Fanatismo: il falso volto dell’Islam (23)
Le pratiche lecite islamiche come Intercessione (Shafa'ah), Istighatha (soccorso), e Ziyara (visita alle tombe), come vi abbiamo già spiegato nelle puntate precedenti, sono tra le questioni che vengono rifiutate da Ibn Taymyya, fondatore del Salafismo ed i suoi discepoli radicali, essi dicono perfino che chi crede in tali pratiche non è musulmano, ma un eretico e va punito o perfino ucciso.
L’altro concetto che viene negato dai salafiti è la legittimità del Tabarruk che è quello di cercare la benedizione di Allah dalle tracce spirituali del Profeta e dei prescelti. Loro, così come la setta wahhabita, ritengono i Tabarruk come l'associazione con la divinità e considerano mushrik (associatore) qualsiasi persona che effettua questa pratica. Il Tabarruk però è inequivocabilmente sancito dal Corano. Nella sura Yusuf (Giuseppe) il Signore racconta la storia del Profeta Giuseppe, figlio di Giacobbe, che divenuto gran consigliere del Faraone, e dopo una lunga assenza, nella terza volta in cui i fratelli erano venuti da lui per procurarsi del grano negli anni della carestìa, si presentò a loro rivelando la sua identità, rimasta nascosta fino a quel momento. Dopo aver ristabilito il rapporto di fratellanza e amicizia con i suoi fratelli, Giuseppe si fece raccontare tutto ciò che era avvenuto negli anni della sua assenza. A Giuseppe raccontarono che loro padre, Giacobbe, aveva perso la vista, tanto aveva pianto per la sua mancanza. Giuseppe diede la sua camicia ai fratelli e disse loro di posarla sugli occhi del padre promettendo loro che avrebbe riacquistato la vista:
“Andate con questa mia camicia e posatela sul viso di mio padre... Quando giunse il latore della buona novella, pose la camicia sul volto di [Giacobbe]. Egli riacquistò la vista e disse: “Non vi avevo appunto detto che grazie ad Allah, conosco cose che voi non sapete?”.
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Anche nel versetto 248 della sura Baqara(Giovenca) del sublime Corano, ci viene fornita un'altra prova della salute della pratica di Tabaruk: ”Non hai visto i notabili dei Figli di Israele quando, dopo Mosè, dissero al loro profeta: “Suscita tra noi un re, affinché possiamo combattere sul sentiero di Allah”. Disse: “E se non combatterete, quando vi sarà ordinato di farlo?”. Dissero: “Come potremmo non combattere sulla via di Allah, quando ci hanno scacciato dalle nostre case, noi e i nostri figli?”.E disse il loro profeta: “Il segno della sovranità sarà che verrà con l'Arca. Conterrà una pace da parte del vostro Signore, nonché quel che resta di ciò che lasciarono la famiglia di Mosè e la famiglia di Aronne. Saranno gli angeli a portarla. Ecco un segno per voi, se siete credenti”.
L’Arca detta “dell’alleanza” è un contenitore nel quale il Profeta Mosè ripose le tavole della Torah e contiene altre reliquie che appartennero a lui ed alla sua famiglia. Infatti l’Arca dell’alleanza, le religuie rimaste dal profeta Mosè, contiene la benedizione e la pace da parte di Dio per i figli di Israele.
Al contrario di quanto sostengono alcune confessioni, rispettare o ritenere sacri gli utensili o i vestiti usati dai credenti prescelti di Iddio Altissimo non è un atto di shirk e miscredenza ma un qualcosa di permesso e lecito. Lo conferma la questione della camicia del profeta Giuseppe.
Tale pratica era anche lecita secondo la Sunnah del Profeta (as) e dei suoi compagni, come dimostrato dai seguenti esempi:
“Una volta accadde che il Profeta compì l’wudù con dell’acqua, e quando ebbe finito, Bilal si recò dove egli aveva compiuto le sue abluzioni e prese un po’ di quell’acqua. Così i compagni erano soliti strofinare i loro corpi con quell’acqua, di modo che ognuno potesse trarre benedizioni da essa” (hadith sahih riferito da Muslim).
Muslim in un altro hadith sul Profeta ha riferito che Asma aveva una veste del Profeta(as). I malati venivano a casa di Asma lei immergeva l'abito in acqua. E poi dava un po 'di quell'acqua benedetta ai malati.
Anche oggi alla Mecca il prezioso tessuto serico di colore nero che riveste la sacra Ka’aba viene rinnovato ogni anno. La vecchia kiswa ogni anno viene tagliata dalle stesse autorità wahabbiti dell’Arabia Saudita in pezzi che si distribuiscono poi ai fedeli che lo conservano come preziosa reliquia, cioè come Tabarruk.
In termini assoluti, secondo la tradizione islamica la legittimità di tutte queste pratiche: Tawassul (intercessione), Istighatha (soccorso), Tabarruk (trarre benedizione dalle reliquie) e Ziyara (visita alle tombe) proviene esclusivamente da Allah, Onnipotente.