statistiche dell'Organizzazione delle piccole industrie e delle città industriali dell'Iran, entro la fine del 2019, sul numero totale delle unità industriali, 8.521 erano inattive o persino chiuse. Secondo queste statistiche, su queste 8.521 unità industriali chiuse nelle zone industriali iraniane, 94 sono state chiuse prima del 2013. Oltre ad essere chiuse, alcune unità produttive lavorano anche con meno della metà della loro capacità. In altre parole, queste unità di produzione stanno solo cercando di non chiudere completamente in modo da poter sfruttare a utilizzare tutta la loro capacità produttiva. Alcune di queste fabbriche e centri di produzione operano da più di mezzo secolo, fabbriche i cui nomi erano a tutti.

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Il fatto innegabile è che la chiusura delle fabbriche per qualsiasi motivo non è nell'interesse del Paese e provoca disoccupazione di un gran numero di lavoratori e sconvolge il ciclo economico. La Guida Suprema della Rivoluzione Islamica ha sollevato punti importanti al riguardo in un incontro con i lavoratori il 19 maggio di quest'anno. Il sollo leder prima di tutto ha definito come tradimento la chiusura di fabbriche e centri di produzione dicendo: "Le persone che chiudono le fabbriche per i loro interessi personali e per utilizzare la terra e il suo valore aggiunto dovrebbero sapere di aver commesso un atto di tradimento agli interessi della nazione e ai lavoratori danneggiando l'indipendenza e l'economia del paese oltre ad essere un duro colpo per la produzione nazionale". In secondo luogo, il leader della Rivoluzione islamica considera la chiusura dei centri di produzione una politica arrogante nei confronti della Repubblica islamica dell'Iran. Sulla base di ciò, ha ribadito: "Dall'inizio della rivoluzione, questa politica è stata una iniziativa arrogante e negli ultimi dieci o quindici anni è diventata molto chiara; la loro politica era quella voluta dal nemico per disabilitare la produzione del paese. Inoltre anche le sanzioni avevano lo scopo di fermare la produzione nel paese, e sappiamo quando la produzione smette di funzionare, il paese diventa povero perdendo la propria sovranità e indipendenza”, ha detto la Guida suprema sottolineando: “L'obiettivo importante e ultimo della pressione economica non era altro che disabilitare la produzione interna e quando sarà colpita la produzione nazionale, saranno colpiti inevitabilmente anche il lavoro e l'occupazione del lavoratore."

 

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