Ago 10, 2016 08:55 CET

PARSTODAY-Iniziamo col nome del Signore dei mondi. Gentili ascoltatori salve. Siamo con voi con un’altra puntata della rappresentazione radiofonica “Dalla culla dell’islam”, dedicata alla vita del Profeta Muhammad(as) ed alla Storia dell’islam.

 Nelle puntate precedenti vi abbiamo narrato che i musulmani di Medina e i politeisti della Mecca in una zona chiamata al-Ḥudaybiyya firmarono una tregua decennale. Però i meccani aiutando la tribù Banu Bakr che fu nemico dei musulmani, fornendogli denaro e arma per combattere la tribù Banu Khuza’a, un alleato dei musulmani, violarono il patto di pace. L'Accordo di Ḥudaybiyya contemplava infatti la fine della tregua in caso di violazione da parte degli alleati dell'una o dell'altra parte. E quindi il casus belli venne fornito dalla rottura della tregua da parte dei meccani ed il suo alleato Banu Bakr. Il Profeta Muhammad formò una grande armata che si mise subito in marcia con oltre diecimila uomini verso la Mecca. La superiorità numerica e la forza bellica dei musulmani spaventarono molto Abu Sofyan. Abu Sufyan, capo di Quraysh fu incaricato di nuovo di convincere il Profeta a desistere dall’attaccare la città. Però in risposta l’Inviato di Dio lo invitò ad abbracciare l’Islàm, e lui lo accettò. E divenne musulmano. L’Inviato di Dio gli promise l’amnistia per tutti i meccani che avrebbero abbandonato le armi. Dopo aver visto il dispiegarsi dell’esercito che metteva in opera il piano predisposto dal Profeta, Abu Sufyan si precipitò nella città gridando a tutti l’inutilità di qualsiasi resistenza e le condizioni imposte dal Profeta per avere salva la vita. Organizzati su diverse colonne, i musulmani si mossero verso la Mecca. Il profeta gli aveva ordinato  di entrare da diversi portoni nella città per fare vedere ai pagani la superiorità e la poteza dell’esercito divino e di non combattere se non attaccati. I Meccani avevano già perso psicologicamente e non costituivano più un fronte compatto. Loro ricordavano benissimi quel giorno in cui Muhammad, nipote del nobile Abdulmuttalib, sceso dal monte di Hira li portò il messaggio di pace divino e loro invece torturando lui e i suoi seguaci gli risposero con l’ostilità cacciandolo via dalla sua terra natia