Ott 18, 2017 09:18 CET
  • Fanatismo: falso volto dell’Islam (43)

Amici vi abbiamo già spiegato che in seno alla dottrina estremista del salafismo sono nate diverse correnti tra cui salafismo-takfirita, salafismo-jihadista, e salafismo propagandistico o missionario.

Secondo il salafismo-takfirita i musulmani o seguaci di altre religioni che non condividono le loro idee estremisti vengono dichiarati Kafir(rinnegatori) e l’assassinio di loro quindi viene considerato lecito.  Il salafismo-jihadista infatti risiede nei pensieri e nelle ideologie dei pensatori egiziani tra cui Seyyed Qutb e Muḥammad Abd al-Salam Faraj che infatti giustificarono la rivolta armata contro i cosiddetti “finti musulmani” . Il terzo tipo di salafismo, chiamato “propagandistico”, ha come obbiettivo la diffusione  della visione e dei principi sviati del salafismo con i mezzi propagandistici nel mondo.

Il Salafismo delle ‘origini’ era una corrente profondamente  religiosa e culturale però oggi ha assunto maggiormente un aspetto politico e viene definito come “salafismo politico”. Pregiudizio comune in Occidente è ritenere che ogni movimento islamico che crede nel rapporto tra la religione e la politica sia un movimento salafita e fondamentalista. Il partito politico chiamato “Jamaat-e-Islami Maududi” in Pakistan, in Occidente, viene conosciuto come un partito salafita politico mentre il partito è stato fondato su una ideologia diversa da quella salafita. Loro a volte attribuiscono il termine fondamentalista e salafita  alla rivoluzione islamica iraniana, che è ben lontana dai pensieri sviati dei salafiti. Nel salafismo politico gli aspetti religiosi vengono asserviti ad interessi politici e per ottenere il potere politico.

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Alcuni gruppi salafiti cercano di raggiungere i loro obiettivi politici seguendo le vie democratiche. “Jamiat Ulema-e-Islam” in Pakistan fa parte di questo gruppo. Loro presentandosi come candidati al parlamento cercano di ottenere più seggi all’assemblea di questo paese e di aumentare la loro influenza e potere  nel sistema politico del Pakistan. Altre sette salafite, come quella neo-wahabita, pur essendo salafita, si impegnano maggiormente a ottenere il potere e non danno molto peso alle questioni religiose. Il “salafismo riformista” è il quinto ramo germogliato nel seno del salafismo ed è stato formato per riformare la drammatica situazione dei musulmani nel mondo islamico. Loro si ponevano la domanda sul come mai i paesi islamici che avevano alle spalle un passato molto brillante e glorioso, fossero oggi cosi retrogradi e deboli.  Per loro i musulmani hanno dimenticato il loro patrimonio islamico e abbandonato gli insegnamenti del vero Islam. I salafiti riformisti, al contrario di altri seguaci estremisti del salafismo, non vogliono fomentare l’odio tra le correnti islamiche e si impegnano di più ad avvicinare i musulmani. Loro vengono chiamati anche “Muslihin”(riformisti). I Muslihin non vogliono ricreare le condizioni in cui visse e agì il profeta Maometto (as) con i suoi fedeli Compagni. I salafiti riformisti ricercano l’Islam puro attraverso i testi islamici e la sunnah, loro non chiamano infatti a seguire in modo cieco i «Salaf al-ṣaliḥīn»( «Pii antenati», «Predecessori»). Uno di questi grandi pensatori e studiosi fu Allamah Muhammad Iqbal.


 

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Allamah Muhammad Iqbal è stato un accademico, poeta, filosofo, politico pakistano. Lui fu nato a Sialkot nel Panjab nel 1877. Consapevole che la cultura islamica era in declino, sviluppò il desiderio di riportare la cultura musulmana alle antiche glorie spirituali. Per ottenere ciò predicò la solidarietà islamica e promosse la “filosofia Khudi”(la filosofia di io) in cui consigliava ai musulmani di ritornare al vero islam e di reagire al colonialismo occidentale.

Anche Seyyed Jamal ad-Din As Asadabadi (1838-1897), teologo iraniano, fu uno dei massimi riformatori che il mondo islamico abbia avuto nel XIX secolo, lui come Iqbal intendeva far rinascere il puro Islam.

Seyyed Jamal esortava il mondo islamico a risvegliarsi dal suo torpore culturale ed a porsi mano senza indugio alle necessarie profonde riforme che i tempi esigevano. Lui viaggiò in diversi paesi islamici e li invitò a dimenticare le divergenze ed a unirsi insieme contro  il colonialismo. Dopo di lui, il suo discepolo Muhammad Abduh, giurista, filosofo, teologo egiziano, come il suo maestro difendeva la rinascita della cultura islamica, l’unità tra i musulmani e la lotta contro la dominazione straniera, mentre attaccava la corruzione e la divisione in seno alla comunità islamica. Lui credeva che non si potesse accusare così facilmente un musulmano d’apostasia e punirlo.