Apr 03, 2017 06:50 CET
  • Fanatismo: il falso volto dell’Islam (32)

Amici come ben ricorderete nella puntata precedente vi abbiamo detto che per poter conoscere bene una ideologia, prima di tutto, bisogna scoprire i metodi utilizzati da essa per raggiungere la verità.

Secondo l’Islam, uno degli strumenti importanti per raggiungere la conoscenza e la verità è la ragione e l’intelleto umano. L'Islam rispetta la logica, perché al suo proprio livello la logica è un aspetto della verità, e la verità (al-haqq) è un nome del Signore.

L’intelletto, la differenza specifica tra l’uomo e l’animale, è un dono divino che conduce l'uomo ad affermare l'Unità (al-tawhîd). L'uso della logica nella visione del mondo islamica è come l'utilizzo di una scala che conduce l'uomo dal mondo della molteplicità verso il Divino e l’unione tra la Rivelazione e la ragione si trova anche nel nobile Corano.

Secondo alcune tradizioni, Dio ha 2 elementi certi: uno interiore, l’intelletto e l’altro esteriore, i profeti. Quindi tutte le scuole di pensiero islamico concordiano sul fatto che l’intelleto possa costruire una fonte di conoscenza attendibile,  le divergenze tra i pensieri islamici nascono però quando si parla di come e quanto si debba usare questa fonte di conoscenza. Alcuni radicali seguaci di certe scuole islamiche, come per esempio mutazila (comparsa nel IX secolo in Iraq) ritenevano la ragione, l’unica fonte attendibile per conoscere la religione.

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La dottrina Mu'tazili del kalam deduceva che i precetti di Dio fossero accessibili al pensiero umano e suscettibili di indagine razionale; quindi la conoscenza derivava dalla ragione, e quindi la ragione era arbitro finale nella decisione su cosa è bene e cosa è male. Ne seguiva che il "sacro precedente" non era un mezzo affidabile per stabilire cosa fosse giusto, poiché ciò che era obbligatorio in religione lo era solo in virtù della ragione.

L'approccio mutazilita, fondato da Wāṣil b. Aṭa conobbe momenti di grande diffusione, e vi furono dei periodi in cui il mutazilismo fu la "dottrina di Stato" nel califfato abbaside. Dopo il X secolo perse seguito, e fu definitivamente abbandonato nel XIII secolo.

In contrasto con il Mutazilismo, c’erano delle dottrine teologiche come quella asharita, fondata da Abu al-Hasan al-Ash'ari rifiutavano la tesi del libero arbitrio e il trionfo della predestinazione e si oppose sia alla visione della scuola dei mutaziliti, che si era sviluppata secondo i principi della logica e del razionalismo. La gran parte delle scuole sunnite aderiscono a questo pensiero teologico. Il vero islam però concilia questi due pensieri e propone una via di mezzo. Secondo la tradizione islamica ci sono dei concetti che possono trovare risposta con una semplice interpretazione razionalista. La cieca e irrazionale imitazione degli antenati è condannabile nell’ ambito islamico. La capacità raziocinante aiuta negli studi religiosi, soprattutto nel conseguimento di 3 mete: la comprensione degli elementi reali come l’esistenza di Dio, l’introduzione di leggi e norme morali per evitare la degenerazione della società, fissare degli standard ai processi logici e deduttivi.

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Ci sono, invece, certi aspetti della religione che non possono essere compresi facilmente applicando solo un approccio razionale, per esempio, per conoscere la filosofia che sta alla base di certe pratiche religiose o scoprire gli eventi che accadranno nel Giorno del Giudizio non basta ricorrere solo all’intelletto umano, cioè “aql”. In questi casi si deve rivolgere a quattordici secoli di civiltà e di eredità tradizionale islamica, cioè a (naql) ricorrendo così a quel profondo tesoro di sapienza metafisica e filosofica di carattere tradizionale coltivato nel e dall'Islam, una sapienza che pur essendo logica non è semplicemente razionalista.

“Naql”, spesso viene tradotto con “tradizione” nel contesto della teologia scolastica musulmana in opposizione a ‘aql, non tanto per significare, come abbiamo poco fa accennato, che ciò che è naql sia irrazionale, quanto per sottolineare l’origine dei contenuti della conoscenza: la Rivelazione divina e la riflessione umana. Ibn Khaldûn, il grande dotto maghrebino del XIV secolo (m. 1406), scrive a questo proposito nella sua magistrale Muqaddima: Vi sono due categorie di scienze accessibili alle genti delle città, che possono impararle e insegnarle: una è connaturale all’uomo e frutto del suo pensiero, l’altra è tradizionale (naqlî) e trasmessa dai suoi fondatori. La prima categoria è quella delle scienze filosofiche. Sono quelle che l’uomo acquisisce naturalmente con l’esercizio della riflessione. […] La seconda categoria comprende le scienze tradizionali e istituite. Tutto vi dipende dalle informazioni date dall’autorità di una certa legge religiosa. La ragione (‘aql) non ha posto in esse, tranne che per collegare certi problemi di dettaglio ai principi fondamentali […] La fonte di tutte le scienze tradizionali sono le prescrizioni del Corano e della Sunna – cioè della legge rivelata da Dio al suo Profeta Muhammad.”Le verità razionali chiamate ‘aqliyyât, possono essere provate dalla ragione, come l’esistenza e l’unicità di Dio, e le verità rivelate nel Corano e nella Sunna, chiamate naqliyyât, “trasmesse” (o sam‘iyyât, “ascoltate”) sono quelle che la ragione non avrebbe potuto trovare da sola, e senza la rivelazione divina, come per esempio il complesso dell’escatologia musulmana.