May 04, 2020 08:50 CET
  • Cosa produce l’Iran? (28) I prodotti agricoli in Iran

Nel nome di Dio. Cari amici, salve a voi; l’Iran e’ la 18esima economia mondiale e dipende solo per il 25% dall’esportazione di petrolio. E quindi e’ lecito domandarsi “Cosa produce l’Iran”? Seguiteci e lo saprete...

Nella nazione mediorientale dove aumenta in continuazione la popolazione cittadina, e dove l’acqua ed il terreno fertile vengono sempre piu’ a mancare, il governo ha annunciato investimenti nell’agricoltura oltrefrontiera, ovvero nella coltivazione di terreni, acquistati o affittati all’estero, per garantire sicurezza alimentare ai propri cittadini.

Sin dai tempi antichi la Persia era stata afflitta dalla mancanza di acqua; Dario fece scrivere sul suo palazzo, l’Apadana, a Susa, “Dio proteggi la nostra nazione dal nemico, dalla menzogna e dalla siccità”, e oggi, il governo del presidente Rohani, ha gia’ autorizzato a firmare contratti per la coltivazione di qualcosa tra gli 800 mila e il milione di ettari di terreni, fuori dal territorio iraniano; contratti in parte gia’ funzionanti ed in parte destinati a essere stipulati.

“Per via della mancanza delle risorse idriche, il governo e’ seriamente interessato a sviluppare l’agricoltura oltrefrontiera per alcuni prodotti come il granoturco e i semi oliosi”, ha spiegato il ministro dell’agricoltura Mahmoud Hojjati.

I media iraniani spiegano che Kazakistan, Ucraina, Brasile e Ghana sono le nazioni con alto potenziale agricolo dove l’Iran spinge per poter finalizzare gli accordi a lungo termine per avere i terreni da coltivare.

Sabato scorso, il vice-ministro dell’agricoltura brasiliano, Aomar Roberto Novak, ha spiegato all’agenzia ufficiale iraniana IRNA, che il suo paese e’ disposto a concedere all’Iran i terreni agricoli e che ora tutto dipende dall’intesa tra le societa’ dei due paesi. Ai propri confini, invece, e’ l’Azerbaijan la nazione dove l’Iran ha concluso l’ultimo accordo in questo senso; secondo Rahim Motaharnejad, del gruppo alimentare Hami, l’Iran ha avviato la coltivazione di 250 ettari di terreno nella ex repubblica sovietica con successo; in queste piantagioni, che sono di granoturco, l’Azerbaijan ha fornito acqua e terreno mentre gli iraniani si sono occupati della parte tecnico-scientifica e del management. “Seguiamo due obbiettivi: ottenere valuta straniera per il nostro paese vendendo alcuni prodotti sul mercato interno dell’Azerbaijan e contemporaneamente, procurare alcuni prodotti per il nostro territorio come il mais e l’alfa alfa”, ha spiegato all’IRNA, Motaharnejad. La sua compagnìa, porta avanti anche coltivazioni di terreni in Ucraina, dove il terreno viene definito “molto fertile e ottimamente irrigato”.

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L’Iran importa per il 90% prodotti come i semi oliosi ma continua a produrre in abbondanza meloni e cocomeri che consumano tantissima acqua e per tale ragione tale politica sta suscitando forti critiche nella nazione, dove il livello delle falde acquifere si e’ abbassato a livelli allarmanti.

Secondo l’agenzia Tasnim, l’Iran ha esportato addirittura 500 mila tonnellate di cocomeri, per un valore di soli 100 milioni di dollari, nei primi 5 mesi successivi a marzo 2017. Iraq, Emirati, Turchia, Kuwait, Afghanistan, Qatar e Oman, sono stati i principali acquirenti. Gli altri clienti di questo prodotto particolarmente ricercato dell’Iran sono Svezia, Polonia, Ungheria, Bielorussia, Germania, Albania, Georgia, Azerbaijan, Uzbekistan e Pakistan, nazioni dove paradossalmente, l’acqua si trova in abbondanza. Con una popolazione di 80 milioni di abitanti, l’Iran (che nel 1979 ne aveva solo 35 milioni), non può piu’ permettersi di coltivare a caso e il governo sta esortando gli agricoltori ad una coltivazione “smart”: ovvero optare per prodotti che richiedono meno acqua (come il pistacchio e lo zafferano), che di solito portano anche maggiore valore aggiunto nel commercio.

La sicurezza alimentare oggi e’ un fattore strategico per la stabilita’ delle nazioni ed una sorta di difesa, paragonabile persino a quella militare. L’amministrazione Rohani, e’ riuscita nel controllo dell’inflazione galoppante ereditata dal periodo Ahmadinejad, che ruotava intorno al 40%, proprio grazie al controllo dei prezzi dei prodotti alimentari.

 

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