May 02, 2020 10:52 CET
  • Cosa produce l’Iran? (25) ] L'Iran nel settore automobilistico

Nel nome di Dio. Cari amici, salve a voi; l’Iran e’ la 18esima economia mondiale e dipende solo per il 25% dall’esportazione di petrolio. E quindi e’ lecito domandarsi “Cosa produce l’Iran”? Seguiteci e lo saprete...

Affari con l'Iran per miliardi di dollari. Nell'ultimo mese la Francia ha firmato con Teheran sostanziosi contratti per l'energia e nel settore automobilistico. Si tratta delle intese economiche più importanti siglate dalla Repubblica Islamica dopo l’accordo sul nucleare del 2015. Dei proficui contratti tra Parigi e Teheran hanno parlato tutti.

Ma solo un'agenzia iraniana ci ha raccontato di un'altra importante intesa, i cui contorni non sono ancora noti: un accordo raggiunto da Teheran con Eurodif, consorzio europeo sussidiario di Areva, multinazionale francese dell'energia nucleare.

 

È il 3 luglio 2017. La società francese Total annuncia di aver firmato un accordo ventennale con il governo di Teheran per lo sviluppo del bacino di gas naturale South Pars, nel Golfo Persico. Valore: quasi cinque miliardi di dollari.

Poco più di un mese dopo, il 7 agosto, è la volta della società automobilistica francese Renault. Un contratto di 750 milioni di dollari per la fornitura all'Iran di 150.000 auto all'anno. Il più grande accordo automobilistico siglato dal governo iraniano.

Alla fine del 2016 la Repubblica Islamica aveva ufficializzato un ordine con la società europea Airbus, con sede a Tolosa, in Francia. Dieci miliardi di dollari. Il primo Airbus A321 è stato consegnato a gennaio 2017.

 

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Cosa ha reso Parigi un partner commerciale di primo livello per Teheran?

 

La scelta dell'Iran è tutt'altro che scontata. La Francia è stata il peggiore nemico della Repubblica Islamcia nella guerra civile siriana. Parigi e Teheran si sono trovate sui due fronti opposti della carneficina: la Francia con i ribelli sunniti, l'Iran al fianco di Assad. Quando nel novembre 2013 Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Cina, Francia e Germania furono a un passo dal siglare l'accordo sul nucleare iraniano, fu proprio la Francia a opporsi all'ultimo istante facendo fallire l'intesa che avrebbe portato alla fine delle sanzioni all'Iran con due anni di anticipo.

Da allora qualcosa deve essere cambiato. Qualcosa di determinante. Anche perché nel gennaio del 2017, quando il presidente americano Donald Trump minacciava di cancellare gli accordi per il nucleare con l'Iran, il primo a volare a Teheran per rassicurare la Repubblica Islamica sulla tenuta dell'intesa è stato il ministro francese Jean-Marc Ayrault.

Cinque giorni prima del viaggio del ministro francese a Teheran, l'agenzia di stampa iraniana 'Isna' dava un annuncio importantissimo. Passato sotto silenzio dalla stampa occidentale. L'Iran avrebbe finalmente trovato un accordo per ricevere i dividendi che gli spettano dal consorzio europeo Eurodif. Dividendi che ammonterebbero a 54 milioni di euro e che non sarebbero stati pagati a partire dal 2006.

La vicenda Eurodif è centrale in tutta la storia delle relazioni tra Europa, Francia e Iran. Il consorzio europeo, controllato da Parigi, opera l'impianto nucleare di arricchimento dell'uranio di Tricastin, nel sud della Francia. Si tratta di una joint venture di diversi paesi: Belgio, Francia, Italia e Spagna. Dentro ci sono anche le italiane Enea e Agip Nucleare. E la Repubblica Islamica dell'Iran. L'impianto di Tricastin produce un quarto dell'uranio arricchito nel mondo. I reattori nucleari di diversi paesi dipendono da Eurodif.

Nel 1974 lo shah di Persia Mohammad Reza Pahlavi aveva imprestato un miliardo di dollari per la costruzione dell'impianto di Eurodif. Nel 1977 aveva versato altri 180 milioni di dollari. Lo shah si voleva assicurare il diritto a comprare il 10% della produzione. Ancora oggi la Repubblica Islamica è uno degli azionari di Eurodif: tramite il consorzio franco-iraniano Sofidif, di cui l'Iran detiene il 40% delle quote.

 

Eurodif iniziò le proprie attività nel 1979, un anno dopo la rivoluzione islamica in Iran. L'ayatollah Ruhollah Khomeini, inizialmente non interessato al nucleare, cancellò gli accordi con Eurodif e smise di pagare le quote. Ma negli anni seguenti cambiò idea. La Francia rifiutò di tornare sui suoi passi.

Il 29 dicembre 1991 il presidente François Mitterand ristabilisce definitivamente i diritti azionari dell'Iran in Eurodif, accordando alla Repubblica Islamica il diritto a ricevere il 10% dell'uranio arricchito prodotto nella centrale di Tricastin.

 

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Nel 2007, quando il nucleare iraniano comincia a diventare un argomento scottante al tavolo delle diplomazie occidentali, il ministero degli Esteri francese avverte la necessità di comunicare in un testo ufficiale la posizione del governo di Parigi su Eurodif. L'Iran, dichiara, non ha alcun accesso alle tecnologie del consorzio né il diritto di acquisire l'uranio arricchito prodotto nell'impianto. Il ministro degli Esteri francese in quell'occasione invita tutti alla lettura del rapporto annuale della società nucleare di stato Areva.

Nel 2010 il consiglio di Sicurezza dell'Onu con la risoluzione 1929 proibisce a Eurodif di vendere uranio arricchito all'Iran.

Nell'ottobre del 2006 Mohammad Saeedi, vice direttore dell'Organizzazione per l'Energia nucleare iraniana, nel corso di un suo intervento radiofonico all'emittente francese 'France Info' aveva proposto un accordo. Parigi avrebbe dovuto creare un consorzio per la produzione di uranio arricchito in Iran. In questo modo, aveva aggiunto, le società Eurodif e Areva avrebbero potuto controllare lo sviluppo del nucleare iraniano. La proposta pare che non abbia avuto esito.

L'agenzia di stampa 'Isna', agli inizi del 2017 ha parlato di un accordo su Eurodif.  

Inoltre, l'agenzia iraniana ha annunciato che un accordo è stato raggiunto anche con la società Rössing Uranium Ltd, con sede in Namibia. La multinazionale, che controlla il quinto bacino di uranio più grande al mondo, opera con gli impianti nucleari del Nord America, dell'Europa Centrale, della Cina e dei paesi del sud est asiatico. Il gruppo anglo-australiano Rio Tinto controlla oltre il 68% delle quote societarie di Rössing Uranium. L'Iran ne possiede il 15%.

 

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