Fanatismo: il falso volto dell’Islam (29)
Per esaminare le radici del takfirismo, abbiamo preso brevemente in esame i pensieri di Ibn Hanbal, fondatore di una delle quattro grandi scuole giuridiche sunnite (l’hanbalismo) che divenne l’ispiratore della corrente takfirita e wahhabita, grazie all’opera di Ibn Taymiyya.
L’hanbalismo, si opponeva alla Scuola Mu’tazila, che seguiva il pensiero razionale e la ragione. Egli era tradizionalista nella lettura del testo sacro e riteneva che la conoscenza dell’Islam doveva e deve derivare dal Corano e dalla Sunna, le tradizioni del Profeta, e non dalla ragione o dalla interpretazione dei testi religiosi da parte dell’uomo.
Questa scuola dando molto risalto a seguire i detti e fatti dei Salaf as-Salih(i Pii Predecessori, i Compagni del Messaggero, la generazione successiva e la seguente generazione che vennero e aderirono a ciò su cui erano i Compagni nel Credo, nella conoscenza, nell'azione), e sottovalutando la conoscenza derivava dalla ragione, preparò il terreno per la nascita dell’ideologia radicali dei salafiti e come vi abbiamo già anche spiegato il takfirismo viene classificato dagli studiosi del pensiero e del diritto islamico come una violenta e deviata germinazione del movimento salafita.
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Però è da notare che molti seguaci di Ibn Hanbal negano qualsiasi rapporto tra i pensieri del loro maestro e le invenzioni dei takfiriti. Alcuni ulema hanbaliti scrissero perfino diversi libri contro il salafismo e il wahabbismo influenzati dalla dottrina espressa da Ibn Taymiyya. Infatti la dottrina salafita anche se inizialmente prese le mosse dai pensieri di Ibn Hanbal, però man mano, scelse un cammino del tutto opposto da percorrere. I salafiti per esempio accusarono Ibn Hanbal di aver riportato degli Hadith finti e non reali sull’imam Ali e sulla famiglia del Profeta(as), cioè ahl-al bayt. Ibn Taymyya e ibn Wahabb nei loro pensieri si riferivano ai nuovi concetti mai menzionati nell’ideologia di Ibn Hanbal. I concetti come Tawassul (intercessione) e Tabarruk (trarre benedizione dalle reliquie) furono inventati dagli stessi salafiti. Se oggi Ibn Hanbal fosse vivo, avrebbe senza dubbio condannato l’idea radicale dei takfiri e avrebbe distato dalla loro ideologia deviata. Il salafismo infatti disprezza la ragione e riflessione. Samer Islambouli uno dei pensatori sunniti definisce così il salafismo:” il salafismo vuole far dominare oggi il pensiero delle generazioni passate. Come se quegli antichi fossero reincarnati nel corpo delle generazioni future e i padri fatti rivivere nel fisico dei loro figli.
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Secondo Islambouli i salafiti concentravano solamente sulla tradizione e consideravano il sentiero preso dai Salaf as-Salih come l’unica via della salvezza e si opponevano alle innovazioni ritenendolo uno sviamento dal puro islam e così caddero in un dogmatismo.
I seguaci del salafismo infatti si attienevano rigorosamente soltanto al Corano e alla Sunna (‘Tradizione’), e si opponevano alla conoscenza derivava dalla ragione prendendo come punto di riferimento la vita dei Salaf.
Loro ritengono haram(illecito), qualsiasi deviazione dai detti e dai comportamenti di 'Salaf-us-Salih considerati da loro come i modelli esemplari di virtù religiosa. La parola Salaf è una versione abbreviata della parola 'Salaf-us-Salih'. Essi sono le prime tre generazioni di musulmani (VII-VIII secolo): i Ṣaḥābi (i "Compagni" del Profeta Muhammad), i Tābiun (i "Seguaci", la generazione successiva a quella del Profeta) e i Tabiʿ al-Tābiʿiyyīn ("Coloro che vengono dopo i seguaci", la terza generazione).
Oggi i salafiti pensano che la loro letterale lettura radicale della Legge coranica sia non solo corretta ma più adeguata alle necessità del presente. Rifiutano la lettura fornita dai veri compagni del Profeta e dai suoi discendenti che a loro parere tracimava facilmente in una inammissibile «libera interpretazione» del testo sacro, preferendo fare riferimento piuttosto a figure fondamentaliste come Ibn Taymiyya e come Ibn Qayyim al-Jawziyya che ai veri ulema islamici.