L'obiettivo principale dell’impero occidentale nella crisi ucraina
(last modified Wed, 24 Aug 2022 04:06:29 GMT )
Ago 24, 2022 06:06 Europe/Rome
  • L'obiettivo principale dell’impero occidentale nella crisi ucraina

WASHINGTON - Non sono pochi coloro che nel commentare le vere ragioni del conflitto in Ucraina, putano il dito contro gli Stati Uniti.

L'America, il regime imperialista, che si trova in grande difficoltà per via delle sue reiterate politiche fallimentari ha provocato la guerra in Ucraina utilizzando il regime corrotto di Zelensky, nell’intento di fermare lo sviluppo e la crescita di altri attori - in primis la Russia e la Cina -, sulla scena mondiale. Per garantirsi il prevalere globale, gli USA hanno concentrato ogni risorsa ed ogni politica sulla limitazione degli avversari e non sulla propria crescita, finendo così per rimanere intrappolati nelle proprie stesse trame.

La guerra ha portato alla luce l’obiettivo principale dell’impero occidentale: bloccare Russia e Cina attraverso le sanzioni, metterne in crisi l’alleanza militare strategica, fermarne la crescita economica e il livello di influenza politica. Strategie adottate, in misure variabili, con tutti quei paesi che competono sulla scena mondiale presentando un modello di sviluppo economico e sociale, così come di relazioni internazionali, alternativo a quello di USA e UE.

Convinto di limitare il peso dei BRICS sull’economia mondiale (già oltre il 42% del PIL) l’Occidente ha assistito impotente alla nascita di numerosi organismi internazionali in 4 continenti e quasi tutti indifferenti alla volontà statunitense ed europea. Si deve considerare che l’epicentro decisionale sul commercio mondiale, un tempo rappresentato dalla OMC, è oggi molto più articolato su scala regionale.

Emergono nuovi aggregati che utilizzano accordi di libero scambio e di cooperazione economica tra i paesi che ne sono protagonisti e che dispongono oggi del know-how necessario all’elaborazione di qualsivoglia prodotto finito e dell’intera filiera del ciclo estrattivo.

Il che, oltre a ridurre sensibilmente il volume degli scambi con l’Occidente e, dunque, il livello di pressione che lo stesso può esercitare, porta ad un conseguente incremento dell’influenza politica degli stessi sulla scacchiera mondiale mentre certifica una riduzione dell’incidenza degli Stati Uniti e della UE.

Cambia il ruolo del Dollaro negli scambi commerciali, un tempo assoluto ed ora in progressiva riduzione soprattutto nel mercato dell’energia e degli alimenti, con ciò che questo comporta nella capacità di determinare gli indirizzi commerciali e nella costruzione di valore delle altre monete alternative.

Il riempire i paesi non allineati con Washington di sanzioni è ormai pratica corrente quanto inutile. Si affidano alle sanzioni i regime-change, ma si deve ricordare che non hanno mai ottenuto questo scopo. Anzi, i paesi sanzionati hanno visto crescere la loro economia e i governi sanzionati hanno dimostrato una longevità molto superiore a quella dei paesi sanzionatori.

Nel 2020, in un articolo il Financial Times sosteneva che le sanzioni verso Mosca hanno rafforzato Putin e l’economia. Ma per gli USA sono ormai un riflesso pavloviano, un tic nervoso che scatta in automatico verso chiunque e per qualunque opinione divergente con Washington: 9.421 sanzioni in un anno significano circa 26 sanzioni per ogni giorno che dio comanda, più di una sanzione l’ora. Ma sono illegittime, illegali e pure inefficaci. E per i paesi UE se la riduzione dell’import/export alimentare era già un danno importante, le sanzioni sul terreno energetico con Mosca hanno come effetto la recessione della zona euro.

 

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