Iraq: Barzani costretto a dimettersi (o quasi)
(last modified Tue, 31 Oct 2017 12:17:25 GMT )
Ott 31, 2017 13:17 Europe/Rome
  • Iraq: Barzani costretto a dimettersi (o quasi)

Masud Barzani, il presidente del Kurdistan iracheno, domenica ha annunciato le sue dimissioni dal 1° novembre;

è l’epilogo della crisi provocata dal referendum secessionista del 25 settembre, che ha innescato l’operazione di Esercito iracheno e Hashd al-Shaabi che ha ripreso tutti i territori occupati dai curdi con la scusa della guerra al Daesh.

Barzani è al potere dal 2005, quando fu eletto per la prima volta alla Presidenza; rieletto nel 2009 ha poi rinviato per anni la scadenza del suo mandato. È stato un governo nepotistico e corrotto, che ha trattato il Kurdistan come cosa propria, saccheggiando per gli interessi del proprio clan e del proprio partito, il Kdp, le risorse energetiche del Paese.

A settembre Barzani ha lanciato il referendum per sviare l’attenzione dall’eterna durata del proprio mandato, ma non ha compreso il profondo cambiamento degli equilibri nell’area; il risultato è stato disastroso per il Kurdistan iracheno e per il proprio clan: ripreso il controllo dei territori che i curdi avevano occupato dal 2014, e soprattutto dei campi di petrolio su cui Barzani aveva messo le mani per mantenere le proprie clientele e vagheggiare uno Stato indipendente, il Governo di Baghdad ha preteso il suo allontanamento come condizione per iniziare un dialogo con Erbil.

La posizione politica del Presidente all’interno del Krg (il Governo Regionale del Kurdistan) si è parecchio indebolita: l’azzardo del referendum l’aveva visto isolato sia dal Puk del recentemente scomparso Talabani, che dal Gorran, il maggiore partito d’opposizione, che avevano chiare le motivazioni del referendum. Né è stato capace di mantenere il controllo dei Peshmerga: la componente fedele al Puk si è ritirata immediatamente dinanzi all’avanzata dell’Esercito di Baghdad, come pure buona parte delle altre formazioni, ad eccezione di alcune frange legate (e largamente beneficate) al suo clan.

Per mantenersi in sella a Barzani non è bastato offrire il congelamento degli esiti del referendum; dopo anni di manovre e giravolte, Baghdad adesso ha preteso il suo allontanamento. Un passaggio reso necessario dal fatto che, nelle attuali condizioni, il Krg non ha più le risorse per mantenersi e rischia d’implodere in breve tempo.

 

Il suo clan non ha accettato il passo indietro imposto al proprio leader, e le milizie che controlla hanno compiuto raid armati nel Parlamento curdo e contro le sedi dei partiti avversari, che da anni chiedono l’allontanamento dell’eterno Presidente.

Il fatto è che, con tutta probabilità, i disordini pare siano più che altro scena per coprire l’ennesima giravolta di Barzani per non lasciare il potere: fonti giornalistiche irachene preannunciano la successione del nipote Nechirvan Barzani, attuale Primo Ministro del Krg; e, come se non bastasse, molti analisti scommettono che al figlio Masrur verrà a breve affidata una posizione chiave nel Governo. Un modo come un altro per continuare a “regnare” sul Kurdistan per interposta persona.

Ma piaccia o no ai vari clan che sono ingrassati sulle sventure delle popolazioni, molto è cambiato nel Medio Oriente e molto meno spazio è concesso ai potentati che per troppo tempo hanno spadroneggiato. La lotta per la liberazione dal Daesh ha ormai trasformato l’Iraq, e le elezioni del 2018 lo sanciranno a breve.

di Salvo Ardizzone

Il faro sul Mondo