Ago 03, 2022 11:44 CET

Cari amici, vi presento un altro appuntamento con l'arte iraniana, dai tempi della grande Persia fino ad oggi. In ogni puntata cercheremo di raccontare ed approfondire la storia dell'arte iranica.

In questo programma parleremo dell'arte dei seleucidi e parti: 

È necessario anche parlare della pittura, della scultura, della miniatura e delle arti minori arsacidi. Sembra che una delle arti importanti dell’epoca arsacide fosse la pittura; tuttavia, a causa del passare delle tempo e forse anche del disinteresse mostrato dai Sasanidi nei confronti della conservazione dei resti partici, poco è rimasto della pittura murale di quel periodo. Se si acconsente a riconoscere le pitture di Kuh-e Khajeh, nel Sistan, come arsacidi, e se si prende in considerazione lo studio di quelle pitture effettuato da Herzfeld, si vede chiaramente che in esse emerge uno stile greco romano privo di sostanza e vigore, inconsistente. La disposizione compositiva, lo stile nella rappresentazione degli occhi, visti frontalmente, e i colori relativamente accesi rappresentano sia un’eredità orientale, sia una specificità arsacide. Tali tratti sono condivisi anche dalle pitture murali di Doura Europos, nella regione dell’Alto Eufrate. In particolare, due dipinti che ritraggono un cacciatore e un uomo a cavallo mentre caccia con l’arco animali come leoni, cervi, gazzelle. Il volto e il torso del cavaliere sono raffigurati frontalmente. Si tratta di un ritorno a una tradizione formale vicino orientale, in particolare mesopotamica, che tende a restituire la profondità del disegno. In questa pittura, la profondità è resa dal movimento degli animali su linee oblique. Questo, con tutta probabilità, fu il modello delle pitture venatorie sasanidi. Un tradizione che con l’eliminazione del realismo attraversa i pesanti strati del tempo e giunge nella forma della ritrattistica al periodo islamico. Si dice che in questo periodo sia stato prodotto un libro illustrato di poesie sillabiche per bambini (probabilmente i bambini della corte) intitolato L’albero di Asurik, di cui tuttavia non è rimasto alcunché.

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Le pitture di Kuh-e Khajeh, dal punto di vista del colore e della composizione degli spazi positivi e negativi sono estremamente interessanti. In esse si notano dei sostanziali cambiamenti nell’arte greco-romana e un positivo movimento verso l’iranicità. La pittura nota come “dei tre dèi” rappresenta, dal punto di vista dei contenuti religiosi e artistici, una nuova esperienza nell’arte arsacide, in quanto per la prima volta si vedono diversi soggetti raggruppati in un’opera, e si è tentato di dare profondità allo spazio disponendo le figure una dietro l’altra, senza una reale conoscenza della prospettiva. In un’altra pittura, che raffigura il re e la regina, si è cercato di dare al corpo della regina un movimento particolare, manifestando la grazia femminile in modo completo. Nell’immagine il viso del re è ritratto di profilo, il corpo frontalmente, il che rappresenta un ritorno alla tradizione orientale e iranica. Un’altra particolarità della pittura, allo stesso tempo iranica e con influenze greco-romane, è la rappresentazione della “donna”. In epoca achemenide, la donna non compariva mai, mentre si poteva trovare nelle monete ellenistiche seleucidi. La comparsa della donna in epoca arsacide e poi sasanide è il risultato di influenze artistiche occidentali. I colori utilizzati sono rosso, blu, bianco, viola e una sorta di contorno nero intorno ad alcuni elementi della composizione, che è assai evidente nel disegno della testa di un individuo partico. Gli esperti occidentali, abituati al realismo greco-romano e poi a quello gotico e rinascimentale, su fino al IX secolo, hanno interpretato l’evoluzione dell’arte iranica dal realismo a un’arte piana e sovra-realistica come incapacità degli artisti arsacidi e sasanidi a rappresentare la realtà, laddove invece questa evoluzione va in direzioni molto più complicate e difficili rispetto al realismo: dare profondità per mezzo di contorni e colori pieni è molto più difficile che farlo aggiungendo ombra e volume. Gli orientalisti hanno sottolineato l’incapacità degli artisti iraniani a creare movimento usando volumi e profondità nella pittura e anche nel bassorilievo, stabilendo che essi sono arrivati in ritardo, solo nel XX secolo, a padroneggiare questa capacità, quando invece questo cambiamento era avvennuto circa 2000 anni prima.

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