Scopri l'Iran (9) : Sistan e Baluchestan
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Pars Today- Sistan e Baluchestan è una terra dalle radici antiche, dalla varietà etnica e linguistica, dalle usanze colorate e dai costumi autentici; un luogo dove Baluci e Sistani, fianco a fianco, hanno mostrato un modello duraturo di convivenza, nobiltà e autenticità iraniana.
(last modified 2025-09-22T14:10:27+00:00 )
Set 15, 2025 11:20 Europe/Rome
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Pars Today- Sistan e Baluchestan è una terra dalle radici antiche, dalla varietà etnica e linguistica, dalle usanze colorate e dai costumi autentici; un luogo dove Baluci e Sistani, fianco a fianco, hanno mostrato un modello duraturo di convivenza, nobiltà e autenticità iraniana.

Sistan e Baluchestan, questa terra millenaria, lungo la storia è sempre stata dimora di diversi popoli; un crocevia attraverso il quale sono passate carovane di culture, lasciando tracce nella lingua, nei riti e nei costumi. Prima che gli Ariani raggiungessero l’altopiano iranico, vi abitavano popolazioni indigene e mediterranee come i Dravidi e gruppi menzionati nelle fonti antiche con nomi quali Urtubaha, Sumeri, Nordici, Etiopi asiatici e Lori. Questa varietà è prova della posizione strategica del Sistan e Baluchestan nella mappa delle civiltà: un luogo tra montagne, deserto e costa, che è sempre stato spazio di incontro e convivenza.

Con l’arrivo degli Ariani, una parte di essi si stabilì nel sud-est dell’Iran, e la composizione demografica odierna è un’eco di quelle radici remote. Le due principali comunità della regione sono i Baluci e i Sistani di radice ariana; i Baluci sono la maggioranza e parlano la lingua baluci, mentre i Sistani conducono la loro vita quotidiana con il dialetto sistani del persiano. Accanto a queste due colonne portanti, si è formata una società multiculturale che comprende curdi, arabi, persone di origine indiana e africana; una combinazione che, anziché distanza, ha creato legami e ha raddoppiato la ricchezza di colori di questa terra.

Anche sul piano delle credenze, Sistan e Baluchestan offre un’immagine di convivenza. I Sistani sono per lo più sciiti, mentre i Baluci sono in gran parte sunniti hanafiti; ma ciò che rende la storia di questa provincia degna di lettura è la vita pacifica e i sostegni sociali comuni che hanno tenuto unite le due comunità. Qui l’identità nazionale e iraniana funge da anello condiviso; un anello che trasforma le differenze in armonia e solidarietà.

Se parliamo delle caratteristiche della gente di questa regione, le prime parole che vengono in mente sono autenticità, fede e nobiltà. I Sistani sono noti per la loro buona condotta, generosità, operosità, modestia e gratitudine; donne e uomini sono puri e valorosi, e custodiscono le loro radici ariane e iraniane come un prezioso gioiello. I Baluci, d’altra parte, sono conosciuti per essere gran lavoratoi, per la loro fede, ospitalità, onestà e pee lo spirito di cooperazione; un popolo abituato al difficile clima di monti e deserti, che dà valore al guadagno lecito e che, nella fedeltà alla parola data, è esemplare.

La lingua è colonna dell’identità. In Sistan scorre il persiano dari con il dolce accento “zaboli” o “zavuli”; un dialetto antico, ritenuto erede dell’età di Avesta e achemenide. Nel terzo secolo dell’egira, con l’ascesa di Yaqub ibn Leyth Saffari e la formazione del primo stato iraniano indipendente dopo l’Islam, il persiano venne udito ufficialmente su vasta scala, e da allora fino a oggi è rimasto la lingua nazionale dell’Iran, portatrice della nostra memoria condivisa. Questo dialetto sistani non è limitato al Sistan: risuona anche in Nimruz e Farah in Afghanistan, in Turkmenistan, nella pianura di Gorgan e perfino a Sarakhs, costituendo un ponte tra il persiano moderno, quello antico e i dialetti storici di Transoxiana e del Tagikistan. Questo ponte, inoltre, mostra legami pronuciali e grammaticali con la lingua baluci: un chiaro segno della convivenza secolare.

La lingua baluci è essa stessa uno dei più antichi rami dell’iranico; una lingua che, grazie alla distanza geografica e ai contatti limitati con altri dialetti, è stata preservata da molte manomessioni. In generale, il baluci è noto in due varianti: sarhadi e makrani, e la sua struttura attuale è un intreccio di persiano antico e persiano nuovo. Nell’area di confine si notano tracce di parole hindi, urdu e pashtu; e per la storia della presenza britannica in Baluchestan, vi si sono infiltrati anche alcuni vocaboli inglesi. Questa stabilità, insieme a una certa fluidità, rende il baluci una testimonianza viva della storia linguistica della regione.

I Sistani e i Baluci sono i due pilastri dell’identità culturale e storica di questa terra; ma un edificio non può reggersi solo su due colonne. Ciò che lo rende saldo è lo spirito comune dell’Iran che respira nelle lingue, nei dialetti e nei valori. Dal bazar e dalla moschea alla scuola e alla casa, dalle feste nazionali ai riti religiosi, la gente sta fianco a fianco, e da questa vicinanza nasce la cultura.

La ricchezza culturale della provincia è impressionante; Sistan e Baluchestan non è noto soltanto per la natura e la storia antica, ma anche per una cultura viva che scorre in ogni vicolo e villaggio. Prima dell’Islam, molti abitanti erano seguaci dello zoroastrismo; con l’arrivo dell’Islam, la maggioranza vi aderì, e oggi sciiti duodecimani e sunniti hanafiti vivono insieme. Le feste e i lutti religiosi mostrano entrambe le facce di questa convivenza: Eid al Fitr (la festa che segna la fine del mese sacro di Ramadan) e Eid alAzua (la festa di sacrificio), l'inizii della Missione e le nascite del Profeta e dell’Imam Ali, i canti notturni del Ramadan e i riti di Muharram con rappresentazioni e lutti tradizionali. Tutto ciò dona alla vita un colore di spiritualità e rafforza una rete di legami.

Accanto ai riti religiosi, anche le feste nazionali hanno grande importanza. Nowruz, e in particolare Sizdah Bedar, è un’occasione per andare nella natura, incontrare gli anziani, riconciliarsi con la terra e contemplare il patrimonio storico. Anche i riti di nascita e matrimonio, nelle città e nei villaggi, si svolgono con autenticità, ciascuno con i propri canti, costumi e tradizioni tramandati di generazione in generazione.

I giochi e gli sport tradizionali sono specchio del mondo vitale della gente; sono al tempo stesso passatempo, esercizio fisico e occasione per avvicinare i cuori. Nell’era della tecnologia e dei divertimenti digitali, ancora nei raduni familiari i giochi antichi rivivono e riempiono case e piazze di gioia collettiva. Giochi come “Khoso”, “Kabaddi”, “Sheytunak” e “Choob bazi” in Sistan, o “Legosh” in Baluchestan, ciascuno racconta uno stile di vita. “Legosh” è tra i più popolari: un gioco di gruppo da cinque a dieci persone che procede per conteggi ed eliminazioni fino a scegliere un “lupo”, il quale, con un pezzo di stoffa arrotolato, insegue gli altri. Risate, emozione e amicizia sono gli ingranaggi che tengono viva l’allegria fino alla fine.

L’estensione del popolo baluci supera i confini odierni dell’Iran; se ne trovano tracce in Pakistan e in alcune parti dell’Afghanistan. Migrazioni storiche stabilirono gruppi di Baluci nell’est dell’Iran, presso il confine pakistano, e ancora oggi quei legami restano vivi. Nelle fonti antiche si trovano indizi di questa presenza: nelle iscrizioni achemenidi si ricorda la “Gedrosia”, che molti collegano al “Makran”; Erodoto menziona i “Muki” o “Maka” nelle zone di Makran e lungo le coste del Golfo Persico. In epoca Qajaride, la terra dei Baluci fu di fatto divisa in due: la parte orientale nel territorio dell’odierno Pakistan e quella occidentale nell’attuale Iran, specialmente nelle zone di Sarhad e Makran. Nonostante alti e bassi, le caratteristiche comuni sono rimaste: ospitalità, affetto, onore e sostegno ai bisognosi.

L’abbigliamento in questa regione non è solo abito; è documento di identità. L’abbigliamento dei Baluci distingue donne e uomini dagli altri popoli e affonda le radici nei costumi antich, dei Parti e degli Arsacidi. Il ricamo baluci, che adorna le gonne, i colli e i petti degli abiti femminili, secondo alcune fonti risale a prima dell’Islam; un’arte la cui raffinatezza ha varcato le soglie delle case fino a giungere nei musei e nelle esposizioni. “Khame duzi” e “Siah duzi", ciò che conosciamo come “Baluch duzi”, non sono solo motivi e fili, ma un linguaggio narrativo: linguaggio della natura circostante, dei riti, dei desideri e dei miti. I motivi sono per lo più geometrici; dalla combinazione di linee e superfici nascono mondi cosmici, animali e vegetali, ciascuno con un significato.

L’abbigliamento femminile baluci, con i suoi colori vivi e variati, i pantaloni ampi e arricciati, le lunghe camicie e i copricapi come “Baluchitku” e “Serig”, ha un aspetto sorprendente; i gioielli completano il quadro. Persino un dettaglio come la “tasca grande” nella cultura baluci è simbolo di coraggio e valore; un segno con una storia sociale che allude al potere della donna nella famiglia e nella società. Dall’altra parte, l’abbigliamento maschile sistani mostra il legame antico dell’uomo con la natura: il “lungote”, turbante bianco, simbolo di dignità e purezza, le camicie lunghe fino al ginocchio in varianti arricciate, “sareh” e con spacchi, i pantaloni coordinati e il gilet che nelle feste aggiunge solennità. Cappelli di lana, pelle o feltro, insieme ai berretti di cotone con bordi di seta, si indossano fin dall’infanzia e hanno la loro funzione sia d’estate sia d’inverno.

Il vestiario femminile sistani è più semplice ma profondamente radicato: camicia e pantaloni larghi, con ricami delicati sul collo e sui polsini chiamati localmente “siah duzi”. Un velo rettangolare si avvolge sulla testa e sopra si posa il “charqad”, un fazzoletto quadrato dai colori vari o bianco. In alcune famiglie si trova anche il “ruband”: un velo di cotone bianco con ricamo a rete sugli occhi, legato dietro la testa. Ognuno di questi elementi non riflette solo estetica ma anche visione del mondo e valori: pudore, dignità, ordine e legame con la tradizione.

Se lasciamo il linguaggio dei motivi e torniamo alla vita quotidiana, scopriamo che tutta questa varietà non è semplicemente affiancata, ma intrecciata. Il bazar è il luogo dove Sistani, Baluci e altri gruppi dispongono fianco a fianco i loro prodotti: tessuti ricamati, oggetti in cuoio, gioielli locali, spezie, datteri e pesce delle oltre coste. Scuola, moschea, hosseiniyeh e maktab sono punti di contatto; bambini che nelle aule imparano insieme il persiano e a casa parlano baluci e sistani, giovani che nelle feste nazionali si stringono spalla a spalla e nei riti religiosi condividono pane e datteri.

Questa convivenza di culture non è casuale né temporanea; è frutto di secoli di esperienza di vita ai margini dei confini e lungo le vie commerciali. In una simile geografia, lo sguardo resta aperto all’orizzonte e le mani si stringono. Ecco perché Sistan e Baluchestan si può considerare un laboratorio riuscito di convivenza: un luogo dove le differenze non hanno portato a tensioni, ma hanno contribuito a completarsi a vicenda. Lingue e costumi, riti e giochi, ciascuno ha una parte nella costruzione di questa immagine.

In conclusione, bisogna dire che Sistan e Baluchestan non è solo una geografia; è un insieme di radici e narrazioni. Dai mitici Pishdadi agli storici Saffaridi, dalle antiche carovane agli scambi di oggi, questa terra ci ha insegnato che l’identità è il risultato della somma delle differenze. Sistani e Baluci, con lingue e dialetti, con costumi e riti, con virtù e valori, hanno mantenuto vivo lo spirito comune dell’Iran nel sud-est del paese; uno spirito che cresce nelle difficoltà, trova significato nella solidarietà e resta immortale nell’autenticità della cultura.