Fanatismo: falso volto dell’islam (25)
Ibn Taymiyya, giurista e teologo del settimo secolo d’egira, si presentava sempre come un fanatico habalita. Egli divulgò la propria interpretazione falsa e radicale dell’islam e accusava subito di eresia chi non accettava le sue illusioni e lo riconosceva come un mushrik (miscredente) che doveva essere uccisio.
Egli infatti fu il primo vero artefice dell'ideologia che sottende il sogno sanguinario dei gruppi estremisti come tafkiri e del Daesh (Isis). Furono proprio i suoi pensieri falsi e corrotti sulla dottrina islamica a ispirarsi a Abd al-Wahhab al-Najdī il quale fondò cinque secoli dopo la innovativa setta del wahabbismo in Arabia Saudita.
Per aggirare i precetti dell’islam, che vieta di fare la guerra santa contro altri mussulmani o di uccidere senza un motivo certificato, valido e giustificato, i “wahabiti” hanno trovato coi “takfiriti” l’alleanza ideale e il mezzo adatto per combattere tutti i paesi mussulmani che non si adeguano.
Il takfirismo è un'ideologia deviata che fu fondato apparentemetne nel 1971 da Moustafà Choukri. Esso considerava miscredente tutta la società mussulmana e definiva eretici tutti i mussulmani che non condividevano il suo punto di vista. L’assassinio di questi ultimi, per tale ragione, veniva considerato lecito.
Il termine “takfīr” deriva dalla parola araba kāfir (miscredente), ed è qualificata come "miscredenza assoluta, infedeltà o impurità massima" da parte di un eventuale autorevole consenso di dotti musulmani, tale da non poter più accettare come vero "credente" (muʾmin) "musulmano" (muslim) il colpevole.
Tutto mentre l'ingiusta uccisione di un musulmano - a norma del Corano - è sanzionata esplicitamente e con la massima severità da Allah, facendo parte delle azioni umane per le quali Egli pone un preciso limite ( ḥadd ), con la dannazione nell'Aldilà del colpevole e, deduttivamente, con la condanna a morte da parte delle società che ai valori della sharīʿa intendano rifarsi.
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I takfīri sono infatti una violenta e deviata germinazione del movimento salafita e wahabita, dal momento che il Salafismo può essere considerato come una forma dell’estremismo, esso non è un movimento intrinsecamente violento che tollera il terrorismo. I takfīrī, d'altro canto, considerano i loro atti di terrorismo violento, una forma legittima per il raggiungimento dei loro scopi e interessi religiosi o politici.
Però le radici della falsa e innovativa ideologia del takfirismo risalgono agli anni dopo la dipartita del Profeta Muhammad(as) quando il Kharigismo, dichiarò il proprio distacco dagli altri all’epoca dell’imamato di Ali Ibn Abitalib, il primo imam sciita(as), da loro considerato il quarto califfo dopo Abubakr, Omar e Othmān. Il kharigismo fu nata all'interno della Umma islamica, nemmeno 30 anni dopo la morte del profeta Muhammad(as), perché il quesito di fondo era in fin dei conti quello della qualifica del musulmano, e se un musulmano che si fosse messo dalla parte dell'errore (come un ribelle alla legittima autorità califfale), e che quindi fosse un peccatore, potesse a buon diritto essere considerato ancora membro della Umma islamica o un apostata. Però la risposta dei kharigiti (fuoriusciti) infine fu che il peccatore dovesse essere considerato decaduto dalla qualità di musulmano e, come murtadd (apostata) ne fosse lecita l'uccisione. Nel tempo il Kharigismo si differenziò in una serie di frange più o meno oltranzistiche (sufriti, azraqiti e najadāt, mentre gli ibaditi hanno una diversa collocazione nella cosiddetta "eresiografia" islamica). Le prime tre branche suddette arrivarono talora a prevedere la pena di morte anche per i parenti di quanti essi ritenevano apostati. Si orientava in tal modo il movimento a un radicalismo ideologico e politico. L’imam Ali, ben consapevole della pericolosa minaccia dei pensieri radicali dei kharigiti che gravava sull’islam gli invitò a lungo a tornare al vero islam e alla Sunnah del profeta. Però il gruppo di kharijiti tacciò di miscredenza l’Imam ‘Ali (A), il quale avrebbe voluto finire la battaglia di Sifin con Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, una guerra ormai vinta senza nessun arbitrio.
In seguito i kharajiti si organizzarono militarmente a Nahrawan per combattere contro l’Imam ‘Ali (as). Quest’ultimo, però, si mosse immediatamente contro di loro impedendo ogni possibile rivolta.
Fu proprio un kharijita, Ibn Muljam, che colpì al collo l’Imam ‘Ali (A) con la sua spada mentre era in prostrazione durante la preghiera del mattino nella moschea di Kufa.