L’Islam come dottrina e prassi di liberazione dei popoli 1a P.
(last modified Sun, 16 May 2021 09:58:01 GMT )
May 16, 2021 11:58 Europe/Rome
  • L’Islam come dottrina e prassi di liberazione dei popoli 1a P.

Le lotte di liberazione dei popoli oppressi, delle quali si fa oggigiorno tanto grande parlare, non sono certo una novità nel corso delle vicende umane.

Certo, oggigiorno più che mai l’esigenza se ne è fatta più palese e più urgente, al cospetto del tentativo, condotto su scala planetaria, d’assumere il controllo non solo dei corpi, e della compagine psicofisica, ma anche delle intelligenze, delle coscienze, e delle volontà degli uomini, e d’impedirne con mezzi svariati, dalla pura e semplice violenza corporea, alla corruttela morale, facente leva sui fondi dell’anima concupiscibile e passionale, l’impulso innato alla perfezione, sulla via del ricongiungimento con il suo Creatore.

Dicevamo che il fatto non è certo nuovo. Ma bisogna bene intendersi su quel che si vuole significare con un’espressione siffatta. Quello che vogliamo rilevare, è che, più che non ad una sequenza di vicende quali ci vengono presentate in ragione del mero accertamento d’ordine effettuale ed immediato dei fatti, delle vicende, della realtà dell’uomo e del mondo, quale purtroppo trionfa nell’atteggiamento preteso “positivo” proprio all’età contemporanea, quella a cui intendiamo rifarci è una prospettiva che, illuminandole invece nel loro significato ultimo, dà modo d’aprire gli occhi su squarci ampli e profondi delle medesime vicende sensibili, su altri aspetti, fondamentali, che andrebbero altrimenti completamente perduti ed ignorati.

La nostra prospettiva è quella illustrata dal Sacro Corano, che avendo a suo centro Iddio Altissimo, sia magnificato ed esaltato, e la sua Rivelazione, che non è peraltro se non il contenuto innato dell’intelligenza umana, nel suo stato normale, vale a dire nel suo stato di completezza originale, spiega in tali termini le vicende dell’uomo e dell’universo. Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato, ha creato ab origine l’uomo, e lo ha creato libero e perfetto, nella sua più eccelsa stazione (Sacro Corano, XCV, 4). Da allora, libertà e perfezione sono e restano la sua meta, il suo destino, la sua natura ultima.

Abbiamo detto libertà e perfezione. Sono questi due elementi inscindibili, se non a prezzo dell’annichilazione dell’una, e dello sviamento dell’altra. La libertà, in senso proprio, non potrà essere che la condizione dell’uomo nel suo stato perfetto, nelle stato di pienezza esistenziale proprio alla prossimità divina, prossimità che, da impropria e metaforica nei suoi gradi inferiori, assurge invece, nel suo grado d’intimità proprio ai Profeti ed a tutti i Purissimi, la pace su di loro, ad una sorta di contatto al limitare della stessa Sostanza infinitamente trascendente d’Iddio Altissimo, sia magnificato e glorificato.

Ed è proprio questo il culmine della libertà. L’Uomo Perfetto, estinto in Iddio, per ciò stesso da lui promana immediatamente, senza alcuna soluzione di continuità, senza stati intermedi reali o possibili. Questo è il culmine, questa è la meta. Ed è appunto a questa pietra di confronto che va riferito il contenuto della nozione di libertà. L’uomo estinto in Iddio, e che in lui sussiste, e che da lui persiste, è libero per ciò stesso da tutte le condizioni vincolanti, a prescindere da questa sua prima qualificazione. In tal senso egli è libero, e non certo da un punto di vista meramente negativo, ma nel senso che di tutti questi vincoli egli è, per Decreto Divino, padrone ed arbitro, sia pure nel suo stato d’assoluta indigenza che tutto deve, e sa di dovere, all’Essenza Trascendente ed Infinita, e d’assoluta sottomissione alla Sua Volontà.

Quel che vorremmo rilevare a questo proposito, per poter procedere oltre nel nostro discorso, è che una libertà così definita, positiva, e non negativa, o meramente formale, non come atto vuoto ed indifferente, comprende in sé, a questa stregua, le due dimensioni, proprie al nostro mondo della limitazione, della realtà individuale singola, e di quella collettiva. La separazione tra l’individuo ed il suo genere, tra singolare e collettivo, è qui superata, risolta ed attuata in una guisa eminente, nel suo contenuto perfettivo ultimo. E dal momento che ogni libertà d’ordine inferiore andrà riferita a questa pietra di confronto, ne conseguirà che in linea di diritto, se non di fatto, questi due aspetti della realtà dell’uomo e del mondo andranno di pari passo: la liberazione dell’uomo singolo dovrà essere liberazione di quello collettivo, e della stessa realtà complessiva del mondo e dell’universo creato.

In ogni altro modo, ogni altra pretesa d’attuare la libertà non avrà altro risultato che il suo scadimento, la sua mutilazione, la sua negazione, la sua inversione. Tutto questo, naturalmente, vale per l’uomo ordinario, perché l’Uomo Perfetto, per parte sua, anche se vive in questo basso mondo, tra le sue limitazioni, nondimeno non gli appartiene, ed è anzi, viceversa, l’intero universo creato ad appartenere alla sua esistenza onniesaustiva. L’Uomo Perfetto, anche se vive nel mondo, non ha certo bisogno di liberarsene, giacché la sua realtà  superiore già lo comprende e lo attua in sé.

Questo legame intimo tra le dimensioni esistenziali dell’uomo e del mondo, ed il loro procedere nel verso della perfezione suprema della stazione profetica ed imamica, che ne definisce anche, in senso proprio ed eminente, la libertà, come affrancamento, superamento, e risoluzione dei vincoli limitativi, va riferito alla Rivelazione Divina, al Messaggio Profetico, vale a dire, alla Missione dei Profeti d’Iddio Altissimo in questo basso mondo. La vicenda della liberazione dell’uomo altro non è, infatti, che la vicenda dei Profeti d’Iddio, e della loro Missione, come ci viene illustrata dal Sacro Corano.

Di là dagli eventi temporali d’ordine economico, politico, e sociale, il centro, la meta, ed il modello della tensione dell’uomo al superamento delle sue miserie e dei suoi limiti, dei suoi difetti e dei suoi condizionamenti, sono gli Inviati, che ne compendiano, in virtù della propria stazione e missione esistenziale, il fine ed il risultato. Sono le loro vicissitudini nel dominio del divenire, per usare, in una guisa forse alquanto inusitata, un’espressione oramai abusata, le vere lotte di liberazione dei singoli popoli, e dell’umanità intera.

E questa vicenda di libertà è assai differente da quella che ci viene di solito rappresentata e propinata. Sono i Profeti ad adoperarsi affinché, grazie alla loro guida d’origine divina, l’essere umano riassurga a quel rango ed a quella dignità alla quale è andato mano a mano rinunziando, riducendosi a poco a poco, dalle altezze sublimi in cui il suo Creatore lo aveva posto ab origine, nelle bassure del tralignamento, del difetto, della corruzione, tanto da finire, come recita il Sacro Corano, nell’infimo dell’abiezione (S.C., XCV, 5)).

E’ da questa caduta progressiva che i Profeti s’adoperano di volta in volta per riinnalzarlo, tra opposizioni e violenze d’ogni sorta. Ed è questa una lotta che, come viene rilevato sovente nel Libro Sacro e nella tradizioni, coinvolgendo il singolo e la comunità, proietta la lotta interna, radicale e fondamentale, dell’uomo contro la sua nafs, l’anima concupiscibile e passionale, nella lotta esterna contro l’oppressione economica, politica, e sociale.

Fonte: https://islamshia.org/lislam-come-dottrina-e-prassi-di-liberazione-dei-popoli-r-arcadi/

 

 

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